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Torna il Festival aperto e si domanda: “Cosa conta veramente?”

16 luglio 2020 | 15:53
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Torna il Festival aperto e si domanda: “Cosa conta veramente?”
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Torna il Festival aperto e si domanda: “Cosa conta veramente?”

Dal 25 settembre al 15 novembre, nei Teatri Valli, Ariosto e Cavallerizza si svolgerà un programma di spettacoli, installazioni e performance

REGGIO EMILIA – Il Festival Aperto 2020 ci sarà. Dal 25 settembre al 15 novembre, nei Teatri Valli, Ariosto e Cavallerizza si svolgerà un programma di spettacoli, installazioni, performance che la Fondazione I Teatri – in partnership con il ReggioParmaFestival – ha costruito e sta costruendo. Un lavoro in progress, immaginato anche con la complicità di alcuni artisti, cui è stato chiesto di ripensare i propri progetti in un’ottica post pandemica e per aiutarci a decifrare questo strano tempo.

La dodicesima edizione del festival dà spazio alla coreografia italiana e internazionale, al circo contemporaneo, ai mille teatri musicali di oggi, ad atelier di creazione teatrale, a installazioni.  Tutto comincia con una grande festa nel week end inaugurale (25-27 settembre) in cui i tre Teatri riaccolgono il proprio pubblico, dopo sei mesi di chiusura.

Il programma, con spettacoli e produzioni internazionali e prime nazionali, è sempre in aggiornamento e si attendono nuove sorprese. Nei prossimi giorni il calendario completo con date, luoghi e orari. Biglietti in vendita da settembre su www.iteatri.re.it e in biglietteria.

Il festival
Sempre a muoversi sul filo dei confini fra arti discipline e saperi, il Festival Aperto. Nel 2020. Nonostante il 2020. Per un festival che vanta da sempre una “connessione con il mondo”, un anno così moltiplica gli interrogativi sul senso stesso di fare spettacolo. Non è solo questione di Covid, mille altre crisi si sono inasprite. Ma questo non è tutto.

Qualcuno, nella costrizione casalinga, ha cercato un nuovo contatto con se stesso. Il canto degli uccelli era divenuto il rumore delle città. La risposta alla violenza “Black Lives Matter” è stata globale. E mille fatti di solidarietà, abnegazione e umano rispetto, contagiano il mondo. Aumentiamo questo contagio. Ogni fatto, per quanto tragico, contiene il suo rovescio. A vedere le cose in questo modo, a sentire e lavorare con le contraddizioni, aprendo prospettive, gli artisti ci sono abituati.

Ci sarà, il Festival Aperto, e la notizia non è scontata se solo guardiamo intorno a noi, le molte attività messe a repentaglio dalle circostanze. E dall’incertezza, dalla dimensione profondamente interrogativa, il Festival non vuole distogliere lo sguardo. Al contrario, ne fa il tema conduttore: “What really matters?”.

Il festival si aprirà con un grande fine settimana inaugurale. Concerti, spettacoli e installazioni che mobilitano tutti e tre i teatri, dove il pubblico torna per la prima volta dal febbraio scorso. Una riapertura simbolica, ma anche molto concreta, con il concerto fra world/jazz e musica antica “Risplendenti riversi” di Michel Godard / Nataša Mirković, il recital di Simone Rubino percussionista di fama internazionale, il duo O-Janà fra canzone e raffinata ricerca, il circo contemporaneo ispirato da Pina Bausch di Gandini Juggling (in collaborazione con Dinamico Festival), in un ibrido divertente e fantasioso di giocoleria eseguita con incredibile sincronia e capacità.

E diverse installazioni video o performative (di Marangoni, Prati, Faoro, Beneventi) accomunate dal fatto di essere nate o concepite durante il lockdown.

Il teatro musicale
Il teatro musicale percorre il Festival da cima a fondo, con progetti che ne testimoniano le infinite possibilità di incrocio di linguaggi. Ma testimoniano soprattutto la capacità di prefigurazione di artisti che avendo progettato i loro lavori prima del virus, centrano tuttavia in pieno questioni che la pandemia ha non creato, ma reso conclamate: condizioni di oscurità e isolamento, sensi dello spazio-tempo, assenza e palingenesi. Si tratta de “I cenci” di Giorgio B2attistelli /Carmelo Rifici, con Roberto Latini, opera “noir” sul malvagio Conte Cenci; “Eurydice” di Dmitri Kourliandski/Antoine Gindt, con Dominique Mercy, “darkness experience” del mito; “Sonora Desert” di Alvin Curran / Mutaimago, installazione-concerto dedicata al tempo; “Bibilolo” di Marc Monnet / Arno Fabre, teatro di oggetti e musica; “Curon/Graun” di Oht, sul sacrifico di un intero paese alpino in nome dello sviluppo.

