Coronavirus, sequestrate 32mila mascherine

7 maggio 2020 | 13:07
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Coronavirus, sequestrate 32mila mascherine

L’imprenditore titolare dell’azienda è stato denunciato per frode nell’esercizio del commercio, dato che ha etichettato quelle facciali generiche come dispositivi di protezione individuale

REGGIO EMILIA – La Finanza ha sequestrato, in un’azienda della provincia di Reggio, 30mila mascherine, per un valore di circa 32mila euro, pronte per essere immesse fraudolentemente sul mercato, anche attraverso la vendita online, non già come “mascherine generiche”, bensì come presunti Dpi, ossia dispositivi di protezione individuale.

L’imprenditore titolare dell’azienda è stato denunciato per frode nell’esercizio del commercio, dato che ha etichettato le mascherine facciali come dispositivi di protezione individuale.

Le mascherine, prodotte in Italia, sono state rinvenute all’interno di un’azienda operante nel settore dei servizi, con attività comunque consentita, che alla fine del mese di marzo, in piena emergenza Covid-19, aveva deciso di integrare il proprio business nel comparto manifatturiero, per la realizzazione di indumenti da lavoro, comunicando alla locale Camera di Commercio lo svolgimento della nuova attività, con relativo codice Ateco.

Analizzando i documenti di acquisto e di vendita, i finanzieri hanno scoperto che l’impresa aveva già avviato lo scorso 21 aprile la commercializzazione all’ingrosso dei prodotti in questione, con la cessione di oltre 17mila mascherine ad imprese clienti con sede, non solo in Emilia-Romagna e, in particolare, nelle province di Bologna e Ferrara, ma anche fuori regione, a Cuneo.

La differenza tra le due categorie di mascherine facciali è a dir poco netta, in termini di livello di protezione assicurato al soggetto che le indossa. Infatti, per le mascherine classificate come D.P.I., il Regolamento comunitario n.2016/425/UE stabilisce inderogabili procedure e requisiti essenziali di salute e di sicurezza, trattandosi di dispositivi di protezione delle vie respiratorie (c.d. salvavita), destinati prevalentemente al personale sanitario che entra in contatto con pazienti infetti.

Al contrario, per le cosiddette mascherine generiche – che possono essere liberamente prodotte ai sensi dell’art.16, comma 2, del decreto legge 18/2020 – deve essere indicato sul relativo imballaggio che non si tratta di un dispositivo medico né di un D.P.I.: le stesse devono essere accompagnate, inoltre, da un’avvertenza che indichi chiaramente che non garantiscono in alcun modo la protezione delle vie respiratorie di chi le indossa, avendo soltanto una funzione igienico-ambientale quando, ad esempio, sia comunque ritenuta utile la copertura di naso e bocca.

Nel caso scoperto dai finanzieri, la società ha invece avviato la commercializzazione delle mascherine, riportando sulla relativa confezione l’abusiva indicazione di D.P.I. e omettendo di interessare l’INAIL per ottenere, eventualmente, la validazione straordinaria di tali prodotti, secondo la specifica procedura dell’art. 15, comma 3, del D.L. n.18/2020: l’INAIL avrebbe così potuto verificare la rispondenza dei dispositivi in questione alle norme vigenti, prima dell’immissione in commercio.