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Coronavirus, si guarda alla ‘Fase 2’: è record di guariti

8 aprile 2020 | 19:34
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Coronavirus, si guarda alla ‘Fase 2’: è record di guariti

Borrelli: “Mantenere alta la guardia’”. Sono 17.669 le vittime. Negli ultimi 10 giorni il 50% dei guariti totali

REGGIO EMILIA – Coronavirus, il punto giornaliero della Protezione civile. Sono complessivamente 95.262 i malati di coronavirus in Italia, con un incremento rispetto a martedì di 1.195. Martedì l’incremento era stato di 880. Ma bisogna considerare che oggi è stato effettuato un numero di tamponi record, olte 50.000 e l’incidenza dei positivi è solo del 7,4 per cento. Dunque un dato che conferma come il contagio si stia riducendo.

Per il quinto giorno consecutivo calano ancora i ricoveri in terapia intensiva. Sono 3.693 i pazienti nei reparti, 99 in meno rispetto a martedì. Di questi, 1.257 sono in Lombardia, in calo di 48 rispetto a martedì. Dei 95.262 malati complessivi, 28.485 sono poi ricoverati con sintomi – 233 in meno rispetto a martedì – e 63.084 sono quelli in isolamento domiciliare.

Il numero dei contagiati totali dal coronavirus in Italia – compresi morti e guariti – è di 139.422, con un incremento rispetto a martedì di 3.836.

“Aprire o pensare di aprire in questa fase è abbastanza difficile, non siamo in una diminuzione netta ma in un rallentamento della velocità”. Lo dice il vicedirettore dell’Oms Ranieri Guerra sottolineando che “c’è un serbatoio di asintomatici che continua a garantire la circolazione del virus”. Si potrebbe pensare a riaperture “per classe di lavoro, tipologia geografica e classe di età” ma sempre con “un occhio ad una diminuzione marcata di questa curva che ancora non c’è”. “Non credo che il governo italiano voglia procedere alla riapertura senza pensare a questo rischio”.

Uscire dal lockdown sarà possibile prevedendo una “riapertura a fasi” ma solo se sono garantiti dei “requisiti minimi” come, ad esempio, “la capacità di identificare con assoluta certezza entro 24-36 ore la casistica sospetta, con una presenza pervasiva sul territorio”, ha spiegato Ranieri Guerra ha risposto sulle linee guida per la Fase 2. “Bisogna riaprire per fasi: riaprire parzialmente quando ci saranno condizioni minime e poi a distanza di un paio settimane procedere con aperture successive in modo da poter contenere l’eventuale nuovo focolaio epidemico”.

La commissaria Ue Stella Kyriakides, in un colloquio telefonico, ha anticipato al ministro della Salute Roberto Speranza il documento dell’Ecdc in cui si manifesta seria preoccupazione per un eventuale allentamento delle misure restrittive nei paesi in piena emergenza Covid. “Siamo ancora nel pieno dell’emergenza, occorrono cautela e gradualità per non vanificare i grandi sacrifici fatti finora”, ha dichiarato Speranza.

E’ in corso dunque un animato il dibattito sulla Fase 2 e la riapertura delle attività, in primo luogo sulla data d’avvio e poi sulle modalità e la durata. E’ molto probabile che durerà a lungo, ha detto all’Ansa il fisico Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute della Northeastern University di Boston: “E’ un processo che vedo per i prossimi 6-8 mesi”. “La seconda fase continuerà a lungo – ha aggiunto – non possiamo immaginare una guerra vinta perché avremo altre battaglie e non dobbiamo pensare di poter tornare alla normalità piena in luglio o agosto”.

Potrebbero volerci settimane prima di allentare le misure di contenimento dell’epidemia di Covid-19 in Italia. “Ora in Italia siamo in una fase di trend positivo, ma nelle prossime settimane non correrei a rilasciare misure perché ci sono ancora molti casi. Si dovranno fornire gli strumenti per uscire dall’emergenza nel modo più sicuro: non vogliamo tornare in una fase di pre-ondata”.

A prescindere dalla durata, secondo l’infettivologo Massimo Galli dell’ospedale Sacco di Milano non si può programmare la fase 2 senza colmare l’attuale “carenza dispositivi diagnostici”, ovvero di test. “Dobbiamo interrogarci – ha detto durante il dibattito organizzato dalla pagina Facebook ‘Coronavirus – Dati e analisi scientifiche’ – sul perché l’Italia non abbia messo in piedi linee di diagnostica per passare alla fase 2 oggi prematura, ma da programmare altrimenti si rischia di spalmare la ripresa in un tempo infinito o anticipata, con il rischio di nuovi focolai”.

Interpellato sull’argomento anche il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia ha chiarito, in un’intervista radiofonica, che la data ipotizzata del 4 maggio non è da considerarsi sicura per la partenza della Fase 2. “Non c’è una data. E’ una valutazione che dovrà fare il Consiglio dei ministri e concordare attraverso la cabina di regia, che è una proposta del Pd. La Fase due è da costruire insieme fra maggioranza, opposizione, Regioni, scienziati e parti sociali. E’ l’interruttore generale che si riaccende, bisogna ripartire gradualmente anche in base al fattore di rischio dei singoli settori produttivi. Il grado di rischio determinerà i tempi”.

Il tema della riapertura sta molto a cuore anche al mondo dell’impresa. La Confindustria di Lombardia Emilia Romagna, Piemonte e Veneto hanno sottoscritto un agenda per la riapertura delle imprese e la difesa dei luoghi di lavoro e fronteggiare l’emergenza coronavirus. Se le quattro principali regioni del Nord che rappresentano il 45% del Pil italiano non riusciranno a ripartire nel “breve periodo il Paese rischia di spegnere definitivamente il proprio motore e ogni giorno che passa rappresenta un rischio in più di non riuscire più a rimetterlo in marcia”

Secondo Carlo Robiglio, presidente della Piccola Industria, (il 98% delle aziende in Confindustria), la piccola e media impresa italiana in questa situazione di blocco della produzione “non può resistere tanto” spiega all’Ansa. “Questa situazione in maggio deve trovare una soluzione, se si scavalla l’estate con un blocco di questo tipi i rischi diventano pesantissimi. A parte le attività stagionali, che non riaprirebbero mai più”.

E avverte: “Bisogna che per fine aprile inizio maggio inizi almeno la fase due per una serie di attività”. Nella trincea dei piccoli e medi imprenditori – racconta – c’è “la consapevolezza del rischio di non poter riavviare l’impresa, di non poter garantire i posti di lavoro in futuro”. Ma anche “sentirsi soli, non compresi, messi sul banco degli imputati”, molti imprenditori “lo hanno vissuto malissimo”. “E’ stata la cosa più brutta di questi giorni difficili”.