Sciopero dei metalmeccanici, adesioni fra l’80 e il 90%

5 novembre 2020 | 16:57
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Vecchi, Uriti e Scialla: “E’ ora di tagliare con il passato: il modello di sviluppo costruito sulla compressione del costo del lavoro ha frenato la produttività e ridotto i consumi ed è la principale ragione della scarsa competitività del sistema Paese”

REGGIO EMILIA – Con un’adesione più alta delle aspettative, vista la situazione complessiva del Paese, si è tenuto oggi lo sciopero generale unitario dei metalmeccanici di Fiom Fiom Uilm. Quattro ore di sciopero a sostegno della vertenza per il rinnovo del contratto nazionale che hanno coinvolto le circa 350 aziende reggiane aderenti a Federmeccanica per oltre ventimila addetti.

Le percentuali di adesione degli operai allo sciopero mediamente superano l’ottanta percento nelle maggiori imprese metalmeccaniche: alla Ognibene Power circa il 90% della produzione si è fermato, alla Comer Industies 100% di adesione in tutto il reparto agricolo e 90% ai montaggi, alla Landi Renzo circa l’80%, alla Leuco il 90%, alla Bombardi l’85%, alla Gianni Ferrari il 50%, alla Armet di Brescello tutti gli operai sono usciti insieme in sciopero, alla System Cercamics il 60% di adesione, alla Dieci di Montecchio il turno del mattino si è svuotato e così anche per la VP Italy (ex Vertex), 98% alla Ip Cleaning di Rubiera, solo per citare i dati della mattina.

Adesione bulgara poi nei reparti produttivi della Dana (ex Brevini), la più grande fabbrica metalmeccanica del Comune di capoluogo, che ha visto un fermo totale della produzione. Il Gruppo Interpump infine oggi non ha prodotto valore: 99% di adesione a Calerno e altissima partecipazione anche nel maggior stabilimento Wavloil, a Bibbiano.

Nella stragrande maggioranza delle aziende metalmeccaniche della provincia la produzione si è fermata. All’interno dei reparti solo qualche capo settore mentre gli operai si sono riversati fuori dalle fabbriche fermandosi, nel rispetto delle norme anti covid – in mini presidi davanti ai cancelli.

Bandiere, striscioni e cartelli non sono mancati neanche questa volta, così come le brevi assemblee organizzate per confrontarsi sulla situazione in corso. Scrive il sindacato: “L’umore prevalente registrato tra i lavoratori è stato da un lato di forte preoccupazione per l’emergenza sanitaria che sta di nuovo, con diverse intensità, attraversando il Paese e dall’altro una grande determinazione nel portare avanti la vertenza per il rinnovo del contratto nazionale, ritenendo che le due cose non possano essere poste in contraddizione, né la prima utilizzata per impedire la seconda. Senso di responsabilità e determinazione nella lotta hanno contraddistinto oggi il primo sciopero generale dei metalmeccanici ai tempi del covid”.

Hanno detto i segretari provinciali di Fim Fiom Uilm, Giorgio Uriti, Simone Vecchi e Jacopo Scialla: “Il contratto nazionale è un elemento di unità e solidarietà di cui i lavoratori non possono fare a meno – Il contratto unisce le piccole e le grandi imprese dal nord al sud del Paese ed è un importante antidoto ad una società basata sull’isolamento e la competizione individuale che mette persone e aziende una contro l’altra. Per questo va rinnovato mantenendolo tutti gli attuali contenuti e non svuotandolo come invece una parte degli industriali vorrebbe.”

Chiedono insieme Fim Fiom Uilm: “La maggioranza delle imprese reggiane in queste settimane sta lavorando, non sta facendo cassa integrazione, e il clima dal punto di vista produttivo è decisamente cambiato rispetto a qualche mese fa. Cosa vogliono le aziende reggiane? Seguire l’intransigenza di una Confindustria sempre più politicizzata o condividere un contratto nazionale che riporti pace nei reparti produttivi?”.

I lavoratori chiedono a Federmeccanica un gesto di responsabilità accogliendo le richieste della piattaforma – votata da oltre 500mila lavoratori ormai un anno fa- per chiudere questa trattativa e permettere alle aziende di lavorare in un clima di serenità.

Concludono Vecchi, Uriti e Scialla: “E’ ora di tagliare con il passato: il modello di sviluppo costruito sulla compressione del costo del lavoro ha frenato la produttività e ridotto i consumi, ed è la principale ragione della scarsa competitività del sistema Paese. Per questo un contratto che riconosca le richieste salariali dei lavoratori non è solo una risposta alla questione salariale che esiste in Italia ma una politica industriale di rilancio dell’economia”

In mattinata poi davanti alla Corghi si è tenuto un breve presidio in collegamento video con gli scioperi delle altre piazze di Italia, e in particolare con le iniziative bolognesi. Racconti, interviste, storie di metalmeccanici di tutta Italia sono state proiettate e ascoltate.

Dai microfoni di Correggio, collegati con il presidio che contemporaneamente si svolgeva alla Ducati Motor di Borgo Panigale e con Roma, sono intervenuti lavoratori della Nexion (ex Corghi) e il Segretario Generale dell’Emilia Romagna Luigi Giove, che a sostegno dei lavoratori ha affermato: “È il lavoro a salvare il Paese – ha dichiarato Giove – e Confindustria deve rinnovare i contratti nazionali, nel settore metalmeccanico come negli altri settori, perché i lavoratori hanno diritto a salario, dignità e sicurezza sul posto di lavoro. Non dimentichiamo che in questo Paese c’è un’emergenza salariale dove i lavoratori hanno pagato e continuano a pagare il prezzo di scelte politiche sbagliate. Adesso è il momento di rinnovare i contratti. La lotta continuerà e non ci fermeremo finché non li avremo rinnovati tutti”.