Appello Aemilia, in prima udienza imputato ricusa giudice

13 febbraio 2020 | 18:36
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Appello Aemilia, in prima udienza imputato ricusa giudice

La difesa di Brescia: “Incompatibile per aver già giudicato l’assistito”

REGGIO EMILIA – Volano subito scintille nell’aula bunker del carcere della Dozza di Bologna, dove stamattina e’ iniziato il processo d’appello legato all’inchiesta Aemilia, la maxi indagine che ha portato alla sbarra la ‘ndrangheta al nord. In aula sono comparsi in particolare i 24 imputati che in primo grado avevano scelto il rito abbreviato, riportando a Reggio Emilia pesanti condanne.

Il 19 febbraio sara’ invece la volta di altre 120 persone, condannate nel rito ordinario, mentre dal 20 febbraio le udienze dei due riti saranno accorpate. Intanto oggi, alla fine di quella che e’ stata un’udienza sostanzialmente tecnica, con un lungo appello e la costituzione delle parti civili – che sono 30 – l’avvocato difensore di Pasquale Brescia (che in primo grado ha riportato una condanna a 22 anni di reclusione tra rito ordinario e abbreviato) ha chiesto la ricusazione per incompatibilita’ del giudice a latere Giuditta Silvestrini.

Questo perche’, sostiene la difesa di Brescia, Silvestrini faceva parte del collegio che ad aprile dell’anno scorso ha condannato l’imprenditore di origini cutresi e il suo avvocato dell’epoca Luigi Antonio Comberiati a sei mesi di reclusione per la vicenda della lettera minacciosa inviata al sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi. Quella missiva in cui si accusava il sindaco di non aver difeso la comunita’ cutrese e lo si invitava a dimettersi, Brescia, costruttore calabrese tra quelli di maggior successo a Reggio e gestore del ristorante Antichi Sapori di Gaida considerato un locale di summit della ‘ndrangheta, l’aveva scritta in carcere a febbraio del 2016, incaricando poi il suo avvocato di recapitarla all’edizione reggiana del Resto del Carlino.

A luglio del 2017 la sentenza di primo grado aveva dichiarato assolti i due con la formula “il fatto non sussiste”, ma la Procura antimafia di Bologna aveva fatto ricorso allegando le dichiarazioni rese durante il processo Aemilia dal collaboratore di giustizia Salvatore Muto, secondo cui la lettera era parte integrante della strategia mediatica della cosca per delegittimare le istituzioni.

La sentenza di secondo grado emessa dal collegio d’appello in cui sedeva Silvestrini e’ arrivata ad aprile del 2019 ribaltando il verdetto di assoluzione e condannando Brescia e Comberiati a sei mesi di reclusione. Oggi, ricollegandosi anche al processo di primo grado, Brescia ha in sostanza contestato la circostanza- non ammessa- di essere giudicato dallo stesso giudice per i medesimi reati e ha invitato il giudice ad astenersi. La Corte d’appello si e’ riservata di dirimere la questione nell’udienza del 3 marzo.

Tra le parti civili che si sono costituite c’e’ anche la Cgil Emilia-Romagna, presente oggi in aula con il segretario Luigi Giove e il responsabile Legalita’ Mirto Bassoli, che spiega: “Abbiamo in piu’ occasioni ribadito che dove c’e’ la mafia non c’e’ sindacato. Proseguiamo anche nel processo d’appello nel percorso che abbiamo intrapreso in quello di primo grado per ribadire le ragioni del lavoro contro l’azione della consorteria che ha calpestato i diritti fondamentali dei lavoratori”.

Bassoli ricorda infatti che “nelle sentenze di primo grado e di Cassazione abbiamo ottenuto importanti riconoscimenti sul fatto che il sindacato e’ stato leso nella sua azione di proselitismo”. Dunque, conclude Bassoli “proseguiamo insieme alle altri parti civili auspicando che la sentenza di appello confermi l’esito di quella di primo grado”. Il processo continua con udienze fino all’11 giugno, due o tre a settimana (Fonte Dire).