Omicidio Brescello 1992, Grande Aracri sotto torchio

4 ottobre 2019 | 16:30
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Omicidio Brescello 1992, Grande Aracri sotto torchio

Il boss si difende: “Ruggiero? Lo avvisai che lo volevano morto”

REGGIO EMILIA – Un boss alle strette. Cosi’ e’ apparso oggi Nicolino Grande Aracri, capo della omonima cosca della ‘ndrangheta di Cutro, imputato a Reggio Emilia per omicidio aggravato dal metodo mafioso nel processo sul delitto del 1992 a Brescello di Giuseppe Pino Ruggiero.

Incalzato per tutta la mattina dal pm Beatrice Ronchi, Grande Aracri – videocollegato dal carcere di Opera dove e’ detenuto – ha giocato le sue carte, tentando di screditare i collaboratori di giustizia che lo hanno ricollegato al fatto di sangue di 27 anni fa (Salvatore Cortese e Antonio Valerio) e i testimoni sentiti dalla Procura nelle udienze precedenti. Ma la sua deposizione si e’ risolta in poco piu’ di tre ore tra evidenti contraddizioni e spiegazioni apparse ai piu’ poco convincenti.

Ad esempio quella in cui il boss afferma che, “poiche’ a Cutro si vociferava che volessero uccidere Ruggiero (reo di voler scoprire chi gli avesse ammazzato il fratello, ndr), andando al Nord (in Germania) andai a Brescello per avvisarlo”. Tuttavia dopo che l’omicidio annunciato si verifico’, Grande Aracri non ritenne di dover partecipare al funerale della vittima.

L’imputato ha poi contestato le dichiarazioni della vedova di Ruggiero e della ex moglie del “pentito” Antonio Valerio, entrambe ascoltate nei giorni scorsi. Con riferimento a quest’ultima dice: “Non so se la devo querelare questa signora”.
Durissima la risposta del pubblico ministero che promette: “Ogni volta che lei fara’ una denuncia, ci sara’ una denuncia della Procura per calunnia, basta con questa strumentalizzazione”.

Uno stop deciso al ripetersi di situazioni come quella dell’ultima testimone ascoltata dall’accusa, secondo Grande Aracri una “menomata che non capiva nulla di quello di cui si parlava”. La quale, dopo aver appreso in aula di essere stata querelata dal boss, ha smesso di rispondere alle domande e confessato di sentirsi minacciata.

Dichiarazioni che ha riportato nuovamente anche agli agenti delle Forze dell’ordine che l’hanno scortata nel viaggio di ritorno da Reggio Emilia in Calabria e che oggi la Procura ha depositato perche’ siano messe agli atti. Al boss il pubblico ministero ha infine rinnovato l’invito a collaborare con la giustizia che, dice Ronchi, “resta sempre aperto” (Fonte Dire).