L’imprenditore Carlo Fagioli corre per Bonaccini

15 dicembre 2019 | 10:11
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L’imprenditore Carlo Fagioli corre per Bonaccini

Il lancio della sua campagna elettorale è previsto per domani, alle 15.30 nella sede del suo comitato elettorale in via Sessi a Reggio. La sua azienda, la Snatt, fu al centro di una violenta battaglia sindacale anni fa

REGGIO EMILIA – L’imprenditore reggiano Carlo Fagioli si candida per la lista civica “Bonaccini presidente” alle regionali del 26 gennaio. E’ il secondo reggiano ad entrare a far parte di questa lista dopo la giornalista Stefania Bondavalli. Si presenterà domani, alle 15.30, nella sede del suo comitato elettorale in via Sessi a Reggio. Fagioli, 49 anni, sposato, tre figli, è figlio di Franco, che con Alessandro ha dato vita alla Fagioli Spa, azienda di ingegneria specializzata in trasporti e sollevamenti eccezionali.

Con il fratello Giovanni, Carlo è a capo anche della Snatt Logistica Spa (è presidente del consiglio di sorveglianza dell’azienda dal febbraio 2010), leader nella distribuzione di brand della moda, con sede a Caprara di Campegine e uno stabile a S. Ilario. Fagioli ha annunciato la sua discesa in campo con una pagina dedicata su Facebook in cui compare con Bonaccini: “Ho deciso di candidarmi, da civico e indipendente, perché sento forte la necessità di mettermi a disposizione di quella stessa comunità che tanto ha dato a me e la mia famiglia. Lo faccio assumendomi l’impegno di lavorare ogni giorno affinché le aspirazioni di ognuno possano essere sorrette da una reale eguaglianza nelle opportunità”.

La sua azienda, la Snatt Logistica, è stata al centro di una battaglia sindacale violentissima nel 2011 quando la Snatt tolse un appalto alla cooperativa di facchinaggio Gfe, perché quest’ultima aveva deciso, a maggioranza, di applicare il contratto nazionale di lavoro ai propri soci. Una decisione non gradita all’impresa che non voleva sobbarcarsi i costi di un contratto regolare. L’azienda creò due cooperative, Locosjob e Emilux, in cui confluirono i lavoratori della Gfe che accettarono di lavorare a paghe ribassate. Gli altri, oltre un centinaio, rimasero fuori in cassaintegrazione e intentarono una causa all’azienda (leggi qui per approfondire).