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“Via Turri, nuovi espropri nel nome della riqualificazione”

19 marzo 2021 | 18:18
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“Via Turri, nuovi espropri nel nome della riqualificazione”

L’architetto Rossana Benevelli: “Gli incontri pubblici (che siano in presenza o virtuali) a Reggio sono sempre state presentazioni di ciò che il Comune aveva già deciso”

REGGIO EMILIANel giugno dell’anno scorso, come architetti indipendenti, esprimemmo tutta la nostra indignazione per come l’amministrazione comunale avesse ignorato i più elementari principi di rispetto umano calando dall’alto il progetto di riqualificazione denominato Area 902_ Abitare Solidale che esproprierà gli abitanti delle loro case. Da allora la situazione si sta evolvendo, con una decisa accelerazione nelle ultime settimane.

Domenica 21 febbraio è uscita la notizia del ponte ciclopedonale che collegherà via Turri con l’area ex Reggiane in progetto. Lunedì 8 marzo l’assessore De Franco e il presidente Acer, in collegamento on line, hanno illustrato ai proprietari residenti di via Paradisi n° 12 – 14 – 16 il progetto, già definito in tutte le sue parti e che prevede la demolizione delle loro abitazioni, perché si intende partecipare al bando indetto dal ministero dei trasporti in scadenza il 16 marzo.

L’incontro è stato voluto dal Comune per evitare le “spiacevolezze” verificatesi con gli abitanti dei civici 6, 8 e 10, anche se nel frattempo ci sono stati tre incontri con i rappresentanti del comitato che pare abbiano portato ad individuare una soluzione/compromesso in attesa di essere sottoscritta.

Martedì 10 marzo la stampa locale ha dato ampio risalto alle criticità dell’area stazione rilevate dai cittadini del comitato IV Novembre e dal gruppo La voce di via Turri, quali: incuria degli spazi pubblici, senso di paura di residenti, mancanza di servizi, ad esempio una efficiente raccolta dei rifiuti, e spazi per l’incontro. La necessità di un intervento nel quartiere appare urgente.

Martedì 16 marzo su Telereggio va in onda un annuncio video dell’intero progetto, presentato nel pomeriggio alla commissione consigliare e al sito del comune titolato “Zona Stazione e Area Reggiane: tre progetti per restituire a questi luoghi qualità abitativa, sostenibilità e rinascita sociale”.

Continuiamo a sostenere che privare tante persone delle proprie case, utilizzando la parola magica “riqualificazione” che può significare tutto e il suo contrario sia una grave violenza.

Una violenza che, pur se di genere diverso, si estende anche alla cittadinanza nel suo complesso per la totale mancanza di coinvolgimento in un progetto di questa portata. Gli incontri pubblici (che siano in presenza o virtuali) a Reggio sono sempre state presentazioni di ciò che il Comune aveva già deciso. La partecipazione e il coinvolgimento reale e fattivo dei cittadini non sono mai stati cercati né favoriti, preferendo al massimo incontri individuali nei quali l’ente pubblico ha buon gioco nell’imporre accordi.

Come architetti ci aspettavamo prima o poi un intervento su questa area di cui si parla da decenni, anche in termini denigratori. Del resto è già nelle previsioni del Piano Strutturale Comunale (PSC) come area oggetto di grandi trasformazioni. Ora il Comune si muove: perché adesso l’intervento diventa utile e funzionale a “valorizzare” un’altra area – le ex Reggiane-, e il degrado in cui versano i fabbricati in fondo a via Paradisi giustifica e legittima un qualsiasi intervento, che pochi o nessuno oseranno contestare, anzi.

Sembra infatti che la zona stazione sia l’unica porzione di città che necessita di essere riordinata, ristrutturata e resa piacevole nel vivere quotidiano dei residenti e di chi l’attraversa. In realtà non è così, ma per mancanza di spazio rimandiamo l’approfondimento di questo aspetto a prossimi interventi.

C’è da chiedersi da dove e con quali certezze arriveranno i 76 milioni di euro.
Lo saprà il sindaco Vecchi se si è sentito di dichiarare, a chiusura della illustrazione e discussione delle linee di indirizzo del PUG – Piano Urbanistico Generale organizzato dagli ordini professionali Profess@RE il 24 febbraio scorso, “occorre una semplificazione degli iter urbanistici perché a Reggio Emilia arriveranno tanti soldi che altrimenti ci vorranno 100 anni per spenderli tutti”. Spesso troppi soldi sono una maledizione anche per una città.

Se lo scopo di un progetto è il benessere urbano, se si vogliono alleviare i disagi e migliorare la vita quotidiana, al centro devono essere poste le necessità degli abitanti, come ad esempio la cura degli spazi condominiali, valorizzando le aree verdi di uso comune, la messa a disposizione di locali per gioco bimbi e per gli adolescenti, spazi adatti per gli anziani, per le donne, per la socialità di chiunque viva nel quartiere.

E per farlo, per migliorare la condizione abitativa di un quartiere il presupposto è coinvolgere gli abitanti fin dall’inizio. Coinvolgerli, non “informarli” con video e grafiche accattivanti. Se si estromettono gli abitanti da ogni fase progettuale prevedendone il trasferimento forzato significa che si ha un’idea di città che non è per tutti. Dove troveranno casa gli abitanti più fragili? Perché di certo da qualche parte andranno.

La validità di un progetto, di qualunque natura esso sia, è data dal corrispondere a presupposti e obiettivi, che non sono gli stessi per tutti. Altre soluzioni progettali che rispettino gli abitanti, meno faraonici, che risolvono criticità dell’intorno sono possibili; ci vuole la volontà politica.

Ad esempio, invece di espropriare i due fabbricati ai civici 6, 8, 10, avrebbe più senso acquisire, sul lato opposto di via Paradisi, i fabbricati dismessi, le aree inutilizzate, trasferendo le attività incongrue altrove, e qui realizzare alloggi di proprietà pubblica e alloggi destinati ai privati, aree a verde pubblico e servizi di quartiere. Tra l’altro è un’area già collegata alla via Emilia da tre strade esistenti di 160 metri (via Cagnoli, via Paradisi/Emilia, via Ritorni), che vanno solo sistemate, di certo con costi minori rispetto ad un ponte largo 8 metri e lungo 150 metri.

I due fabbricati ai civici 12, 14, 16, con le soluzioni tecnologiche attuali, ad esempio la ventilazione meccanizzata forzata (giustificata dall’inquinamento dato dalla vicinanza al viale Partigiano ad alto traffico), possono essere recuperati agli usi previsti dal progetto comunale Area902_Abitare solidale: alloggi ad uso temporaneo di studenti e lavoratori, utilizzatori di passaggio (city users) e microliving, prevedendo al contempo alloggi di edilizia pubblica e sociale nell’intervento sul lato sud di via Paradisi. Progetto possibile, certo non di visibilità immediata per i politici e non utile all’area nord.

architetti

Vogliamo invece abbattere i due fabbricati? Allora facciamolo per creare una barriera verde al cavalcavia e realizzare un’area verde accessibile da via Turri e dalla via Emilia. Alla luce di tutti le idee progettali rese note in questo ultimo anno è certo riduttivo limitarsi ad una proposta solo su via Paradisi, quando è inderogabile una valutazione progettuale di area più vasta e  delle possibili ricadute sulla intera città. C’è la necessità grave ed urgente di attivare una riflessione seria sulla città che si va costruendo: che città vogliamo? Per chi? Al servizio di chi? Un’altra visione di città, di mondo è possibile. Non bisogna smettere di volerlo.

Rossana Benevelli, architetti indipendenti