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Coronavirus, i commercianti: “Lavoriamo in perdita, così rischiamo di chiudere”

6 maggio 2020 | 16:45
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Coronavirus, i commercianti: “Lavoriamo in perdita, così rischiamo di chiudere”
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Coronavirus, i commercianti: “Lavoriamo in perdita, così rischiamo di chiudere”
Coronavirus, i commercianti: “Lavoriamo in perdita, così rischiamo di chiudere”
Coronavirus, i commercianti: “Lavoriamo in perdita, così rischiamo di chiudere”
Coronavirus, i commercianti: “Lavoriamo in perdita, così rischiamo di chiudere”

Viaggio fra chi ha aperto i battenti lunedì scorso. Incassi in calo dal 50 all’80 per cento. Lavoratori che restano in cassa integrazione. I 600 euro del governo che servono a malapena a pagare le bollette

REGGIO EMILIA – “Abbiamo aperto per non stare a casa e vedere di nuovo i nostri clienti, ma lavoriamo in perdita”. E’ un coro unanime quello dei commercianti e degli esercenti intervistati da Reggio Sera (i baristi possono lavorare per il solo asporto, ndr) che descrivono una situazione disperata. La ripartenza c’è stata, ma è stata traumatica. Incassi in calo dal 50 all’80 per cento. Lavoratori che restano in cassa integrazione. I 600 euro del governo che servono a malapena a pagare le bollette. C’è chi dice che, se continua così, rischia di chiudere tutto. Ma vediamo cosa ci hanno detto (foto e video Giuseppe Bucaria).

Partiamo da Michela De Luca, titolare della caffetteria Virginia di via Kennedy, che dice: “Gli incassi sono un terzo di quelli che facevamo prima. Siamo in una situazione assurda. Ci sono troppe spese in confronto a quello che incassiamo e infatti lavoriamo solo io e mio marito. I dipendenti sono tutti a casa in cassa integrazione. Di solito, invece, siamo in cinque. Chiamo ogni tanto una ragazza ad ore, perché, vista la situazione, spesso non si può stare da soli. Bisogna fare entrare una persona alla volta, servirla, darle lo scontrino, mentre magari c’è anche da sanificare”.

Andiamo in centro storico alla tabaccheria Smoke di via Lazzaro Spallanzani. Dice la proprietaria: “Guardi, se va bene riesco a coprire appena le spese. Ora facciamo anche un’apertura più breve con l’orario spezzato. Questa, fra l’altro, è una zona in cui ora le scuole sono chiuse e così pure il teatro. Non c’è niente. Il fatturato è calato del 50 per cento. Pagando l’affitto, i contributi e tutto, se va bene faremo pari e forse non è neanche detto”.

Il titolare del Gran Caffè Cavour, poco più in là, aggiunge: “Lavoro non ce n’è. Non riesco nemmeno a coprire le spese. Questa mattina ho fatto in tutto dieci caffè”.

Passiamo per un attimo al settore immobiliare. In via Crispi c’è Giuseppe Iannò, con la sua omonima agenzia. Dice: “Siamo partiti questo lunedì con tanto entusiasmo visto che è un mese e mezzo che siamo fermi. L’importante è lo spirito e non guardare al danno, ma al futuro. C’è molto interesse oggi, soprattutto per le case con giardino. L’anno era partito bene con un trend in salita buono. Poi a marzo ci hanno bloccato a metà mese e aprile non abbiamo lavorato. Si parla del 70 per cento di perdite per noi. Cerchiamo di recuperare in maggio-giugno. Siamo in un mondo sconosciuto. Non sappiamo come sarà il futuro”.

Passiamo al bar della Borsa, in piazza della Vittoria. Il titolare ci dice: “Sono venuto qui per servire due clienti abituali. Per dare un servizio. Ma, se dobbiamo essere onesti, vieni a lavorare per non stare a casa. Il fatturato è l’80 per cento in meno rispetto a prima e sono anche ottimista. Io lavoro gratis, anzi purtroppo ci rimetto pure, perché il mattino, quando apro, ordino dieci paste e sei le porto a casa a mia moglie quando chiudo. Speriamo di tornare alla normalità il più presto possibile. Gli aiuti del governo? Ho avuto i 600 euro, ma ho speso 460 euro di Enel e mi sono rimasti 140 euro. Se non ci danno una mano, tra un mese salutiamo tutti per sempre”.

Al Caffè Alighieri, in via Dante Aligheri, di fianco alla questura, non si respira un’aria migliore. Dicono i due titolari: “Siamo partiti con un po’ di asporto. Stiamo lavorando per iniziare a rimetterci un po’ in moto, ma non ci stiamo nemmeno dentro con le spese. Incassiamo un quinto di quello che incassavamo prima. Sono arrivati i 600 euro di marzo, ma non ci paghiamo neanche la metà dell’affitto complessivo della casa e del bar. Il governo deve darci a una mano, se no sarà un disastro. Se non riparte il commercio è la fine. Noi siamo preoccupati per i mesi futuri e non sappiamo per quanto lavoreremo. Se continuiamo a incassare meno della metà di prima e le spese restano le stesse, è un grosso problema”.