Editoriali

Coronavirus, discriminati fedi e cittadini con il via libera alle messe

8 maggio 2020 | 09:23
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Coronavirus, discriminati fedi e cittadini con il via libera alle messe

Si è scelto di privilegiare il culto cattolico a scapito di altre religioni che, per ora, non potranno celebrare i loro riti in pubblico. E ancora. Teatri e cinema restano chiusi. In uno stato laico la fede è più importante della cultura?

REGGIO EMILIA – A partire dal 18 maggio si potranno celebrare di nuovo le messe in Italia. Per i cattolici è una buona notizia, ma lo è anche per chi, come il nostro giornale, ha sempre sostenuto che le limitazioni alle libertà costituzionali, fra queste anche il diritto di culto, fossero state eccessive in questi mesi e, soprattutto, fossero state introdotte in assenza di un passaggio parlamentare. Ce ne rallegriamo dunque, ma ora che i cattolici potranno celebrare messa si pone un’altra questione non di poco conto in questo Paese.

Cosa succederà alle altre confessioni religiose che, pure, hanno altrettanti diritti ad esercitare il loro culto? I musulmani potranno tornare a pregare nelle moschee? Gli ebrei saranno liberi di tornare a farlo nelle sinagoghe? Al momento no. Si crea, quindi, una discriminazione fra le fedi, perché dal 18 maggio chi è cattolico potrà celebrare il suo culto in pubblico e chi è musulmano ed ebreo no. Si crea inoltre una differenziazione fra cristiani, giacché i cattolici potranno tornare a celebrare la messa, ma non i protestanti e gli ortodossi. E ci siamo fermati solo alle tre grandi religioni monoteiste perché poi ci sarebbero i buddisti, gli induisti e tanti altri.

Ma allarghiamo lo sguardo ad altre libertà, ovvero a quella di circolazione e a quella economica. Perché dal 18 maggio si potrà celebrare una messa, con le debite misure di sicurezza, ma non si potrà andare a vedere un film al cinema o uno spettacolo a teatro, pure rispettando, anche in questo caso, limiti di capienza e di sicurezza? Eppure si tratta di libertà costituzionalmente garantite, come il diritto ad esercitare liberamente il proprio culto. Teatri e cinema sono attività imprenditoriali chiuse da due mesi dal governo, bloccate quindi nella loro libera attività economica e i cittadini che amano andare a teatro e al cinema sono impediti a farlo, fermati quindi nella loro libertà di movimento.

Possiamo veramente pensare che in uno stato laico la fede (solo cattolica in questo caso) sia più importante della libertà di iniziativa economica o della libertà di un individuo di fruire di attività culturali? E’ chiaro di no. Così come non possiamo pensare che solo i cattolici possano celebrare liberamente il proprio culto e non anche i fedeli di altre confessioni religiose. Si è, di fatto, creata una corsia preferenziale per i cattolici in virtù delle pressioni del Vaticano e della Cei. Sarebbe bene, dunque, che entro il 18 maggio il Parlamento intervenisse anche in questo senso evitando pericolose discriminazioni fra fedi e cittadini.

Paolo Pergolizzi