Genitori dello stesso sesso non riconosciuti a Reggio Emilia

15 maggio 2021 | 13:00
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Genitori dello stesso sesso non riconosciuti a Reggio Emilia

No del tribunale ad iscriverli entrambi all’anagrafe: insorge l’Arcigay

REGGIO EMILIA – Nel giorno in cui Reggio Emilia scende in piazza per sollecitare l’approvazione del Ddl Zan e alla vigilia delle iniziative del 17 maggio (giornata nazionale contro l’omotransfobia) scoppia nella citta’ del Tricolore un caso sui diritti delle persone Lgbti. Il Tribunale reggiano, infatti, ha respinto nei giorni scorsi le richieste di riconoscimento genitoriale avanzate da due coppie dello stesso sesso unite civilmente.

In concreto vuol dire che nell’anagrafe del Comune di Reggio il nome del bambino sara’ registrato solo con quello della mamma – di fatto classificata come una ‘ragazza madre’ – perche’ per l’altro genitore e’ previsto l’inserimento di quello del padre naturale. A denunciarlo e’ il circolo cittadino Arcigay Gioconda. Una delle due mamme che chiede l’annullamento della decisione dei giudici (presa da un collegio di quattro membri) e’ Fabiana Montanari, consigliera comunale eletta in quota Pd e consulente della Giunta del sindaco Luca Vecchi per le tematiche dei diritti dei cittadini omosessuali.

In entrambi i casi, i minori sono stati registrati all’Anagrafe subito dopo la nascita come figli delle sole madri biologiche: a breve distanza di tempo, le coppie hanno effettuato il riconoscimento dell’altro genitore nel registro degli atti di nascita dall’Ufficiale di stato Civile del Comune di Reggio Emilia, davanti al sindaco Luca Vecchi.

Nei confronti di questi due atti di riconoscimento, la Procura della Repubblica di Reggio ha presentato ricorso, ai sensi dell’articolo 95 del DPR 396/2000, al Tribunale che ha accolto i ricorsi con decreti 29 aprile 2021. L’accoglimento dei ricorsi è avvenuto nonostante il parere non favorevole del Giudice Tutelare del Tribunale di Reggio Emilia, ritenendo l’annullamento del riconoscimento contrario all’interesse del minore con presumibile pregiudizio sul piano personale e patrimoniale di quest’ultimo.

Il Tribunale ha dichiarato i riconoscimenti non rispondenti alla legge, nonostante il consenso prestato dalle madri biologiche, ritenendo che l’articolo 8 della legge 40/2004 sia applicabile esclusivamente alle coppie eterosessuali, coniugate o conviventi, e non anche alle coppie omosessuali.

Riconoscendo il vuoto legislativo in materia di riconoscimento di figli nati da due donne a seguito di procreazione mediamente assistita eterologa e richiamando la sentenza 32/2021 della Corte Costituzionale, il Tribunale di Reggio Emilia ha ritenuto che “il rapporto di filiazione, inteso come fenomeno fattuale, prescinde da una identificazione normativa e può sorgere e svilupparsi nell’ambito di un’unione civile, o di una stabile convivenza che riproduca la quotidianità della vita familiare, anche indipendentemente dalla esistenza di un riconoscimento da parte del genitore intenzionale”.

“In questi giorni in cui ricorre il quinto anniversario dell’approvazione della legge rivoluzionaria delle Unioni Civili – commenta il presidente di Arcigay Gioconda Alberto Nicolini – il Tribunale di Reggio Emilia agisce ricordandoci che quella legge, gradino fondamentale verso l’uguaglianza, non è che un piccolo passo, insufficiente. In Italia le persone LGBTI valgono solo come singole persone che si uniscono, ma non come madri e padri. Eppure siamo genitori e genitrici, e le nostre famiglie esistono. Questa mancanza legislativa è un dramma pagato in primis dai bambini e dalle bambine, proprio chi dovremmo, come società, proteggere a tutti i costi. Fino a quando dovremo assistere a una tale ingiustizia?”.

La vicenda riaccende i riflettori sulla proposta di legge lanciata dall’associazione delle “Famiglie Arcobaleno” e presentata nel 2008 dalla deputata Paola Concia in ordine alla tutela dei figli delle coppie omogenitoriali.