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Caso Snatt-Gfe, la lotta dei facchini indiani sottopagati

15 dicembre 2019 | 10:10
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Caso Snatt-Gfe, la lotta dei facchini indiani sottopagati

I 516 lavoratori della cooperativa, che lavoravano per la ditta di Carlo Fagioli, furono licenziati con un sms dalla coop in cui erano impiegati dopo che avevano protestatato perché lavoravano a 4 euro l’ora

REGGIO EMILIA – L’imprenditore di S. Ilario Carlo Fagioli, a capo della Snatt Logistica Spa (è presidente del consiglio di sorveglianza dell’azienda dal febbraio 2010) con il fratello Giovanni, ha deciso di candidarsi alle regionali nella lista del presidente uscente Stefano Bonaccini. Scrive anche su Facebook che lo ha fatto “assumendomi l’impegno di lavorare ogni giorno affinché le aspirazioni di ognuno possano essere sorrette da una reale eguaglianza nelle opportunità”.

E’ doveroso ricordare, tuttavia, che la sua azienda è stata al centro di una battaglia sindacale durissima nel 2011 che è necessario rievocare visto che Fagioli ha deciso di candidarsi. Tutto inizia con una sigla che forse, a molti, non dice niente: Gfe (Gruppo facchini emiliano).

La storia della Gfe inizia nel marzo del 1999 quando, appunto, si costituì la cooperativa Gfe (Gruppo facchini emiliano). Il 95 per cento del suo fatturato dipendeva da un solo committente: Snatt logistica. Ai 516 soci in maggioranza migranti la cooperativa non riconosceva il contratto nazionale di settore firmato da Cgil, Cisl e Uil.

Snatt logistica utilizzava la coop Gfe in aperto contrasto con la natura storica delle cooperative nate per tutelare i lavoratori. Le condizioni di lavoro prevedevano: massima flessibilità negli orari di lavoro, paga oraria anche inferiore ai 4 euro, nessuna tutela per malattia, infortunio e maternità e festività ridotte. Nel novembre del 2010 i soci di Gfe si mobilitarono in massa e riuscirono ad eleggere un nuovo cda rappresentativo delle loro istanze: venne adottato il contratto collettivo nazionale per il settore logistica.

La Snatt intervenne revocando l’appalto alla Gfe. La cooperativa comunicò allora, tramite sms, il licenziamento ai 516 lavoratori. L’appalto venne concesso ad altre cooperative che non adottavano il contratto nazionale. I lavoratori della Gfe avviarono un presidio permanente davanti ai cancelli di Snatt. Nel gennaio 2011 venne presentato un ricorso in tribunale da parte di 185 lavoratori che rifiutavano di essere riassorbiti dalle nuove cooperative appaltatrici di Snatt. Il 19 aprile 2011, a fronte della mancanza di risposte e dopo mesi di presidio continuo, nove lavoratori iniziarono lo sciopero della fame e della sete.

Venne convocato un tavolo di mediazione che coinvolse la Regione, la Provincia, i sindacati e la Snatt. Il 6 maggio 2011 durante la giornata di sciopero generale a Reggio Emilia i lavoratori della cooperativa guidarono il corteo. Nel giugno 2011 i delegati di Snatt non si presentarono al tavolo negoziale convocato nella sede della provincia e inizò un presidio permanente di fronte a Palazzo Allende. Il 14 luglio 2011 al tavolo negoziale si raggiunse un accordo che prevedeva la ricollocazione dei lavoratori con la collaborazione delle centrali cooperative.

Snatt si impegnava, entro la fine del 2012, ad ottenere dalle cooperative appaltatrici un percorso di allineamento alle condizioni del contratto nazionale. Nel 2015 meno di 40 lavoratori erano stati reintegrati al lavoro tramite i canali indicati nell’accordo. Le cooperative che lavoravano per conto di Snatt, sempre nello stesso anno, non avevano ancora adottato il contratto nazionale. Nel frattempo la Gfe era stata messa in liquidazione: il peso dei debiti finì per gravare sui lavoratori che nel 2010 componevano il nuovo cda e chiedevano l’adeguamento al contratto nazionale.