“Liberami”, una canzone per evadere dalla gabbia del Coronavirus

29 aprile 2020 | 00:31
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“Liberami”, una canzone per evadere dalla gabbia del Coronavirus

Esce oggi, su tutte le piattaforme digitali, il singolo opera del cantautore reggiano Fabio Bidinelli. “Ho un unico obiettivo, cercare di far esplodere emozioni in chi mi ascolta”

REGGIO EMILIA – Esce oggi, su tutte le piattaforme digitali, il singolo “Liberami”, opera del cantautore reggiano Fabio Bidinelli il quale dal 2012, anno in cui ha deciso di intraprendere il percorso da solista, vanta cinque dischi all’attivo. La nuova opera è un vero e proprio concentrato di sound e danza, grazie alle sfumature musicali dettate dell’artista Valerio Pellegri e dalle linee aggraziate proposte dalla ballerina Francesca Ghirelli; il tutto condito con il video clip realizzato dall’agenzia di comunicazione Webaze.

“Liberami” è un brano in cui testo e sonorità sono l’arma vincente, inoltre vuole essere sinonimo di intimità, ovvero mettere in risalto il volere di un uomo nel tentare di liberarsi da un vortice di emozioni. Ogni singola parola può essere percepita dall’ascoltatore come monito per smarcarsi da un avversario e, per un attimo, dribblare anche la pandemia che ha colpito il nostro paese. Cogliamo l’occasione per chiacchierare con il nostro autore locale.

Bidinelli, si nasce cantautori o lo si diventa?
Non credo si nasca artisti. La vita offre, sin da bambini, esempi e insegnamenti che ci formano e condizionano in tanti aspetti. Nel mio caso, ho sviluppato una dote che mi ha portato a comporre musica, ma è stato il feedback ricevuto da parte delle persone a confermarmi nel mio essere un cantautore. Spesso ho ricevuto e tuttora pervengono messaggi di ragazze e ragazzi o anche di bambini, chiaramente tramite i genitori, i quali mi raccontano di come la musica da me espressa gli abbia aiutati in particolari momenti delle loro esperienze e, al contempo, della volontà di fare proprio un mio brano. Tutto questo, inoltre, mi ha permesso di comprendere sempre più che non sono semplicemente un cantautore com’è nell’immaginario di tutti, ma vera e propria espressione di un’identità specifica.

Quando la vena creativa la spinge a scrivere un brano, trae ispirazione dalla sua vita, dai suoi sogni o da altre fonti?
Ogni canzone nasce all’insegna di una precisa ragione. Nel mio percorso professionale, ad esempio, ho affrontato temi sensibili come la fede e la malattia, condividendo anche la sofferenza per la perdita di un amico. Una cosa è da dire però, io non scrivo mai appena si verifica un evento che mi segna nel profondo, attendo sempre qualche giorno per far maturare e riordinare le idee, in modo da poter domare la rabbia o la gioia che mi pervadono nell’immediatezza, e fornire una musica che lasci all’ascolto il piacere di leggerla secondo le proprie emozioni.

Un artista si imbatte a volte, nel cosiddetto “periodo buio”. Le è mai capitato di affrontare tale situazione?
Questo mestiere è caratterizzato da un frenetico inseguirsi di alti e bassi. Personalmente cerco di concentrarmi su un percorso di continuo miglioramento, a volte riuscendovi e a volte no, senza mai sentirmi migliore o inferiore a qualcuno. Il mio percorso professionale è ben delineato e lo seguo senza mai voltarmi indietro. Ho un unico obiettivo, cercare di far esplodere emozioni in chi mi ascolta. Il numero di fans non conta, ciò che vale è l’apprezzamento che gli altri hanno di te. In questo periodo di sconforto, dettato dalla pandemia, nonostante l’assenza di un palco, grazie ai social sono comunque riuscito a raggiungere ancora più regioni e il sapere che, con la mia voce, ho conquistato nuovi amici, mi induce a affermare che qualcosa di buono l’ho fatto.

Il panorama della musica non solo italiana, si va sempre più riempiendo di giovani che tendono a confrontarsi a suon di rime, nel segno del rap. Ma si può ancora parlare di musica nel senso classico di unione di ritmo e armonia?
Sicuramente gli ultimi periodi sono stati segnati da questo genere in particolare, che può piacere o meno. Dal mio punto di vista è giusto che vi sia libertà di espressione. Grazie ai miei genitori sono cresciuto a suon di vinili dei Beatles, Rolling Stones, Queen, tanto per citarne alcuni. Sonorità che hanno influenzato la mia cifra musicale, ma non tanto da farmi rinunciare ad essere uno sperimentatore. Ascolto qualsiasi tipo di musica, ne analizzo forma e contenuto e, perché no, se mi aggrada, provo ad inserirla in un mio personale contesto. Anche del rap mi sono avvalso, pur spiazzando un po’ i miei ascoltatori abituali. Ma, provare cose nuove, è un arricchimento da cui non si può mai prescindere.

Come giudica il fenomeno dei sempre più diffusi talent show, un’utile palestra artistica o solo businnes-show?
Assolutamente un business-show. Vede, io guardo non tanto il lato musicale, bensì quello umano. Ragazzi che a diciotto/vent’anni si trovano catapultati per più mesi in tv, anche in prima serata, quando giunge il termine di quell’esperienza si fa ritorno nel mondo reale e, se non si possiede veramente qualcosa da dire, si rischia di finire direttamente dallo psicologo. Invece, nel caso in cui il talento sia presente, sono convinto che potrebbe risaltare a prescindere dalla presenza in tale contesto, evitando il pericolo di bruciarsi e divenire un mero prodotto commerciale.

Un’ultima domanda, molti artisti si definiscono con un po’ di presunzione, degli spiriti liberi. Lei crede che un musicista, legato a particolari e inevitabili meccanismi commerciali, possa veramente considerarsi libero?
Un qualsiasi giovane che si affaccia alla discografia deve, per poter emergere, scendere a qualche compromesso. E’ forse l’aspetto meno conosciuto di questa professione, ma anche un dazio che solo gli artisti affermati posso permettersi di non pagare. A loro è concesso scegliersi i brani, selezionare i collaboratori, proporre azzardi… ma solo perché possono permettersi di pagare di persona per ogni possibile fallimento. Per quanto mi riguarda, ho la fortuna di non essere così famoso sulla ribalta nazionale e mi sono ritagliato uno spazio di autonomia, libero da vincoli su quello che scrivo, arrangio e produco. Non ho neanche particolari scadenze e, con la mia musica, riesco pure a far cantare la gente sul divano di casa.