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Reggiano detenuto in Sri Lanka, appello per farlo tornare

21 maggio 2020 | 16:55
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Reggiano detenuto in Sri Lanka, appello per farlo tornare

Alcuni consiglieri comunali e la famiglia chiedono il ritorno in Italia del giovane Mattia Giberti arrestato oltre un anno fa

REGGIO EMILIA – “È passato un anno e tre mesi da quando Mattia è stato arrestato in Sri Lanka, con un’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti che resta da dimostrare. Mio figlio è in attesa del processo (dal 9 febbraio dell’anno scorso), potrebbe essere innocente a tutti gli effetti, nonostante ciò, con la pandemia in corso, è ancora rinchiuso in un carcere dove le condizioni igieniche sono terribili. Non posso neppure ascoltare la sua voce, chiamarlo per avere notizie sulla sua salute direttamente da lui”.

A dirlo è Carla Maramotti, madre di Mattia Giberti, trentasettenne di Pieve Modolena, frazione di Reggio Emilia. Mattia è stato condotto dietro alle sbarre nel paese dell’Asia meridionale nel 2019, perché accusato di detenzione di cocaina. Da allora è in prigione in attesa di un processo che dia lui la possibilità di esercitare il diritto di difendersi, ma finora non è stata annunciata alcuna data di inizio.

“L’ultima persona a fargli visita è stata un’amica, alcuni mesi fa. Mi ha raccontato cosa ha visto e sentito: una stanza di circa 50 metri quadri che Mattia condivide con altre decine di detenuti, tra i 40 e i 50 compagni di cella. Quando dormono sono separati dal pavimento solo dalle coperte, non ci sono materassi; topi, scarafaggi e zecche girano tra loro. Il bagno (più che altro un buco) è condiviso da tutti i detenuti presenti in cella, e sono utilizzati anche per lavare i piatti. Il cibo è poco, l’acqua non è potabile. Mi ha fatto sapere nelle celle non c’è pavimento: sono baracche con i tetti di lamiera.

Ho saputo inoltre che è dimagrito di più di 10 chili, e il suo stato psicologico non è in buone condizioni. Soffre di depressione, anche a causa della lontananza con la figlia piccola. Solo grazie alla testimonianza della madre di un altro ragazzo italiano che è stato in prigione con Mattia ho saputo che l’hanno scorso ha avuto un’infezione, dalla quale poi è guarito. Molti detenuti comunque soffrono di infezioni alla pelle, scabbia, e le condizioni igieniche sono precarie, come si può immaginare”.

“Sono preoccupata, temo per la salute di mio figlio: non esistono dati relativi alla diffusione del covid-19 nelle carceri in Sri Lanka e le condizioni di detenzione sono spaventose, altroché distanziamento sociale. La Farnesina, soprattutto in questo periodo, dovrebbe tutelare tutti i cittadini all’estero, mentre tutto appare bloccato, nonostante il lavoro portato avanti ogni giorno dall’Ambasciata italiana in Sri Lanka.

La vicenda di Mattia è dubbia: è stato arrestato in un taxi al cui interno hanno trovato 50 grammi di cocaina, era con un ragazzo israeliano che dopo cinque giorni è stato rimesso in libertà e espulso. A Mattia hanno dato la colpa di tutto, senza una prova certa e ad oggi senza un processo, il tutto in circostanze dubbiose. Ad oggi ci sono state solamente delle udienze ogni 15 giorni per confermare l’arresto. La pena, non ci sono dubbi, è la pena di morte che verrà trasformata in carcere a vita. In Italia per lo stesso reato avrebbe scontato due mesi ai domiciliari, è inaccettabile. L’ambasciata sta facendo un grande lavoro: sono stati fatti decine di passi ufficiali, grida, suppliche che però sono rimaste inascoltate”.

“Arresti e detenzione arbitrari sono frequenti in Sri Lanka, come verificato e denunciato sia da organizzazioni non governative internazionali che dalle Nazioni Unite. Lo sono anche i casi di maltrattamento in detenzione. Il Governo italiano deve prestare subito attenzione a questo caso: la famiglia e gli amici di Mattia, la cui paura e ansia sono fondate, meritano al più presto una risposta. Notizie certe circa la sua salute e sulla presa in carico della situazione, a partire dalla possibilità di accedere a un processo” dichiara Giulia Crivellini, Tesoriera di Radicali Italiani.

L’appello della famiglia è stato sottoscritto anche da diversi consiglieri comunali di Paolo Burani (immagina Reggio), Palmina Perri (Reggio è), Dario De Lucia (Pd), Fabiana Montanari (Pd), Gianluca Cantergiani (Pd), Lucia Piacentini (Pd), Claudio Pedrazzoli (Pd) e Fabrizio Aguzzoli (M5s).

Anche il consigliere regionale di Emilia-Romagna Coraggiosa, Federico Amico esprime preoccupazione per la condizione del reggiano Matia Giberti e auspica un suo ritorno in Italia.