L'emergenza sanitaria |
0 - Copertina
/
Altre news
/

Coronavirus, l’eroica resistenza di una Sanità allo stremo

26 marzo 2020 | 11:03
Share0
Coronavirus, l’eroica resistenza di una Sanità allo stremo

Dal 2000 al 2016 negli ospedali dell’Emilia-Romagna i posti letto sono diminuiti di oltre 5mila unità, mentre nell’ultimo decennio al sistema sanitario nazionale sono stati sottratti 37 miliardi

REGGIO EMILIA – Tutti li chiamano eroi, ma medici e infermieri, per anni, sono stati una delle categorie più trascurate dagli investimenti pubblici. Le cifre, in Italia e nella nostra Regione, parlano chiaramente di un taglio drastico delle risorse, sotto tutti i governi, di qualsiasi colore politico. Dal 2000 al 2016 negli ospedali dell’Emilia-Romagna i posti letto sono diminuiti di oltre 5mila unità.

Passando ai dati nazionali, nell’ultimo decennio, secondo le stime della Fondazione Gimbe, al sistema sanitario nazionale sono stati sottratti 37 miliardi (25 nel solo 2010-2015), mentre è aumentata la spesa verso la sanità privata che tuttavia, a parte rari e lodevoli casi, non sembra particolarmente attiva durante questa emergenza.

La conseguenza è che i posti letto negli ultimi 40 anni sono passati da 530mila sul territorio nazionale ai 191mila del 2017. Siamo passati da 5,8 posti letto ogni mille abitanti del 1998 ai 3,6 del 2017.

Siamo andati a cercarci alcuni lanci dell’Agenzia Dire, a cui siamo abbonati, per vedere gli interventi di politici e specialisti del settore negli ultimi anni, relativamente ai tagli in questo settore ora così strategico per il nostro Paese e il risultato è sconfortante.

Nel maggio del 2019 Nino Cartabellotta, medico chirurgo presidente della fondazione Gimbe (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze), intervenuto al 75esimo Congresso Italiano di Pediatria in corso a Bologna, riportava dati drammatici. Diceva: “Dal punto di vista quantitativo i dati parlano chiaro: nel periodo 2010-2019 il Servizio Sanitario Nazionale ha perso circa 38 miliardi di denaro pubblico, di cui 25 sottratti dalle manovre finanziarie del periodo 2010-12 e i rimanenti per un definanziamento nella legislatura successiva. Senza un rilancio consistente del finanziamento pubblico non sara’ la spesa del cittadino, l’eventuale incremento dell’intermediazione assicurativa, a mantenere in piedi il sistema, che dal punto di vista squisitamente pratico non morira’ con il fragore di una valanga, ma con il lento e silenzioso scivolamento di un ghiacciaio”.

Il Ssn italiano soffriva, secondo quanto affermava Cartabellotta allora, di quattro patologie. Oltre alle sempre minori risorse finanziarie, “la seconda malattia e’ quella dei nuovi Livelli essenziali di assistenza. Sembrerebbe un paradosso ma di fatto, dal punto di vista delle potenziali offerte di prestazioni per i cittadini, ce ne sono troppe rispetto ai soldi disponibili”.

Sprechi e inefficienze sono “la patologia autoimmune”, che “erode preziose risorse a tutti i livelli, da quello politico, a quello gestionale, a quello amministrativo, a quello professionale”. E poi “c’e’ una pericolosa espansione del cosiddetto secondo pilastro, che, a nostro avviso, rischia di trasformarsi piu’ che in un pilastro di salvataggio in un pilastro di affondamento perche’, di fatto, sta favorendo in maniera eccessiva un’espansione incontrollata dell’intermediazione assicurativa e finanziaria all’interno della sanita’ pubblica”.

A fare le spese del suo progressivo definanziamento, secondo Cartabellotta, i cittadini. Saranno sempre meno “quelli coperti da adeguate tutele e si creera’ quella che viene definita sanita’ a doppio binario: una sanita’ di elevato livello di qualita’ per chi puo’ permettersela, e’ una sanita’ residuale per chi appartiene a fasce socio-economiche meno abbienti”.