La canzone è un’alchimia imprevedibile, ingredienti sempre uguali si (s)combinano in infinite varianti che la fanno sempre diversa. Ai già citati Risplendenti Riversi e O-Janà, si affiancano “Confirmation“, tributo di Francesco Cafiso in quintetto ai 100 anni di Charlie Parker; e il “free jazz cantautorale” di Mirco Mariani / Shaloma Locomotiva Orchestra con guest star Paolo Fresu (in collaborazione con Angelica Festival).

Il canto
Al canto – nel senso più ampio possibile, anche non vocale – riporta una serie di concerti di taglio monografico e forti drammaturgie. Oltre al citato Rubino, Three Voices di Morton Feldman intreccia la voce live con i suoi alter ego su traccia; “Sette canzoni per Bruno” omaggia i 100 anni di Maderna con un concerto/documentario (Fontana Mix e Collettivo In.Nova Fert). “Messiaen Oiseaux” affida a Ciro Longobardi l’integrale della musica pianistica di Messiaen basata sui canti d’uccelli. Sonia Bergamasco ed Emanuele Arciuli dialogano fra letteratura e musica nuova in “Contrappunti lunari”.

La danza
Quando la danza racconta il mondo con sguardi obliqui ed emoziona(n)ti ci invita alla scoperta del senso delle cose, ci interroga sul presente e sul futuro.
Sharon Eyal, con “Chapter 3“, terza parte di una trilogia dedicata all’amore, combina le dinamiche esplosive della musica techno con la danza potente che l’ha fatta conoscere al mondo.

“Don Giovanni”, ovvero il lato oscuro del libero arbitrio: Aterballetto affida allo svedese Johan Inger un nuovo Don Juan – che sarà presentato in anteprima – che ne ripensa a fondo i caratteri, e in cui la danza diviene lente d’ingrandimento dei singoli caratteri.

È un dialogo aperto da lungo tempo quello del festival con la nuova danza italiana. La cui dimensione di intima performatività trova nuovi motivi di riflessione in questo tempo post-pandemico. Spazi teatrali e non vengono ricreati e ripensati nei lavori di: Michele Di Stefano / MK con Eden, in cui i corpi del danzatore e dello spettatore diventano complici di una rinuncia al “paradiso” in assoluta reciproca solitudine; Collettivo cinetico in dialogo con Alessandro Sciarroni, in una nuova pratica fisica che contempla l’ostinazione della ripetizione ma anche una sparizione volontaria del soggetto; Diego Tortelli disegna su misura per alcune sale del Teatro Valli una performance itinerante per i danzatori di Aterballetto; Daniele Ninnarello e Cristina Donà, in un innesto affascinante e naturale tra musica e danza; MM Contemporary dance company con lo storico “Duo d’Eden” di Maguy Marin, e creazioni di Noone e Merola; Silvia Gribaudi con una riflessione ironica sui canoni della bellezza e sulla forza delle imperfezioni.

Hamlet di Serra
Tra teatro e movimento si muove l’atelier di creazione di Alessandro Serra “Hamlet. Il silenzio in Shakespeare“, realizzato con il Teatro di Roma; si conferma la collaborazione con il Teatro Sociale di Gualtieri, con lo spettacolo vincitore di “Under 30”, riservato ad autori, attori e giuria al di sotto dei 30 anni.

Gli spettacoli di Apertokids, per adulti, bambini e famiglie include Gandini Juggling, Silvia Gribaudi, Bibilolo.

Prosegue il lavoro di coproduzione del festival Aperto con altre importanti realtà come: Torino Danza, Roma Europa Festival, Biennale di Venezia, Fabbrica Europa, Bolzano Danza, Fondazione Nazionale della Danza, così come le collaborazioni con Angelica Festival, Dinamico Festival, Teatro Sociale di Gualtieri.