Mafie, motivazioni Grimilde: “A Brescello non è cambiato nulla”

8 marzo 2021 | 19:30
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Mafie, motivazioni Grimilde: “A Brescello non è cambiato nulla”

Secondo uno dei gregari del clan, Manuel Conte, i vigili urbani avevano paura anche a fare le multe ai Grande Aracri

BRESCELLO (Reggio Emilia) – A Brescello, primo Comune emiliano-romagnolo sciolto per mafia nel 2016, la famiglia di ‘ndrangheta Grande Aracri ha continuato a dettare legge incontrastata fino al 2019. E il fratello e i nipoti del boss di Cutro Nicolino, da anni trasferiti sulle sponde del Po in provincia di Reggio Emilia a condurre traffici illeciti milionari, erano nel paesino praticamente “intoccabili”. La Polizia locale e perfino i Carabinieri, infatti, non si azzardavano a fare a loro (o ai loro sodali) neanche una multa per divieto di sosta.

E’ scritto nero su bianco nelle oltre 1.400 pagine di motivazioni redatte dal giudice di Bologna Sandro Pecorella a corredo della sentenza del processo “Grimilde”, pronunciata il 27 ottobre dell’anno scorso, quando in tribunale sotto le Due torri sono stati condannati 42 imputati su 48 che hanno scelto il rito abbreviato (in 9 hanno patteggiato) per un totale di 231 anni complessivi di carcere. “A Brescello nel 2019 la cosiddetta ‘sindrome di Grimilde’ e’ ancora in azione. La societa’ ancora non vuole guardarsi allo specchio per non essere messa di fronte alla realta’”, si legge nelle carte giudiziarie. E ancora: “E’ il momento di dire che a distanza di qualche anno (dallo scioglimento per infiltrazioni, ndr) la situazione non appare cambiata almeno nelle sue manifestazioni spicciole esteriori”, annota Pecorella, con riferimento alla questione delle multe.

A rivelare che a Paolo Grande Aracri (figlio di Francesco, fratello del boss Nicolino) non e’ mai stata elevata una contravvenzione anche quando parcheggiava la sua Bmw “sul marciapiede” o negli stalli riservati ai portatori di handicap davanti ai bar principali di Brescello, e’ Manuel Conte, uno dei gregari del clan, durante un interrogatorio. Che racconta di un episodio risalente a due anni fa, quando un agente della Polizia locale, “uno nuovo”, era in procinto di redigere un verbale. La risposta del calabrese? “Guarda che hai sbagliato proprio paese” e “se vengo li’ ti spacco le ossa”.

La multa in quel caso ci fu, ma a pagarla non fu il nipote del boss, ma il suo sottoposto. Anche gli uomini dell’Arma agivano con cautela. In un’altra occasione, riporta sempre Conte, un carabiniere intervenuto perche’ “nessuno spostava le macchine”, avrebbe detto: “Digli al tuo amico (Paolo Grande Aracri, ndr) di portare rispetto almeno per la divisa, se no iniziamo a fare le multe”.

Le motivazioni della sentenza lanciano un durissimo atto di accusa contro l’attuale sindaco di Brescello, Elena Benassi, successore di Marcello Coffrini (che defini’ Francesco Grande Aracri, poi condannato, “una persona perbene”). Proprio oggi infatti l’associazione antimafia Agende Rosse ha deciso di uscire dalla commissione Legalita’ del Comune, accusando l’amministrazione di mancata discontinuita’ con la Giunta precedente.

Le condanne piu’ pesanti di Grimilde, 20 anni di carcere a testa, sono andate a Salvatore Grande Aracri nipote 41 enne di Nicolino detto “Calamaro” per gli affari illeciti in molteplici settori e Giuseppe Caruso, 60 anni, figura di spicco della vita pubblica piacentina, capogruppo in Consiglio comunale a Piacenza per Fratelli d’Italia e all’epoca dei fatti funzionario della Agenzia delle Dogane (Fonte Dire).