Covid19, ricerca Unimore su rivista scientifica internazionale

6 luglio 2020 | 11:56
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Covid19, ricerca Unimore su rivista scientifica internazionale

Nuove indicazioni per la terapia contro Covid19. Uno studio sui pazienti con polmonite causata dal Covid19 pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale Nature Communications

REGGIO EMILIA – Un lavoro, condotto da un team coordinato dal professor Andrea Cossarizza coadiuvato dalle ricercatrici Sara De Biasi e Lara Gibellini dell’Università di Modena e Reggio Emilia, spiega – per la prima volta – i dettagli dell’esaurimento funzionale dei linfociti presenti nel sangue periferico e descrive in modo esaustivo il comportamento delle molecole e cellule responsabili della tempesta citochinica presente nei pazienti COVID-19 con polmonite.

Lo studio, che segna una svolta importante nella lotta contro SARS-CoV-2, ha suscitato l’interesse della comunità scientifica, che lunedì 6 luglio ha ripreso i risultati sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Nature Communications.

Alla complessa ricerca, che occupa ben 17 pagine della rivista, hanno partecipato numerosi medici e ricercatori di Unimore e dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, tra cui Cristina Mussini, Giovanni Guaraldi, Marianna Meschiari, Massimo Girardis, Enrico Clini, Fabio Facchinetti, Mario Sarti, Tommaso Trenti, Antonello Pietrangelo, Lucio Brugioni.

Lo studio, la cui versione preliminare era uscita il 20 aprile nella piattaforma online del gruppo Nature e scaricata nelle prime 48 ore da oltre 4.000 ricercatori, era stato parzialmente presentato dal Prof. Andrea Cossarizza il 30 aprile al webinar della rivista Science cui hanno partecipato oltre 8.000 medici e scienziati. “Le riviste ci hanno chiesto – dice Andrea Cossarizza – di dare immediatamente notizia di quanto avevamo trovato. Lo abbiamo fatto, seppur controvoglia, perché pensiamo che si debba parlare solo dopo che un lavoro è stato giudicato e pubblicato. Eravamo però d’accordo nel rendere noti subito i nostri dati viste le possibili implicazioni terapeutiche. Nella versione finale dello studio, ora pubblicata, vengono riportati ulteriori dettagli sul ruolo delle citochine coinvolte nella patogenesi della malattia (ne sono state indagate 31), e ulteriori analisi delle cellule responsabili della loro produzione”.

“Nelle fasi della malattia in cui predomina una iper-attivazione – spiega Cossarizza – le cellule del sistema immunitario si fanno la guerra tra loro, azionano altre cellule, i monociti e i granulociti neutrofili, e coinvolgono strutture come gli endoteli vascolari e gli epiteli polmonari. Nel paziente vengono a coesistere linfociti attivati oppure esauriti, appena prodotti dagli organi linfoidi oppure senescenti, e linfociti che producono molecole con effetti biologici opposti. È quindi una risposta caotica senza alcuna logica che esaurisce la risposta immunitaria. Un po’ come correre la finale olimpica dei 400 metri ostacoli, arrivare alla fine completamente stremati e sentirsi dire che si è sbagliato gara e bisogna iniziare subito la maratona. Inoltre, molti aspetti della risposta cellulare, come la capacità proliferativa e la funzionalità mitocondriale, mimano quanto accade nel processo di invecchiamento del sistema immunitario, definito “inflammaging”, che a Modena viene studiato da oltre 30 anni, nel quale una eccessiva infiammazione cronica sta alla base del malfunzionamento immunitario tipico delle persone molto anziane”.

Lo studio – si può affermare – ha gettato le basi scientifiche per l’utilizzo di nuovi farmaci biologici, e aperto la strada a ulteriori soluzioni terapeutiche. I ricercatori avanzano pertanto l’ipotesi che, come accade in altre malattie infettive o in molti tumori, si possa usare contro il SARS-CoV-2 un potente cocktail di molecole (ognuna utilizzata a basse dosi per evitare possibili effetti collaterali), capace di bloccare nello stesso momento la dannosa azione della consistente pletora di citochine.

“La pubblicazione di questo importante studio – commenta il rettore Unimore Carlo Adolfo Porro – è per noi fonte di grande soddisfazione e conferma lo straordinario impegno dei nostri ricercatori per comprendere i meccanismi patogenetici innescati da Sars-Cov2, il virus alla base della pandemia Covid-19.  Mi piace sottolineare che il gruppo del Prof. Cossarizza  ha potuto realizzare le sue indagini grazie anche alla collaborazione di tanti colleghi clinici”.