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La Rabitti contro il governo: “Scuola e cultura andavano chiuse per ultime”

25 ottobre 2020 | 15:13
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La Rabitti contro il governo: “Scuola e cultura andavano chiuse per ultime”

L’assessore alla cultura del Comune di Reggio Emilia: “Questo decreto uccide tutti i migliori. Uccide il pensiero e uccide il futuro”

REGGIO EMILIA“Sono sospesi gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto”. Lo stesso decreto avvia la scuola (almeno quella superiore) verso la didattica a distanza chiedendo alle scuole secondarie almeno il 75% di Dad. Non capisco e non concordo su questa scelta: i dati ci hanno dimostrato che teatri, cinema e scuole sono luoghi sicuri. Il problema non è li.

Questa scelta dice che la visione del governo è quella che la cultura sia in più, che non sia importante, e io credo di dovere esprimere la mia voce profondamente contraria. Sono molto delusa e amareggiata: prima andava chiuso tutto il resto. Scuola e cultura andavano protette, andavano chiuse per ultime. Sarebbe stata una scelta di visione, sarebbe stata una scelta coraggiosa che credeva nel futuro.

Non è andata cosi: e in questo mondo uccidono un mondo intero di cui abbiamo bisogno. Uccidono chi suona, chi recita, chi scrive film. Uccidono artisti produttori e operatori. Uccidono, fra tutti quelli che ci hanno provato, proprio quelli che ci erano riusciti nonostante il nostro paese non sia proprio il paese che sostiene il “mestiere” della cultura. Questo decreto uccide tutti i migliori. Uccide il pensiero e uccide il futuro.

Anche sui giovani la stessa cosa: ma si rendono conto quanto è pericoloso portare dei ragazzi che stanno diventando adulti a stare tutto il giorno davanti ai monitor?
Già passano troppo del loro tempo attaccati a tablet, social e telefoni, ora stiamo dicendo che anche la loro educazione passa da li. Derubrichiamo la scuola del suo ruolo sociale ed educativo e li spingiamo sempre più verso relazioni digitali.

E non parliamo dei ragazzi con disabilità, dei ragazzi con famiglie poco presenti o dei più fragili, quelli che hanno ancora più bisogno degli altri di relazioni, di fisicità, di aiuto. Quelli che faranno ancora più fatica. Quelli che al pomeriggio quelle relazioni non se le potranno creare da soli, quelli che soli lo saranno sempre di più. Io credo che non si rendano conto di quello che stanno facendo.

Ieri sera ero a Teatro Municipale per uno spettacolo di Festival Aperto. Probabilmente ero senza pelle perché avevo appena letto la bozza del decreto, ma durante il concerto mi sono commossa più volte per la verità, l’energia, la speranza che usciva da quel palcoscenico, che celebrava una sorta di struggente saluto al suo pubblico. Fra mascherina e buio ho pianto. Ed era un pianto di delusione verso il mio paese.