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Processo Octopus, assolti Fangareggi e Dallari

21 maggio 2021 | 15:30
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Processo Octopus, assolti Fangareggi e Dallari

Il giornalista e l’ex presidente Cna avevano scelto il rito abbreviato: 32 rinvii a giudizio per false fatture

REGGIO EMILIA – Non fecero false fatturazioni il giornalista reggiano Nicola Fangareggi e l’ex presidente della Cna di Reggio Emilia Nunzio Dallari. Da questa accusa, infatti, sono entrambi stati assolti con formula piena “perché il fatto non sussiste” dal giudice per le udienze preliminari Luca Ramponi, che ha emesso lo stesso verdetto anche per Roberto Lodesani. I tre erano gli unici dei 34 indagati nell’ambito dell’inchiesta “Octopus” che hanno optato per il rito abbreviato.

Per Fangareggi e Dallari il Pm Valentina Salvi aveva chiesto nelle scorse settimane pene di, rispettivamente, un anno e mezzo e otto mesi di reclusione. Altri due imputati, invece, hanno patteggiato una pena a 8 mesi di reclusione. Il giudice, infine ha disposto il rinvio a giudizio, con prima udienza il 2 febbraio dell’anno prossimo, per altre 32 persone, anche se non per tutti i capi di imputazione inizialmente loro contestati, che per alcune posizioni risultano prescritti mentre in altri casi interessati da provvedimenti di “non luogo a procedere”.

Tra coloro che dovranno difendersi nel rito ordinario di primo grado ci sono tra gli altri il giornalista Marco Gibertini (già condannato nel processo Aemilia), l’imprenditore ex titolare della Reggiana Gourmet Mirco Salsi – a cui non è piu’ contestata l’aggravante del carattere transnazionale dell’associazione a delinquere – e altri nomi noti emersi nelle recenti inchieste contro la ‘ndrangheta come Omar Costi e Giuliano Debbi. Per il suo avvocato è scagionato da tutte le accuse anche Gianluca Salsi, figlio di Mirco.

Con l’udienza di questa mattina si arriva ad un primo punto fermo nella complessa vicenda giudiziaria scaturita da un’operazione delle forze dell’ordine del 2014 su un presunto giro milionario di false fatturazioni, commesse tra il 2011 e il 2013 a Reggio e all’estero, che avrebbe generato un’evasione fiscale per 33 milioni. Un caso clamoroso che aveva coinvolto alcuni professionisti in vista della città e aveva fatto emergere un tipo di reato, quello delle false fatture, al tempo semisconosciuto all’opinione pubblica. Le successive inchieste contro la ‘ndrangheta in Emilia, hanno confermato che era invece una prassi usuale della consorteria criminale insediata sul territorio.