Coronavirus

Torniamo alla Regione Emilia-Romagna. I soldi alle regioni, per la sanità, arrivano dal governo. Ecco il grido di dolore dell’ex assessore alla sanità Sergio Venturi, ora commissario ad acta per l’emergenza Coronavirus in Emilia-Romagna. Nel giugno del 2019 esplodeva la polemica sul Patto per la salute 2019, con le Regioni pronte al muro contro muro col Governo per scongiurare tagli (che poi non avvennero perché il patto fu siglato, ndr). A far infuriare le Regioni, durante l’incontro era stata la clausola inserita dal Governo nella bozza del Patto, che, di fatto, subordinava l’aumento previsto di due miliardi di euro del fondo al quadro economico generale.

“Excusatio non petita…- commentava allora Venturi, parlando alla ‘Dire’- se in una commissione tecnica porti una premessa di questo tipo, e’ chiaro che la riunione finisce subito. Cambiano totalmente le carte in tavola”. L’assessore ricordava che “quando il presidente Bonaccini aveva firmato l’accordo sulla Sanita’, lo aveva fatto perche’ il Governo si era preso l’impegno di incrementare la quota nel triennio. Altrimenti c’era veramente poco”. Il miliardo di euro di aumento dell’anno scorso, infatti, “e’ stato tutto assorbito per i rinnovi contrattuali. E non e’ neanche bastato – sottolineava Venturi – l’aumento di due miliardi per il 2019 e’ il minimo sindacale o la prospettiva e’ un taglio dei servizi”. Dunque, insisteva l’assessore dell’Emilia-Romagna, “l’impegno va rispettato. Altrimenti e’ inutile fare accordi e saltano tutte le relazioni”.

Nell’aprile del 2018 Forza Italia e Movimento 5 Stelle raccoglievano l’allarme lanciato dal sindacato Ugl sui livelli occupazionali e chiedevano alla Regione di intervenire. Il capogruppo forzista in Consiglio comunale a Forli’, Fabrizio Ragni, concentrava l’attenzione sulla sua provincia, dove “andranno in pensione 15 medici di base e solo sette saranno rimpiazzati”. In regione, poi, avvertiva, “tra sette anni, nel 2025, mancheranno all’appello 1.037 medici di medicina generale” e “uguale emergenza riguarda le Guardie mediche”. Insomma per ogni provincia un centinaio di medici in meno, cosi’, stigmatizza Ragni, non si potranno seguire piu’ “migliaia di pazienti”. Il consigliere mette inoltre in evidenza che “non c’e’ soltanto l’inadeguatezza dei bandi che permetterebbero l’entrata in servizio di nuovi medici di famiglia, ma anche il problema dei tagli ai posti letto”.

Nel dicembre 2017 la capogruppo del M5S in Regione, Raffaella Sensoli, sottolineava, durante uno sciopero dei medici di allora, che per la sanita’ dell’Emilia-Romagna era urgente “un cambio di rotta”, assicurando “maggiori risorse e non tagliando i servizi”. Perche’ al momento solamente “il privato sta beneficiando dello smantellamento dei servizi sanitari”. Aggiungeva la Sensoli: “E’ un grido di allarme chiaro di un intero settore e un atto di denuncia inequivocabile nei confronti della politica attuata dal Pd attraverso Governo e Regione”. Secondo Sensoli era “necessario puntare con decisione sullo sviluppo della sanita’ pubblica e per farlo l’unica strada e’ assicurare maggiori risorse e non tagliare i servizi. Di proclami e promesse del ministro Lorenzin e del presidente Bonaccini i medici non sanno piu’ cosa farsene”.

Secondo la Sensoli il sistema sanitario dell’Emilia-Romagna versava in uno “stato di assoluta emergenza. Emergenza che parte dai turni massacranti a cui il personale sanitario e’ obbligato e che finisce alla chiusura dei punti nascita. Due aspetti che derivano direttamente dalla lenta, ma costante politica di tagli che ha portato al collasso il sistema”.

In questo modo, affermava allora l’esponente M5s, “il personale e’ sempre meno numeroso e sovraccarico e i cittadini insoddisfatti”. E’ proprio da questa situazione che il privato “ci guadagna, beneficiando dello smantellamento dei servizi sanitari. Ecco perche’ serve al piu’ presto un cambio di rotta, un vero investimento sulla sanita’ pubblica che garantisca un futuro non piu’ precario al personale medico”, concludeva la Sensoli.