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Attacco a Londra, due morti: il killer era in libertà vigilata

30 novembre 2019 | 13:42
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Attacco a Londra, due morti: il killer era in libertà vigilata

Tre feriti in ospedale. Il killer era sorvegliato. L’uomo è stato bloccato dai passanti prima di essere neutralizzato dalla polizia ed è poi morto a seguito dei colpi ricevuti. Aveva un coltello e anche un finto giubbotto esplosivo

REGGIO EMILIA – Aveva 28 anni e si chiamava Usman Khan l’attentatore che ieri sul London Bridge ha accoltellato i passanti uccidendone due e ferendone altri tre, prima di essere a sua volta ucciso dalla polizia. Khan era stato rilasciato in libertà vigilata l’anno scorso, dopo aver scontato sei anni per reati di terrorismo.

Era stato condannato nel 2012 e rilasciato a dicembre 2018 “su licenza”, il che significa che avrebbe dovuto soddisfare determinate condizioni o sarebbe tornato in carcere. Diversi media britannici hanno riferito che indossava un braccialetto elettronico alla caviglia.

E monta oggi la polemica nel Paese sulla scarcerazione anticipata di Khan. L’uomo, residente nello Staffordshire, in Inghilterra, ma di origini pachistane, avrebbe dovuto scontare una pena di 16 anni. Ma era stato rimesso in libertà condizionata nel dicembre 2018, dopo neppure 7 anni, tanto da poter partecipare ieri a una conferenza sulla riabilitazione dei detenuti.

Intanto, secondo quanto scrive il Mail Online, uno degli eroi che ieri hanno bloccato l’assalitore e cercato di salvare la vita ad una delle vittime dell’attacco è un omicida in libertà vigilata. L’uomo è James Ford, un 42enne condannato all’ergastolo nell’aprile del 2004, con un minimo di 15 anni da scontare, per l’omicidio di Amanda Champion, una ragazza di 21 anni con difficoltà di apprendimento. Fonti del governo hanno confermato che Ford si trovava ieri sul London Bridge al momento dell’attentato. Un attacco che ha seminato sangue e terrore nel cuore di Londra a meno di due settimane dalle elezioni britanniche.

Khan è stato bloccato da alcuni passanti e freddato dalla polizia. Un’esecuzione, all’apparenza, giustificata però dal minaccioso giubbotto indossato dal killer: qualcosa che aveva tutta l’aria d’un gilet esplosivo e solo dopo i primi test gli investigatori hanno individuato come fasullo.