Mafie, Francesco Grande Aracri smentito su rapporti con fratello

3 maggio 2021 | 14:28
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Mafie, Francesco Grande Aracri smentito su rapporti con fratello

L’imputato sostiene che non vedeva Nicolino dalla morte del padre nel 1995, ma, secondo un testimone, si incontrarono nel 2011

REGGIO EMILIA – La condanna per mafia avuta nel 2003 la considerava ingiusta e ha sempre sostenuto di essere “un lavoratore” che con il fratello minore Nicolino, ‘ndranghetista a capo della potente cosca di Cutro, non aveva piu’ rapporti da anni. Invece Francesco Grande Aracri, 68 anni, principale indagato nel processo “Grimilde” di Reggio Emilia non solo non ha mai tagliato i ponti con la sua famiglia ma, da Brescello dove si era stabilito, ne avrebbe curato nel tempo gli affari nel ruolo di “collegamento” tra la casa madre in Calabria e il sodalizio da questa autonomo ma non slegato con base in Emilia.

A sostenerlo e’ Saverio Pescatore, commissario della Polizia di Bologna, nel prosieguo della sua deposizione come testimone della Procura distrettuale antimafia. Stamattina, in particolare, ha raccontato di due viaggi che Francesco Grande Aracri – oggi detenuto a Novara – effettuo’ nel 2011 a Cutro, entrambi ricostruiti attraverso le intercettazioni telefoniche che pure aveva cercato di eludere. Si tratta di trasferte in un certo senso “eccezionali” perche’ il fratello del capo era marcato stretto dalle forze dell’ordine e, sapendolo, aveva per anni tenuto un “basso profilo” cercando di non attirare l’attenzione.

Ma in quel caso le circostanze lo richiedevano: proprio nel 2011, infatti Nicolino “mano di gomma” usciva dopo dieci anni dal carcere (vi sarebbe tornato due anni dopo) e c’erano diverse questioni irrisolte, a cominciare dal maxi affare del complesso immobiliare in zona “Le Castella” a Isola di Capo Rizzuto, Comune balneare del crotonese a due passi da Cutro. L’appalto per realizzare una serie di villette risaliva agli anni ’90 e ad aggiudicarselo erano stati i fratelli Palmo e Giuseppe Vertinelli, imprenditori di origine calabrese condannati in Aemilia che si erano da tempo stabiliti a Montecchio, nel reggiano.

I lavori erano pero’ ancora fermi a causa anche dei guai giudiziari del boss e il fratello Francesco (che per il suo aiuto avrebbe ricevuto uno degli immobili) decise di prendere in mano la situazione personalmente. Il 31 marzo volo’ da Bologna a Crotone e rimase in zona fino al 5 aprile, per incontrare tra l’altro i Vertinelli e Leonardo Villirillo, un ragioniere “a disposizione” della cosca condannato per associazione nell’abbreviato di Grimilde, con cui decidere il da farsi sull’operazione. Il 7 aprile del 2011 e’ un’altra data fatidica.

Nicolino Grande Aracri esce dal carcere e il fratello Francesco, che sosteneva di non parlare con lui dalla morte del padre (avvenuta nel 1995) sceglie pur con tutte le precauzioni di incontrarlo. L’8 aprile riparte quindi per Cutro, in pullman di notte con il figlio Salvatore, e si porta dietro un cellullare diverso da quello che usa abitualmente. E’ quello di un dipendente pakistano della sua azienda di costruzioni (la Eurogrande). Il soggiorno in Calabria dura in questo caso un paio di giorni. Gli episodi rendicontati, spiega quindi Pescatore, smentiscono quanto affermato da Grande Aracri “senior” che sia al momento degli arresti di Grimilde nel 2019, sia nel 2013 quando alla famiglia sono stati sequestrati beni per tre milioni, aveva detto dei rapporti col fratello: “Sono zero, zero, zero, piu’ che zero. E’ la morte di mio padre l’ultima volta in cui ci siamo quasi stretti la mano”.

E ancora: “Noi siamo 11 figli (quattro hanno riportato condanne mafiose, ndr) se ci puo’ essere una pecora nera non e’ colpa mia”. Di se stesso invece diceva: “Sono un gran lavoratore, in 30 anni sono stato come una formica e mi sono costruito un guscio. Mi ha condannato un uomo ma io sono innocente e mi affido alla giustizia divina”. Sull’affare “Le Castella” relazionera’ nel pomeriggio un’altro teste storico della Dda, Emidio D’Agostino, prima maresciallo e oggi luogotenente dei Carabinieri di Modena. Poi, sempre in giornata, tocchera’ a Federica Zamboni, amministratore giudiziario dei beni sequestrati ai Vertinelli. La presunta collaborazione con la giustizia in Calabria di Nicolino Grande Aracri, intanto, avrebbe subito una frenata (Fonte Dire).