Gesù bambino, un migrante scampato al naufragio di Lampedusa

24 dicembre 2019 | 18:22
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Il presepe è stato allestito da don Daniele Simonazzi nella sua parrocchia di Pratofontana con i salvagenti autentici che arrivano dall’isola

REGGIO EMILIA – Un Gesù bambino che nasce fra gli ultimi degli ultimi, ovvero in un naufragio tra i migranti disperati che rischiano tutti i giorni la vita nel Canale di Sicilia. Don Daniele Simonazzi ha avuto l’idea, grazie anche all’impegno di una donna del luogo, la signora Pilla, di allestire un presepe fuori dall’ordinario nella sua parrocchia di Pratofontana, poco fuori da Reggio.

Dodici savalgenti, autentici, fatti arrivare apposta da Lampedusa, la sabbia, un relitto, come cielo una sorta di rete da pescatori e, al centro, due migranti che vengono dal mare e portano fra le loro mani Gesù bambino. Sullo sfondo Giuseppe e Maria, con la culla vuota, che attendono. Il messaggio è potente. I salvati che portano il Salvatore. La speranza del mondo che arriva dal mare, da un naufragio. Gesù bambino, oggi, nasce fra i profughi che tentano il tutto per tutto per arrivare in un lembo d’Europa a loro negato.

Racconta don Daniele Simonazzi a Reggio Sera: “Il presepio nasce dalla frase che il vescovo Camisasca ha pronunciato, rivolgendosi agli immigrati che vivono alle ex Reggiane: ‘Portate voi la luce di Dio a questa Europa che di Dio si è dimenticata’. Le figure centrali vengono dal mare e, insieme, reggono Gesù bambino. Sullo sfondo, ci sono Giuseppe e Maria che attendono il bambino. I testimoni sono quelli che sono arrivati e sono riusciti ad avere un giubbotto di salvataggio. Ci sono scritti sopra i nomi di persone che abbiamo conosciuto e conosciamo, perché fanno parte della nostra comunità. Ogni persona rappresenta una storia”.

Ma sui giubbotti ci sono anche frasi che si sentono pronunciare sempre meno oggi come coerenza, disponibilità coraggio, fiducia, amore, pazienza e speranza. Dice don Daniele: “Quando si getta un giubbotto si getta molto di più che un salvagente, ma si getta o si dovrebbe gettare qualcosa che appartiene o dovrebbe appartenere al nostro essere”. Ci sono anche giubbotti senza nome, come sono anonime le persone che spesso incontriamo e ignoriamo, ma che hanno bisogno.

Conclude don Simonazzi: “Poi c’è la pace con i nastri arcobaleno che scendono dal cielo, mentre la frase del vescovo è stata tradotta anche in arabo, francese, inglese e cinese perché tutti si sentano chiamati a portare la luce di Dio. Questo è il senso del presepe che dovrebbe portare a meditare e a convertirci”.