Comer, trasferimento a Reggiolo: vita sconvolta per 9 operai su 10

22 giugno 2020 | 15:34
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Comer, trasferimento a Reggiolo: vita sconvolta per 9 operai su 10

Se la fabbrica si trasferirà nel Comune della Bassa in 84 su 89 temono di dover perdere il posto

REGGIO EMILIA – Il nuovo giorno della vertenza Comer Industries e’ quello del silenzio per i sindacati, che lasciano parlare i lavoratori. Per spiegare, fuori dal gioco delle parti, quali saranno gli effetti concreti sulle loro vite dell’eventuale trasferimento dalla sede di Cavriago (che l’azienda intende chiudere a settembre) a quella di Reggiolo. Un posto di lavoro per molti dei 150 dipendenti piu’ lontano da casa e dalla famiglia e che obblighera’ alcuni – come confermano gli stessi operai – a cercarne un altro.

Lo scorso fine settimana, in particolare, le organizzazioni reggiane dei metalmeccanici Fiom e Uilm hanno diffuso tra i lavoratori un questionario “per rendere pubbliche alla citta’ le loro oggettive condizioni di vita”, spostando cosi’ il confronto dalle “opinioni” allo spaccato reale del vissuto delle persone. I dati emersi, basati sulle risposte di 89 dipendenti quasi tutti operai (gli impiegati sono per la maggior parte in cassa integrazione) sono eloquenti.

Soltanto in cinque, infatti, ritengono che andare a lavorare a Reggiolo potra’ essere compatibile con i propri vincoli personali, mentre in 84 (pari al 94% del campione intervistato) pensano di no e che saranno costretti a guardarsi intorno. Per loro quindi, “si tratterebbe di un licenziamento non dichiarato, causato dalle dimissioni indotte dal trasferimento”. Una situazione ancora piu’ difficile per i dipendenti con piu’ di 50 anni (il 35% degli intervistati) e per coloro che hanno obblighi di cura, cioe’ con a carico figli piccoli o genitori anziani da assistere. Si tratta di oltre la meta’ (il 56%, 52 persone) di quanti hanno risposto al questionario. Una condizione, questa, “che nessun accordo puo’ modificare”).

Infine, calcolano Fiom e Uilm, in media ogni operaio dovra’, per andare al lavoro, percorrere circa 66 chilomteri in piu’ rispetto a quanto non fa oggi, per un totale di 14.000 chilometri all’anno. Insomma, una lunga serie di vite sconvolte. C’e’ a chi va bene perche’ i figli sono grandi (ma magari vorrebbe fare il nonno o e’ attivo nel volontariato) e a chi meno, come a una coppia di coniugi che si e’ conosciuta proprio alla Comer, si e’ sposata, e ha impostato il suo progetto di vita sull’azienda. Che ora, viene spiegato, “almeno uno dei due dovra’ lasciare”.

O genitori che si scambiavano i figli davanti ai cancelli delle aziende dove lavorano, tutte della zona, che ora non potranno piu’ farlo. Non manca chi, oltre all’eta’ non piu’ verde, ha anche problemi di salute e pensa a come fara’ a “reinventarsi”. E chi, con diversi toni, si appella al presidente dell’azienda, Matteo Storchi, invitandolo a ritirare “questa vigliaccata”. I sindacati hanno respinto la proposta del “tavolo di ascolto” proposto dalla proprieta’, per verificare le esigenze di ogni singolo lavoratore perche’, sottolineano i lavoratori, “e’ stato confermato il mandato ai sindacati”.

E la protesta continua. “Vogliamo ‘spoliticizzare’ la vertenza- si limita a spiegare il segretario della Uilm Jacopo Scialla, affiancato oggi da quello della Fiom Simone Vecchi- rimettendo al centro i bisogni reali dei lavoratori. Proprio quelli a cui la Comer ha sempre detto di tenere”.