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Processo “Angeli e demoni”, Foti ha chiesto il giudizio abbreviato

20 maggio 2021 | 17:19
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Processo “Angeli e demoni”, Foti ha chiesto il giudizio abbreviato

Lo psicoterapeuta ha reso dichiarazioni spontanee e ha respinto ogni addebito

REGGIO EMILIA – Claudio Foti, psicoterapeuta a capo della onlus “Hansel e Gretel” e tra i principali indagati del processo “Angeli e Demoni” di Reggio Emilia ha chiesto – in caso di rinvio a giudizio – il rito abbreviato. Lo ha fatto al termine di una lunga sessione di dichiarazioni spontanee in aula, in cui oggi si è difeso dalle accuse che gli vengono mosse nella vicenda dei presunti affidi illeciti di minori in val d’Enza. Il professionista è accusato di abuso d’ufficio, frode processuale e lesioni aggravate su minori.

Lo psicoterapeuta piemontese è indagato insieme alla moglie Nadia Bolognini, con cui dirige l’associazione senza scopo di lucro di Moncalieri “Hansel e Gretel”, che nei locali del centro “La Cura” di Bibbiano svolgevano per conto dell’Ausl delle sedute di psicoterapia per i minori. Un affidamento di cui la Procura di Reggio contesta la procedura di assegnazione (senza gara pubblica), l’utilizzo dei locali (per cui era l’Unione dei Comuni della val d’Enza a pagare l’affitto senza chiedere nulla a chi di fatto li utilizzava) e il costo delle prestazioni, a carico dell’Azienda sanitaria e ritenuto “gonfiato”, che avrebbe arrecato un danno economico alla pubblica amministrazione.

Su questo aspetto particolare, secondo il pubblico ministero, sarebbe stato assegnato un contributo più elevato alle famiglie affidatarie che avrebbero poi così saldato le fatture emesse da “Hansel e Gretel” o dalla Sie, “Società intelligenza emotiva” di cui Foti era amministratore delegato e la moglie presidente del Cda.

In quest’ambito si colloca l’abuso d’ufficio, uno dei tre capi di imputazione di cui Foti (se rinviato a giudizio) dovrà difendersi in aula. Il professionista è accusato anche di frode processuale per aver “realizzato una volontaria alterazione dello stato psicologico di una minore” che ha seguito per tre anni e, così facendo, “traendo in inganno” il giudice per le indagini preliminari che indagava su un presunto delitto di violenza sessuale nei confronti della ragazza avvenuto in famiglia.

All’ipotesi di reato di lesioni aggravate sui minori attiene infine il metodo psicologico della “scuola Foti” che sarebbe stata connotata da “elementi di forte pressione e forzatura nei confronti dei minori nonchè ingerenze nella loro vita privata con gravi violazioni della ‘Carta di Noto'” e dall’utilizzo di strumenti invasivi come quello ad impulsi soprannominato “la macchinetta dei ricordi”.

Per circa un’ora e mezzo, nelle “dichiarazioni spontanee” che ha chiesto di poter rendere, l’indagato ha illustrato il suo curriculum – che vanta diverse pubblicazioni internazionali – e la sua attività. Poi, entrando nel merito dei singoli capi di imputazione ha risposto alle domande dei suoi avvocati e del pubblico ministero. Per quanto attiene all’abuso d’ufficio, ha in sostanza ribadito di essere sempre stato all’oscuro di come i locali della “Cura” fossero gestiti.

Foti è il terzo indagato – su 24 totali – che in questa fase di udienze preliminari ha iniziato a fornire chiarimenti. Prima di lui, nella scorsa udienza, l’assistente sociale Beatrice Benati e la funzionaria dell’Unione dei Comuni Nadia Benati (fonte Dire).