Migranti, la Mannocchi: “Libia, soldi nostri per calpestare i diritti umani”

29 ottobre 2019 | 16:01
Share0
Migranti, la Mannocchi: “Libia, soldi nostri per calpestare i diritti umani”

La giornalista freelance: “A tre giorni dal rinnovo del memorandum, il fatto che ci siano tante domande ancora pendenti, dovrebbe consigliare all’Italia una maggiore prudenza”

REGGIO EMILIA – “Il rischio è di continuare ad avallare un memorandum che utilizza soldi nostri per calpestare i diritti umani e tenere i migranti chiusi in gabbia in Libia”. Lo dice Francesca Mannocchi, giornalista freelance che si occupa in particolare di migrazioni e conflitti. La giornalista, che ha realizzato reportage in Siria, Iraq, Palestina, Libia, Libano, Egitto e Turchia, sarà questa sera alle 21 alla Biblioteca di Campagnola ospite di “Autori in prestito”, la rassegna organizzata da Arci. La reporter fa riferimento al memorandum di intesa che dovrà essere rinnovato il 2 novembre, grazie al quale l’Italia sostiene la Guardia Costiera libica e i centri di detenzione in Libia.

Cosa pensa dell’uccisione di Al Baghdadi? E’ stato trovato in una zona a pochi chilometri dal confine turco dove sono presenti i servizi segreti di Erdogan. Possibile che non sapessero dov’era?
Le cose significative di questo episodio, in effetti, sono la prossimità incredibile con il confine turco e anche il fatto che, in quella zona di Idlib, ci sono gruppi jihadisti che sono stati in competizione con l’Isis. Certamente è singolare la sovrapposizione temporale con il ritiro delle gruppe americane. Gli Usa hanno ritirato le truppe dal Rojava dando la green light ad Erdogan e, poco dopo, sono stati aiutati dagli stessi combattenti, che avevano tradito 10 giorni prima, nella cattura del loro nemico numero uno. Comunque vorrei aggiungere che la sua morte è solo una battaglia persa e non la sconfitta della guerra contro il terrorismo. Accadrà quello che è avvenuto con Bin Laden (Al Qaeda esiste ancora, ndr).

Qualcuno ha voluto vedere nella cattura di Al Baghdadi una sorta di merce di scambio. Ovvero che i turchi sapessero dov’era il “califfo” e che sia stato utilizzato come pedina in cambio del via libera ad Erdogan da parte degli Usa in Siria orientale. Cosa pensa lei?
Credo che sia in effetti una coincidenza molto curiosa. Comunque questi eventi dimostrano la definitiva vittoria in quell’area delle due forme autoritarie presenti: quella di Erdogan e la dittatura di Assad. I curdi siriani sono l’ennesima vittima sacrificata sull’altare di questa normalizzazione della guerra siriana che vede Assad confermato alla guida del paese.

Fra l’altro proprio oggi si sono scontrate forze turche con l’esercito di Assad in quella zona
Era ampiamente prevedibile. Eliminato il problema curdo si fronteggiano i due attori principali.

Passiamo alla Libia. Lei recentemente ha intervistato Abdul Rhaman Milad, detto Bija, l’ex capo della guardia costiera di Zawhia accusato di traffico di esseri umani dall’Onu. Bija è stato in Italia nel 2017 e ha detto che l’invito a partecipare all’incontro gli arrivò tramite l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, che è collegata alle Nazioni Unite. Pare che si sia incontrato anche con funzionari del governo italiano. Una situazione imbarazzante non crede?
Imbarazzante senz’altro per il governo italiano (all’epoca c’era Gentiloni, ndr). Nessuno risponde su quello che è accaduto, a parte Minniti che ha detto di non averlo mai incontrato, ma gli altri tacciono. Eppure Bija è entrato con un visto regolare dopo aver fatto un’intervista a Tripoli nella ambasciata italiana. Ci chiediamo se ci siano dei registri di questa intervista. Ha inoltre dichiarato di essere stato al ministero della Giustizia e a quello degli Interni e di avere avuto incontri con funzionari che sarebbero avvenuti dall’8 al 12 maggio 2017. Anche qui vorremmo vedere i registri

E’ una situazione imbarazzante anche per le Nazioni Unite, perché Bija è considerato un trafficante d’esseri umani da loro. Eppure l’invito a partecipare a quegli incontri gli arrivò tramite l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni che è collegata alle Nazioni Unite
Certo. Proprio per questo chiediamo di vedere i registri di quegli incontri e di sapere quali sono stati gli interlocutori di questo signore, ma al momento tutto tace. Faccio notare, fra l’altro, che l’Onu considera come trafficante di esseri umani una persona che era capo della guardia costiera di un governo sostenuto dalle Nazioni Unite. A tre giorni dal rinnovo il 2 novembre, da parte del nostro Paese, del memorandum di intesa con la Libia (grazie al quale l’Italia sostiene la Guardia Costiera libica e i centri di detenzione in Libia, ndr), il fatto che ci siano tante domande ancora pendenti dovrebbe consigliare una maggiore prudenza. Inoltre, nell’intervista, Bija ci ha detto che era stato sollevato dall’incarico, ma che oggi è stato richiamato a lavorare dalle autorità libiche (infatti nell’intervista concessa alla Mannocchi esibisce la divisa della guardia costiera, ndr). Quindi se noi nel 2017 potevano non sapere, oggi non possiamo certo dire di non sapere chi è Bija. Il rischio è di continuare ad avallare un memorandum che utilizza soldi nostri per calpestare i diritti umani e tenere i migranti chiusi in gabbia in Libia.

Lei recentemente è stata anche dentro il centro di detenzione di Trik al Sikka, in Libia. Che situazione ha trovato?
E’ peggiore di quella che c’era due anni fa, perché dal 4 aprile in quel Paese è in atto una guerra civile terribile. Complessivamente ci sono stati mille morti, di cui 150 sono vittime civili e, di questi, 50 sono migranti perché hanno bombardato un centro di detenzione a Tripoli. Senza contare le torture che subiscono in quei campi e gli episodi di schiavismo.

Passiamo allo Yemen, un conflitto dimenticato. Lei è stata là scorsa estate. Cosa ha visto?
E’ uno di quei conflitti che noi chiamiamo le guerre dimenticate. Sono stata là due settimane, embedded, con i ribelli sciiti huti. La guerra non l’ho vista, perché non sono riuscita ad arrivare al fronte, ma la fame sì. In un Paese di 28 milioni di abitanti, l’85 per cento vive solo grazie agli aiuti umanitari: sono numeri che dovrebbero allarmare chiunque. C’è stata, negli ultimi anni, la più grande epedimia di colera mai registrata al mondo che ha colpito oltre un milione di persone. Questa è anche una guerra economica, perché là stanno affamando una popolazione intera.