Prostata: ipertrofia o tumore?

9 maggio 2019 | 18:50
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Prostata: ipertrofia o tumore?

Conoscenza e prevenzione le armi vincenti. A Salus Hospital di Reggio Emilia l’IPB si cura con il laser al Tullio

REGGIO EMILIA – Secondo i dati Airc (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), il tumore della prostata è uno dei tumori più diffusi nella popolazione maschile e rappresenta circa il 20% di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo. I principali fattori di rischio per il tumore della prostata sono età e familiarità: le possibilità di ammalarsi sono molto scarse prima dei 40 anni, ma aumentano sensibilmente dopo i 50 anni e il rischio di ammalarsi è pari al doppio per chi ha un parente consanguineo con la malattia rispetto a chi non ha nessun caso in famiglia.

“Bisogna fare chiarezza e distinguere tra tumore prostatico, che è una neoplasia maligna, e ipertrofia prostatica benigna (IPB), un ingrossamento benigno della prostata che fa aumentare le dimensioni dell’organo, ma senza diffondersi ad altri organi – spiega il dott. Giorgio Galizia, specialista in Urologia a Salus Hospital di Reggio Emilia. – IPB e tumore della prostata sono due malattie diverse e non correlate, che possono interessare, anche insieme, lo stesso organo. La sintomatologia è quasi sempre legata all’IPB, mentre il tumore resta silente, il loro sviluppo è riscontrato comunemente nell’uomo sopra i 40 anni”.

Il tumore della prostata si manifesta quando alcune cellule all’interno della ghiandola prostatica si riproducono a una velocità superiore rispetto al normale, provocando così una forma tumorale. Se trascurato, le cellule che causano questa patologia possono diffondersi invadendo le parti distanti del corpo, in particolare ossa e linfonodi, e generare altre forme tumorali.

Prostata

L’ipertrofia prostatica benigna invece, è una patologia caratterizzata da un aumento di volume (ipertrofia), non canceroso, della ghiandola prostatica, causata da una crescita anomala del numero delle cellule prostatiche. È però da considerarsi benigna poiché interessa solo la zona centrale dell’organo, limitandosi a comprimerne i tessuti senza infiltrarsi al loro interno. L’IPB presenta campanelli di allarme come flusso urinario ridotto e intermittente, difficoltà a iniziare la minzione, bruciore e un aumento del numero delle minzioni, soprattutto di notte.

“Quando e se compaiono disturbi è utile eseguire un approfondimento – specifica il dott. Galizia. – Per una diagnosi precisa, oltre all’esplorazione rettale, funzionale a determinare l’ingrossamento della ghiandola, è possibile un’analisi approfondita del volume dell’organo tramite ecografia sovrapubica e transrettale. In questo modo si valutano anche la presenza di residui di urina e l’incremento dello spessore delle pareti vescicali che possono creare complicazioni. L’esame di uroflussimetria è l’esame necessario per comprendere se la patologia è tale da ostruire e incidere sulla modalità minzionale”.

Cogliere la differenza tra i segnali di un ingrossamento della prostata e le avvisaglie di un ben più serio tumore alla prostata è fondamentale. Non esiste una prevenzione primaria specifica per l’IPB, anche se sono note alcune utili regole comportamentali che si possono seguire facilmente nella vita di tutti i giorni, quali aumentare il consumo di frutta, verdura, cereali integrali e ridurre quello di carne rossa, soprattutto se grassa o troppo cotta e di cibi ricchi di grassi saturi.

Prostata

Il trattamento dell’IPB si avvale di vari strumenti terapeutici, con lo scopo di migliorare la sintomatologia del paziente, la sua qualità di vita ed evitare le complicanze a lungo termine, quali ritenzione urinaria, calcolosi vescicale e insufficienza renale cronica. Il primo approccio terapeutico è di solito di tipo farmacologico, una terapia a lungo termine che a seconda dei casi, può essere sufficiente a curare i sintomi del paziente, ma che comunque non cura la prostata, ovvero non riduce il volume prostatico ai valori di origine per cui, molto spesso, per riottenere una buona funzione vescicale è necessario ricorrere alla chirurgia.

“L’ipertrofia prostatica benigna  trova nella chirurgia con il laser un’opzione di trattamento chirurgico di grande validità. La prostatectomia transuretrale mediante Laser al Tullio, in particolare, è un intervento che permette di eliminare la porzione di ghiandola che occlude l’uretra, riducendo di molto i disturbi post operatori rispetto alla tecnica classica. Questo si riflette in un aumento della forza del getto urinario e riduzione del residuo postminzionale e in un netto miglioramento dei disturbi. Inoltre, questa tecnica permette di effettuare l’esame istologico sulla parte di prostata asportata, aspetto molto importante per poter confermare la diagnosi di ipertrofia benigna ed escludere patologie neoplastiche”, conclude il dott. Galizia.