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Siria, così i bambini mutilati ritrovano il sorriso

9 settembre 2019 | 16:19
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Grazie alla solidarietà dei reggiani e all’associazione Amar è iniziata, all’università di Damasco, la costruzione di arti artificiali. In vista un gemellaggio fra Reggio e Aleppo

REGGIO EMILIA – Ahmed, 10 anni, senza una mano, sorride mentre prende con la sua protesi un bicchiere d’acqua e lo beve. Fatima, 3 anni, senza un piede, finalmente riesce a sgambettare con il suo nuovo arto e il suo volto si illumina d’immenso. I nomi sono di fantasia, ma il lieto fine è reale: grazie agli arti artificiali questi due bambini, mutilati da una guerra terribile, che è iniziata nel 2011 e in alcune zone del Paese ancora non è finita, potranno tornare a fare una vita quasi normale.

Tutto questo grazie alla generosità dei reggiani e all’associazione Amar Costruire Solidarietà guidata dal medico siriano in pensione Jean Bassmaji. Nei mesi scorsi sono stati raccolti nel nostro territorio circa 32mila euro, 20mila dei quali sono serviti per acquistare un computer e il materiale di consumo per un anno interno. Le protesi saranno fabbricate su misura utilizzando scanner e stampanti 3D donati da un’azienda, la Wasp di Massa Lombarda.

Dopo quasi otto anni di conflitto, in Siria si stima che oltre 200mila persone siano rimaste mutilate, di cui 50mila agli arti superiori: in molti casi si tratta di bambini. La consulenza sulle attrezzature verrà garantita dagli architetti della start up di Mantova Arche 3d, che forniranno anche assistenza e formazione a distanza agli addetti del laboratorio.

Racconta a Reggio Sera Jean Bassmaji: “Siamo partiti il 15 luglio io e Carlo Masgoutiere, architetto di Mantova responsabile della Start up Arche 3D che ci assiste da due anni, gratuitamente, per portare avanti questo progetto. Lui ha montato tutto il materiale e ha fatto il corso di formazione, per produrre il primo arto, a dieci splendidi giovani siriani studenti e laureati del laboratorio di Bioingegneria della capitale. A Damasco c’erano già tutte le attrezzature che avevamo spedito dall’Italia. Ci hanno dato due grandi locali: uno che è stato utilizzato per installare le attrezzature e l’altro che lo useremo entro l’anno come centro di ricerche per la mano mobile”.

Il laboratorio, a pieno regime, sarà in grado di produrre 500 arti l’anno per quel che riguarda la parte superiore del corpo. Una volta che gli studenti siriani si saranno impossessati della tecnica, inizieranno a produrre gli arti inferiori. Al progetto lavoreranno sei studenti: due a tempo pieno e quattro a part time che saranno pagati 100 euro al mese a partire da settembre (una cifra più che rispettabile in Siria, ndr).

Chiediamo a Jean come ha trovato la Siria. Risponde: “Non ci andavo dal 2016: l’unica cosa positiva è che non si spara più, ma la distruzione che ho visto è drammatica. Aleppo mi ha lasciato sconvolto: ci sono 500mila abitanti oggi, mentre erano un mlione e mezzo prima della guerra. Molti sono morti e tanti sono emigrati. Ci sono 200mila mutilati, di cui 50mila agli arti superiori, fra cui molti bambini. Sono colpiti da piccole bombe e mine che sono state lasciate in giro. Molte, fra l’altro, sono di fabbriche italiane che le hanno vendute all’Arabia Saudita”.

Quello di Amar è un progetto che è stato fortemente sostenuto dalla comunità reggiana, ma non solo. Dice Jean: “Molti reggiani ci hanno sostenuto, ma aiuti sono arrivati anche da Verona, Mantova, Chieti e Napoli. Le istituzioni reggiane, ovviamente, sono quelle che hanno giocato un grande ruolo con Boorea, la Cgil i circoli Arci e i centri osciali. Vorrei poi ringraziare Serena Foracchia (l’ex assessore alla città internazionale, ndr) con cui siamo in accordo per creare un gemellaggio fra Reggio e Aleppo. Vorremmo costruire là una scuola materna ispirata al modello reggiano”.

Non sarà facile. A quanto pare ci vorrà circa un anno per la burocrazia e per il fatto che la Siria è un paese in cui le tensioni e la guerra non sono ancora del tutto finite, oltre che sottoposto ad embargo da parte di Usa ed Ue. Ma Jean non molla: “Chiederemo al sindaco Vecchi di mandare una lettera. Io ho attivato in Siria tutte le strade, anche con il ministero degli esteri. Fra quattro mesi torneremo là insieme al proprietario della Wasp, perché lui vorrebbe assistere alla organizzazione di un centro di ricerche per la mano mobile: sono disposti a dare sei borse di studio per ingegneri laureati e studenti per portare avanti le ricerche, per un anno, per costruire una mano mobile. La Wasp vuole finanziare il progetto e fornire tutte le attrezzature, compresa la copertura estetica della mano in silicone”.