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Giornata mondiale del Teatro, la Cgil: “La cultura è un bene primario non sacrificabile”

25 marzo 2021 | 18:02
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Giornata mondiale del Teatro, la Cgil: “La cultura è un bene primario non sacrificabile”

Il sindacato esprime piena solidarietà a tutti i lavoratori dei Teatri e della produzione culturale della nostra città

REGGIO EMILIA – In occasione della Giornata mondiale del Teatro, il 27 marzo la Cgil di Reggio Emilia, esprime piena solidarietà a tutti i lavoratori dei Teatri e della produzione culturale della nostra città.

Sottolinea Natale Scebba, segretario della categoria che segue il settore: “Anche noi come organizzazione sindacale siamo in campo tutti i giorni per lottare contro un sistema che rende i lavoratori del settore spesso invisibili, con contratti precari e con stipendi da fame. A chi sostiene che ‘con la cultura non si mangia’ diciamo che non si può immaginare un mondo senza spettacoli, balletti, film, musica; senza i teatri, i cinematografi, i circhi. Un mondo senza attori, musicisti, ballerini, giocolieri. Insomma un mondo di luci, di musica e di vita”.

Continua il sindacato: “Eppure la politica continua a non tutelare e a non investire risorse adeguate in questo settore, condannandoci ad essere un Paese in contraddizione perpetua: tra i più ricchi dal punto di vista culturale eppure tra quelli dove la cultura è sempre più marginale e relegata ad alternativa sacrificabile. Anche in questa situazione di crisi sanitaria questo si rivela un punto di vista miope. E dallo status di bene primario che dovrebbe intrinsecamente possedere spesso viene trattata come bene accessorio, di lusso, non per tutti”.

Conclude Scebba: “Sul piano delle ricadute della crisi pandemica vediamo che anche i ristori messi in campo dal governo sono insufficienti a garantire una continuità salariale. Bisogna prevedere un sistema di ammortizzatori sociali che tuteli questi lavoratori, dando una continuità salariale e contributiva che permetta di andare anche in pensione a fine carriera. E’ necessario incentivare il settore, fare in modo che chi sceglie di lavorare nella cultura, non debba essere costretto ad accettare contratti precari e stipendi da fame”.