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Inchiesta camici, partiti da un bonifico di Fontana al cognato

25 luglio 2020 | 19:56
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Inchiesta camici, partiti da un bonifico di Fontana al cognato

Il procuratore, segnalazione dalla Unione Fiduciaria di un versamento da 250 mila euro al cognato, gestore della Dama spa

REGGIO EMILIA – “Il fascicolo sulla fornitura dei camici viene aperto sulla base di una segnalazione di operazioni sospette trasmesso alla procura di Milano dal nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza”. Lo ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli, che coordina le indagini assieme ai pm Furno, Scalas e Filippini, riferendosi alla segnalazione fatta dalla Unione Fiduciaria di un bonifico poi bloccato di 250.000 euro da parte del governatore della Lombardia Attilio Fontana alla Dama spa, società del cognato, con la causale che si riferiva ai camici. Romanelli ha confermato che il governatore è indagato solo per frode in pubblica fornitura.

“Da pochi minuti ho appreso con voi di essere stato iscritto nel registro degli indagati. Duole conoscere questo evento, con le sue ripercussioni umane, da fonti di stampa”. Lo ha scritto nella tarda serata di ieri su Facebook il governatore Attilio Fontana, dopo la notizia dell’indagine a suo carico nella vicenda della fornitura di camici alla Regione da parte della società Dama, gestita da suo cognato Andrea Dini e di cui sua moglie detiene il 10% delle quote. “Sono certo dell’operato della Regione Lombardia che rappresento con responsabilità”, ha aggiunto Fontana.

“Quando è venuto a sapere della fornitura, per evitare equivoci gli ha detto di trasformarla in donazione e lo scrupolo di aver danneggiato suo cognato lo ha indotto in coscienza a fare un gesto risarcitorio”. Lo ha spiegato all’Ansa Jacopo Pensa, legale di Attilio Fontana, indagato per frode in pubblica fornitura nell’inchiesta relativa ai camici alla Regione Lombardia. Questo risarcimento, ha spiegato Pensa, “è rimasto lettera morta”. “Non sono in grado di capire dove sia il reato ma i pm sanno quello che devono fare ed evidentemente sono state fatte indagini che hanno implicato l’iscrizione a garanzia dell’indagato”, ha concluso.

Il 19 maggio, quattro giorni dopo una generica intervista di Report, Fontana cercò di fare un bonifico per arginare quello che il quotidiano definisce “il rischio reputazionale” insito nei 75.000 camici e 7.000 set sanitari venduti per 513.000 euro alla Regione il 16 aprile dalla società Dama spa del cognato Andrea Dini e (per il 10%) della moglie Roberta. Secondo la ricostruzione del Corriere, il governatore lombardo tentò di bonificare alla Dama 250.000 euro, cioè gran parte del mancato profitto al quale il cognato sarebbe andato incontro facendo l’unilaterale gesto di tramutare in donazione alla Regione l’iniziale vendita dei 75.000 camici e di rinunciare a farsi pagare dalla Regione i 49.353 camici e 7.000 set già consegnati. La milanese Unione Fiduciaria, incaricata il 19 maggio da Fontana del bonifico, secondo Il Corriere bloccò il pagamento perché in base alla normativa antiriciclaggio non vedeva una causale o una prestazione coerenti con il bonifico, disposto da soggetto “sensibile” come Fontana per l’incarico politico. E così la fiduciaria fece una “Sos-Segnalazione di operazione sospetta” all’Unità di informazione finanziaria di Banca d’Italia, che la girò a guardia di finanza e Procura.

“Attilio Fontana “indagato” perché un’azienda ha regalato migliaia di camici ai medici lombardi. Ma vi pare normale? La Lombardia, le sue istituzioni, i suoi medici, le sue aziende e i suoi morti meritano rispetto. Malagiustizia a senso unico e “alla Palamara”, non se ne può più”. Lo scrive Matteo Salvini su Twitter.

La vicenda
Il governatore lombardo Attilio Fontana risulta indagato dalla Procura di Milano nell’inchiesta sulla fornitura da mezzo milione di euro di camici e altri dispositivi di protezione da parte della società Dama spa gestita dal cognato Andrea Dini e di cui la moglie del presidente della Lombardia, Roberta Dini, detiene una quota del 10%.

La nuova iscrizione nel registro degli indagati è arrivata nella giornata in cui è stato interrogato Filippo Bongiovanni, il dg dimissionario di Aria spa, la centrale acquisti regionale, indagato per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, assieme allo stesso Andrea Dini. Nelle tre ore di faccia a faccia coi pm, Bongiovanni avrebbe fornito la sua versione dei fatti chiarendo che la Regione Lombardia e la sua centrale acquisti nelle fasi più difficili dell’emergenza Covid hanno operato in uno stato “quotidiano” di necessità, in un’emergenza fronteggiata dalle strutture regionali con sforzi ed impegno. L’ormai ex dg ha anche messo a verbale dettagli concreti sugli sforzi fatti, a suo dire, dalle strutture regionali nell’emergenza.

Secondo le indagini quell’affidamento diretto senza gara della fornitura, che risale al 16 aprile, sarebbe avvenuto in conflitto di interessi e l’ordine sarebbe poi stato trasformato in donazione solo il 20 maggio, dopo che la trasmissione Report iniziò ad indagare sulla vicenda. E Dama, comunque, avrebbe voluto guadagnare provando a vendere 25mila camici (dei 75mila totali di cui 50mila donati) anche a fine maggio con un prezzo di 9 euro a camice, invece che 6 euro che era il prezzo proposto ad Aria. Accertamenti erano in corso già da giorni anche su un presunto “ruolo attivo” di Fontana, mentre numerosi testimoni sono stati già sentiti dai pm nelle ultime settimane. E’ stato escluso, invece, subito dalle prime analisi un ruolo nella vicenda della moglie del governatore. Bongiovanni, dal canto suo, avrebbe chiarito che in quella fase di piena pandemia erano state sospese tutte le procedure di verifica sulle forniture, compresa quella sui conflitti di interesse, e che questo genere di verifiche, tra l’altro, non sarebbero nemmeno spettate a lui.

Qualunque impresa, dunque, che poteva fornire dispositivi di protezione individuale e che si era riconvertita per farlo, veniva in presa in considerazione da Aria. Bongiovanni non avrebbe mai parlato con Fontana del ‘caso fornitura’, ma, pare, lo avrebbe fatto con altri in Regione. A Bongiovanni è stata data la possibilità di fare dichiarazioni e gli sono state fatte alcune domande affinché desse spiegazioni a determinati passaggi del suo racconto. Non gli è stato nemmeno mostrato il capo di imputazione. Allo stato, gli inquirenti non hanno in programma di ascoltare anche Andrea Dini, mentre probabilmente ci sarà la necessità di ulteriori accertamenti da parte del Nucleo speciale di polizia valutaria della Gdf.