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Mafie, omicidi di ‘ndrangheta del ’92: la Dda ricorre in appello

8 marzo 2021 | 15:02
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Mafie, omicidi di ‘ndrangheta del ’92: la Dda ricorre in appello

Contro le assoluzioni pronunciate nella sentenza di primo grado

REGGIO EMILIA – C’e’ una verita’ giudiziaria ancora tutta da scrivere sugli omicidi avvenuti nel 1992 a Reggio Emilia, inquadrati nella lotta tra i clan della ‘ndrangheta per il predominio al nord. Ne e’ convinta il pubblico ministero Beatrice Ronchi che la sentenza di primo grado, pronunciata lo scorso autunno nella citta’ del Tricolore, ha deciso di impugnarla in appello chiedendone la riforma e conducendo l’accusa di persona in veste di sostituto Procuratore Generale.

Una nuova luce sulle morti violente di Nicola Vasapollo, ucciso il 21 settembre nella propria abitazione di Pieve Modolena e Giuseppe Ruggiero, che ne segui’ la sorte il 22 ottobre a Brescello, era stata accesa dopo il maxi processo Aemilia dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio Valerio. Ma gli imputati (il boss Nicolino Grande Aracri in relazione all’omicidio Vasapollo), Antonio Ciampa’ (accusato di esserne il mandante e finanziatore), Angelo Greco e Antonio Lerose (ritenuti gli esecutori materiali del delitto Ruggiero) sono stati tutti assolti.

L’unica condanna, emessa in relazione ai fatti di Brescello, e’ stata quella di Grande Aracri all’ergastolo. Un verdetto in cui Ronchi, magistrato della Dda (Direzione distrettuale antimafia) bolognese, ravvisa pero’ nelle 180 pagine dell’appello molti “errori, travisamenti e imprecisioni”. In primo luogo, sostiene, la sentenza sarebbe viziata da una omessa considerazione di prove decisive oltre che da una “non corretta interpretazione” di quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia, che avrebbe influito sulla valutazione della loro attendibilita’.

E’ questo un punto dirimente perche’ proprio alcune discrepanze tra i resoconti fatti dai pentiti Valerio e Angelo Salvatore Cortese, in particolare sulla presenza o meno sulla scena del delitto Ruggiero di un altro killer (Aldo Carvelli), sono state considerate “una macroscopica divergenza”.

E hanno cosi’ indotto il giudice Dario De Luca, presidente della Corte d’Assise che ha emesso il giudizio di primo grado, a ritenere “non sufficienti” le prove a carico degli imputati. Nell’appello Ronchi chiede pertanto di riascoltare i collaboratori di giustizia e anche Nicolino Sarcone, primo referente della famiglia Grande Aracri di Cutro in Emilia, che per gli omicidi del ’92 e’ stato gia’ condannato a 30 anni dopo il giudizio con rito abbreviato.