Impianto a biogas di Gavassa, Codeluppi: “Assurdo paragonarlo a quello di Trento”

4 novembre 2019 | 08:12
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Impianto a biogas di Gavassa, Codeluppi: “Assurdo paragonarlo a quello di Trento”

Il coordinatore dei comitati: “Il laboratorio dell’università di Piacenza ha fatto test su campioni forniti da Iren. Inoltre quel compost non viene utilizzato nella filiera del Trentingrana”

REGGIO EMILIA – “Qualcuno di Iren è andato sui giornali a dire che il compost dell’impianto di Cadino, in Trentino, è migliore del letame e che viene usato per fare il Trentingrana, ma questo non corrisponde al vero. Sono affermazioni gravi, perché sono state fornite all’opinione pubblica, ma, soprattutto, ai consiglieri comunali presenti che si sono trovati di fronte a una realtà deformata”.

Emiliano Codeluppi, coordinatore dei Comitati di Gavassa che si battono contro l’impianto a biogas che Iren vuole costruire, smentisce che il compost dell’impianto trentino venga utilizzato per concimare i campi che producono foraggio che viene poi dato alle mucche che forniscono il latte per il Trentingrana. Lo fa alla vigilia del voto che oggi il consiglio comunale dovrà esprimere sul contestato progetto e a cui assisteranno i comitati di Gavassa contrari al biogas.

Il consiglio si pronuncera sul Forsu-biometano di Gavassa, un impianto dalla capacità di 160 mila tonnellate anno di trattamento dei rifiuti organici urbani e degli sfalci, da trasformare in compost: un complesso industriale articolato in quattro biodigestori in una zona agricola strategica per la filiera del Parmigiano Reggiano, su un’area di 17 ettari e con un investimento di circa 54 milioni di euro.

Il voto è programmato ancora prima della conclusione della Conferenza di Servizi che delibera sull’autorizzazione con procedura speciale, e si riunirà per l’ultima seduta mercoledì 6 novembre a Bologna. Ma prima di affrontare la discussione sulla variante urbanistica di Gavassa, il consiglio comunale dovrà votare sulla richiesta di istruttoria pubblica avanzata con un documento firmato da più di un terzo dei consiglieri comunali.

Codeluppi, cosa pensa del fatto che, nel 2015, i campioni di Iren per testare la qualità del compost, a quanto pare, li ha forniti l’azienda stessa al laboratorio dell’università di Piacenza?
Esiste un protocollo stabilito dalla Regione sui prelievi rispetto a questo tipo di materiali. Aver scoperto che chi doveva fare le indagini non è stato lui a prelevarli, come dovrebbe essere, ma se li è trovati portati lì da chi ha interessi diretti ad ottenere determinati risultati, lascia perplessi. Diciamo che sono stati disattesi i parametri minimi di ricerca a livello metodologico.

Chi è il soggetto che ha fatto le analisi?
Il laboratorio dell’università di Piacenza il cui responsabile è stato intervistato dal Carlino. Un’intervista curiosa, perché ribadisce alcune posizioni e cioè che non ci sono studi che possano dare certezze compiute sull’argomento e che bisognerebbe farli, ma questo richiederebbe tempo. Il richiamo al principio di precauzione non è dire: non facciamo nulla. Anche in presenza di pericoli potenziali, invece, sarebbe meglio fermarsi e fare studi approfonditi. Poi decidere.

Le analisi dei campioni dimostrano che questo ammendante compostato può essere utilizzato senza problemi come concime in un’area il cui foraggio viene dato da mangiare a mucche che producono latte per il Parmigiano Reggiano?
Sì e no. Più no che sì a nostro parere. Le analisi su quei campioni non sono uno studio di settore, perché magari viene fuori un altro studio che giunge a conseguenze diverse. E’ come dire: faccio fare le analisi del sangue a uno e allora gli altri sono a posto. Non si fa così la ricerca. La nostra non è una critica al laboratorio dell’università di Piacenza. Ci mancherebbe. Però noi potremmo trovare l’opinione di un altro agronomo che, sulla vicenda dei clostridi, arriva a conclusioni diverse. Ricordiamo che i clostridi sono importanti, perché sono quelli che rischiano di far gonfiare le forme durante la stagionatura.

