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Silvia Romano è in Italia: “La conversione all’Islam? Mia libera scelta”

10 maggio 2020 | 19:35
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Silvia Romano è in Italia: “La conversione all’Islam? Mia libera scelta”

La giovane è scesa dalla scaletta dell’aereo con indosso una veste islamica verde, oltre alla mascherina anti-coronavirus. L’indagine: accertamenti su conversione e riscatto

REGGIO EMILIA – Silvia Romano, la volontaria 25enne rapita 18 mesi fa in un villaggio del Kenya, è tornata in Italia. La giovane è scesa dalla scaletta dell’aereo con indosso una veste islamica verde, oltre alla mascherina anti-coronavirus. Fonti investigative hanno confermato che Silvia Romano si è convertita all’Islam.

L’aereo che l’ha riportata nel suo paese è atterrato a Ciampino dove ad accoglierla, oltre ai familiari, erano anche il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. La giovane, sorridente, ha salutato il premier Conte e il ministro di Maio e ha poi abbracciato a lungo i genitori e la sorella. La cooperante è stata liberata ieri in una zona non lontana dalla capitale della Somalia.

Ha detto: “Sto bene per fortuna, fisicamente e mentalmente, sono felicissima, ora voglio stare solo con la mia famiglia”. “Sono stata forte”. Per quel che riguarda la sua conversione all’Islam ha aggiunto: “E’ stata una mia libera scelta non c’è stata nessuna costrizione da parte dei rapitori che mi hanno trattato sempre con umanità. Non è vero invece che sono stata costretta a sposarmi, non ho avuto costrizioni fisiche né violenze”. E’ quanto ha ribadito Silvia Romano abbracciando, tra le lacrime, i genitori e la sorella al suo arrivo a Ciampino. La giovane cooperante è apparsa in buona salute ed emozionata. “Grazie alle istituzioni”, ha poi detto pochi istanti dopo l’arrivo.

Silvia Romano, al suo arrivo a Ciampino, si è fatta fotografare, sorridente, con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e i suoi familiari. Poi ha di nuovo abbracciato i genitori, visibilmente commossi. Dopo aver salutato il premier, il ministro degli Esteri, la famiglia, Silvia Romano è stata sottoposta al test sul coronavirus prima di proseguire verso la caserma del Ros dove sarà sentita sulla sua vicenda.

Conte: “Il segnale che lo Stato c’è”
“In questo momento di grande difficoltà, un segnale che lo Stato c’è”: questo il commento a Ciampino del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Queste sono operazioni che necessitano il massimo riserbo. C’era stata la prova in vita. Eravamo in dirittura finale da qualche mese, ma abbiamo mantenuto il massimo riserbo su queste notizie”. “Questi risultati si ottengono solo c’è abnegazione, in particolare dell’Aise, ma grazie anche alla Farnesina e all’unità di crisi, al ministro Di Maio, all’autorità giudiziaria. Quando lavoriamo insieme coesi, concentrati, ce la facciamo sempre. E’ un bel giorno, sono molto contento per Silvia, per i suoi genitori e per tutti gli italiani che hanno atteso questo momento”.

L’indagine: accertamenti su conversione e riscatto
I momenti di quando fu prelevata dai rapitori, l’ipotesi della sua conversione all’Islam e le fasi del rilascio con l’ipotesi del pagamento di un riscatto. Saranno anche questi i temi che verranno affrontati nel corso del colloquio tra Silvia Romano e gli inquirenti e che si svolgerà nel pomeriggio nella caserma dei carabinieri del Ros alla presenza del pm. Sul suo rapimento i magistrati di piazzale Clodio hanno avviato una indagine che nei mesi si è avvalsa delle collaborazione sia delle autorità kenyote che di quelle somale. Per chi indaga la prima fase del sequestro è stata gestita da una banda composta da 8 persone che avrebbe poi ceduto la ragazza a gruppi islamisti legati a Al Shabaab in Somalia.

Silvia Romano era stata rapita in Kenya 18 mesi fa
Silvia Romano, che lavorava come cooperante in Kenya per la onlus marchigiana Africa Milele, era stata rapita il 20 novembre 2018 nel poverissimo villaggio di Chacama, a circa ottanta chilometri dalla capitale Nairobi.

Prelevata con forza da un gruppo di uomini armati di fucili e machete. La polizia locale aveva ipotizzato una pista interna, ossia un rapimento ad opera di criminali comuni a scopo di estorsione, magari anche con la possibilità che la ragazza venisse venduta oltre confine, in Somalia, ai jihadisti di al Shabaab.

Tre dei responsabili del blitz erano stati arrestati e dalle indagini, portate avanti in Italia dalla Procura di Roma, era in effetti emerso che la ragazza potesse essere stata trasferita in Somalia subito dopo il sequestro: un trasferimento lampo organizzato da un gruppo islamista legato al Al-Shabaab che aveva fornito alla banda di criminali comuni kenyoti, autori materiali del sequestro, denaro e mezzi.