Un acquedotto romano in vetrina nel nuovo ospedale

19 febbraio 2021 | 17:50
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Un acquedotto romano in vetrina nel nuovo ospedale
Un acquedotto romano in vetrina nel nuovo ospedale
Un acquedotto romano in vetrina nel nuovo ospedale

Reperti trovati durante gli scavi del polo maternità saranno esposti lì

REGGIO EMILIA – Un ospedale proiettato nel futuro e un acquedotto di epoca romana che emerge dal passato. A Reggio Emilia convivranno nel Mire, il nuovo polo dell’Arcispedale Santa Maria dedicato alla maternita’, previsto in apertura tra due anni. I reperti archeologici – il cui futuro e’ stato pianificato da un apposito accordo firmato tra Soprintendenza Archeologia-Belle arti-paesaggio, Comune e Ausl – erano in parte stati ritrovati tra il 2011 e il 2012, durante gli scavi per la costruzione del Core (il centro oncoematologico reggiano) che sorge a nord del sito dove si realizzera’ la struttura materno-infantile. In quell’occasione sono state individuate due condotte acquedottistiche “minori”, a cui di recente se ne e’ aggiunta una terza piu’ imponente e “monumentale”.

Si tratta di un manufatto datato tra il primo secolo avanti e il primo secolo dopo Cristo, alto 1,80 metri e largo 1,60, in grado secondo le prime stime di trasportare fino a 300 litri d’acqua al secondo nelle domus dell’antica “Regium Lepidi”. Parte di questa condotta sara’ asportata e inserita organicamente all’interno del Mire, mentre un altro pezzo sara’ “musealizzato” nel giardino del nosocomio. Entrambi saranno valorizzati con documenti illustrativi e possibilita’ di visite didattiche da parte delle scuole. L’intervento e’ reso possibile dallo specifico articolo 25 del codice dei Contratti pubblici, che norma la cosiddetta “archeologia preventiva”.

Un aspetto messo in risalto da Cristina Ambrosini, gia’ soprintendente e ora direttore del servizio Patrimonio culturale della Regione che commenta: “Quello che abbiamo stipulato e’ un accordo innovativo e coraggioso perche’ non si fa alla fine dei giochi ma preventivamente, prevedendo gia’ l’ipotesi della restituzione dei reperti alla citta’”. Annalisa Capurso, funzionaria archeologa della Soprintendenza, aggiunge: “I resti di questo acquedotto, analoghi a quelli ritrovati a Brescello, Campegine e anche a Ostia, raccontano sicuramente di una fase di grande espansione urbanistica della citta’, che allora entrava pienamente nello stile di vita romano e necessitava di grandi opere infrastrutturali per renderlo possibile”.

Per il sindaco Luca Vecchi “la citta’ sapra’ valorizzare e conservare nel migliore dei modi questo ritrovato acquedotto romano che testimonia, oltre alle eccezionali capacita’ ingegneristiche della civilta’ romana, anche l’importanza di Reggio Emilia nell’antichita’”. Cristina Marchesi, direttore dell’Ausl che si confessa “appassionata di storia romana”, trova anche “simbolico questo intervento, in cui l’acqua, un elemento essenziale alla vita, ben si sposa con il tema della nascita legato al padiglione della maternita’”.