Il compost analizzato dal laboratorio dell’università di Piacenza, fornito da Iren, arriva dal biodigestore di Bioenergia Trentino a Cadino. Viene considerato un impianto all’avanguardia
Questi campioni vengono da Trento, ovvero dall’impianto di Cadino, gestito da una piccola società pubblica, che è più piccolo rispetto a quello che si vorrebbe fare a Gavassa. Il rifiuto organico che vi arriva, inoltre, è frutto di una raccolta completamente diversa, che ha una qualità differente rispetto a quella che facciamo a Reggio. Dal nostro punto di vista significa comparare le mele con le pere.

Quindi ci sono delle differenze rispetto a quello di Gavassa?
Tempo fa, a Cadino, è stata organizzata una visita a cui hanno partecipato diversi consiglieri comunali reggiani. Ma, ripeto, quella struttura è diversa. Gli impianti paragonabili a questo di Gavassa si contano sulle punta delle dita di una mano nel nord Italia. Per esempio ce n’è uno a Sant’Agata Bolognese che è quello più simile come dimensioni. Ma allora, se è più simile, perché siamo andati a fare le analisi sui campioni in Trentino? Andiamo là, in un impianto che è sotto una roccia, in mezzo una vallata dove scorre l’Adige, con situazioni climatiche completamente diverse e con una raccolta diversa.

E perché non ci sono andati a S. Agata?
Perché l’impianto è di Hera che è una concorrente o forse perché, in questo impianto di Hera, le cose non sono così belle e fantastiche come emergono dal Trentino rispetto alla qualità della raccolta. Per esempio dall’impianto di Sant’Agata esce uno scarto, che poi va all’inceneritore del trenta per cento, mentre da quello di Cadino in Trentino esce una percentuale di scarto che è del 7 per cento. Però sul Trentino c’è un’altra questione importante.

biodigestore

Quale?
Quando hanno portato in visita i consiglieri comunali là, la prima cosa che Iren ha sottolineato è la vicenda dei formaggi e del Parmigiano Reggiano. Iren sostiene che quel famoso ammendante, che non è compost, viene usato anche per fare il Trentingrana che ha un disciplinare di produzione ricalcato su quello del Parmigiano Reggiano. Ebbene, siamo andati a chiedere al Consorzio del Trentingrana se loro utilizzano l’ammendante come fertilizzante per i terreni su cui cresce il foraggio che danno da mangiare alle mucche e loro ci hanno detto di no. Non lo usano per motivi logistici, perché le stalle si trovano a diverse decine di chilometri e non lo usano perché la fondazione Edmund Mach, in Trentino, ha creato un progetto di filiera, finanziato dalla regione Trentino, dove hanno sviluppato una lavorazione particolare per arrivare a un letame di qualità.

Quindi non è vero che usano quel compost per concimare i terreni?
No. Qualcuno di Iren è andato sui giornali a dire che è migliore del letame e che viene usato per fare il Trentingrana, ma questo non corrisponde al vero. Sono affermazioni gravi, perché sono state fornite all’opinione pubblica, ma, soprattutto, ai consiglieri comunali presenti che si sono trovati di fronte a una realtà deformata.

Quindi, in sostanza, l’impianto di Cadino, a vostro parere, non può essere preso come esempio virtuoso a cui paragonare quello di Gavassa. O no?
L’impianto di Cadino è interessante, nonostante noi riteniamo che si debba andare verso soluzioni solo aerobiche, ma l’ammendante che esce viene utilizzato nella filiera del vino e della frutta, ma non in quella del Parmigiano Reggiano. Magari quel compost non crea problemi alla vigna o alla frutta (e comunque c’è il problema dell’accumulo di metalli pesanti nel tempo), ma invece intacca il processo di invecchiamento di questo tipo di formaggio. E poi dire che si utilizza questo ammendante per concimare i campi che producono foraggio per il Trentingrana quando questo non corrisponde al vero, significa che avevano bisogno di tranquillizzare l’opinione pubblica su un cosa su cui c’erano poche certezze.

Il Consorzio del Parmigiano Reggiano non sarà contento di queste affermazioni. Fra l’altro non si è ancora pronunciato apertamente su quell’impianto e sul compost
Aveva chiesto delucidazioni e garanzie in assenza delle quali non si sarebbe espresso. In sostanza avevano detto: se non ci fornite certi studi a riguardo voi dovete sospendere l’iter approvativo, perché questo tipo di ammendante in uscita può provocare un problema di esplosione delle forme di Parmigiano Reggiano dovuto alla concentrazione dei clostridi.