Coronavirus, perché non vengono forniti i dati dei controlli nelle aziende?
Quotidianamente siamo informati sulle sanzioni erogate ai cittadini, ma nessuno ci riferisce delle verifiche nelle 30mila ditte aperte sul nostro territorio
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REGGIO EMILIA – La fase 2 è sostanzialmente già iniziata nella nostra provincia e, probabilmente, in molti territori italiani. Come è stato scritto dal nostro giornale nel Reggiano stanno lavorando, secondo i dati che ci ha fornito la prefettura, due aziende su tre, ovvero oltre centomila persone.
Il tema quindi oggi non è solo se riaprire o meno, visto che in molti lo hanno già fatto dato che sono servizi essenziali, o fanno parte di filiere essenziali, o hanno autocertificato di avere i codici Ateco per farlo. Ma il problema vero è capire anche se in tutte queste 30mila aziende che hanno riaperto a Reggio Emilia vengono rispettate le misure di sicurezza per evitare il contagio.
Dalla prefettura dicono, in via informale, che i controlli vengono fatti e che non emergerebbero irregolarità. Tuttavia sarebbe bene che i soggetti preposti a queste verifiche iniziassero a fornire alla stampa delle statistiche e dei numeri. Quanti controlli vengono fatti settimanalmente? Quante sanzioni sono state erogate? Quali sono i casi più eclatanti di violazione?
Lo riteniamo corretto. Quotidianamente vengono forniti ai media le statistiche dei controlli eseguiti sui cittadini e le multe erogate, mentre da polizia e carabinieri ci arrivano le segnalazioni delle violazioni più clamorose. I giornali scrivono abitualmente di gente che viola la quarantena, vengono date in pasto ai media immagini di droni che riconcorrono runner nei prati e di gente multata perché è andata a comprare il giornale in edicola.
E’ molto probabile che le grandi aziende che hanno riaperto rispettino gli standard di sicurezza previsti, perché lì vigila il sindacato e difficilmente ci saranno grossi problemi. Ma siamo sicuri che in tante piccole ditte della nostra provincia tutto si svolga regolarmente? Se i controlli nelle aziende vengono fatti (e non dubitiamo che sia così), allora sarebbe giusto dare alla stampa anche questi dati.
Sarebbe paradossale e clamoroso che un lavoratore potesse stare per otto ore in condizioni non sicure nella sua azienda e poi, una volta tornato a casa, prendesse la multa perché porta il cane a fare i suoi bisogni nel parco dietro casa.
Paolo Pergolizzi