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“Pilomat, i cittadini non sono bancomat con le gambe”

16 febbraio 2019 | 10:40
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“Pilomat, i cittadini non sono bancomat con le gambe”

Una lettrice: “Una città pensata per le famiglie e le nuove generazioni è pedonale: o lo si accetta o lo si subisce, ma sarà inevitabile. Le vecchie abitudini sono già superate”

REGGIO EMILIAGentile direttore e cari lettori, ho 35 e sono una abitante del centro storico da sempre. E’ qui che, assieme a mio marito, ho scelto di crescere i miei bambini e ne vado orgogliosa. Detto questo, a maggior ragione non posso negare i problemi che questa zona sta vivendo, problemi che si stanno trascinando da quando ho ricordi, nell’infanzia fino a oggi: una città che merita di più, anche se sta maturando un miglioramento, a mio avviso, che va riconosciuto e coltivato.

Ho letto sul Resto del Carlino la polemica da parte di alcuni commercianti – non tutti, giacché conosco chi invece pensa il contrario – sulla pedonalizzazione (parziale, siamo onesti) di via Emilia San Pietro-via Calderini: a impressionarmi è stato soprattutto l’intervento della signora Donatella Prampolini , presidente di Confcommercio, che ho ritenuto esagerato e fuori dalla realtà. La Prampolini ha sostenuto che “la lotta alle automobili è superata” in quanto “fanno parte dell’età moderna” e contemporaneamente il centro è vuoto e la situazione peggiorerà per via del blocco “visto come ulteriore ostacolo” – da aggiungere a non si sa quali altri.

Ecco, un pensiero di questo tipo appare più salto logico che ragionevole: il centro storico è solitamente vuoto, questa è verità oggettiva; il centro si svuota ulteriormente per via del blocco stradale, ipotesi opinabile che intendo smentire; l’automobile è un problema superato: ecco invece una totale falsità, se riferita alle città di domani. Il trasporto privato è un problema superato, certo, ma perché si allontana sempre di più dall’idea occidentale di vivibilità dei centri storici: si veda il progetto di Sala su Milano, ma anche Londra con le aree pedonali programmate dall’attuale sindaco, e poi Stoccolma e Vienna che ambiscono a quartieri car free, e addirittura Los Angeles e New York stanno aumentando zone pedonali con aggiunta di aree verdi.

Intensificazione del trasporto pubblico, piste ciclabili, ma soprattutto possibilità di uscire a piedi: le automobili oggi sono viste come un problema che le nuove generazioni stanno già archiviando, ritenendole scomode e superate. Torniamo a Reggio Emilia, in cui la città storica è stata costruita non certo per dare spazio alle automobili; le sue vie strette, bellissime, non sono adatte a uno sfruttamento fuori controllo delle vetture moderne, per non parlare dei veicoli commerciali, ingombranti e pericolosi, nonché inquinanti.

Non è difficile da capire: se persino le città americane e nordeuropee, più moderne nella loro struttura architettonica, stanno cercando alternative, a maggior ragione i piccoli centri italiani hanno il dovere morale di rispettare il tesoro delle proprie strade storiche e custodirle come unico vero punto di forza per la nostra società. Ed eccoci alle altre due affermazioni della Prampolini: il centro è moribondo e la pedonalizzazione sarà il colpo di grazia: falso. Il centro è morto perché disabitato; disabitato perché fatiscente; fatiscente perché utilizzato per anni dai commercianti e gli stessi cittadini come luogo-vetrina, centro commerciale a cielo aperto nel quale ritrovarsi sporadicamente al solo fine di acquistare, mentre la vita di tutti i giorni si era trasferita nei quartieri-dormitorio di periferia; moda italiana di ispirazione anglosassone che ha caratterizzato gli anni novanta e distrutto le realtà locali per anni, svuotato le città e cementificato la campagna senza criterio.

Ora eccoci ai commercianti: l’era del cliente-bancomat che esce dal lavoro e si fionda in centro con la sua auto, parcheggia davanti alla vetrina e spende tanti soldi, questa epoca non esiste più; e con la crisi è terminata da un pezzo. Da questo punto di vista è il negozio a essere superato, perché Internet vince in fatto di comodità, praticità, velocità: possiamo ordinare di tutto senza bisogno di entrare nella tanto adorata automobile, senza nemmeno uscire di casa, ma restando a letto in pigiama, che è certo più comodo se l’alternativa è sostare quaranta minuti di coda in circonvallazione, respirare di tutto, pregare per un parcheggio, inciampare per via delle buche, e magari non trovare quel che si cerca.

E’ il mercato, bellezza: Amazon permette di sfruttare ogni pigrizia, esattamente come i negozianti del centro hanno fatto in passato grazie al via libera alle auto; però lo fa meglio, ed è qui che il mercato chiede di adattarsi ai mutamenti delle abitudini nelle nuove generazioni che, si capisce, erediteranno la Reggio di domani. Quindi, un centro storico stuprato dalla smania dello shopping non è la risposta. Esiste una soluzione: il centro torna a vivere se torna abitato, se si ricrea una comunità di abitanti che frequentano le vie, le popolano, le vivono.

Un centro storico pensato per le famiglie, per i bambini, quei pochi che ci sono, e che sia da stimolo a farne degli altri. Una città di bambini è una città ricca di speranza. Faccio un esempio: tempo fa via Emilia San Pietro era chiusa al traffico per una manifestazione e in mezzo alla strada tanti bambini giocavano con le biciclette, ed erano felici; una città adatta ai bambini concede loro lo spazio per giocare sicuri nelle strade che sono loro, anche a scapito delle automobili di cui si può fare a meno in un’area tanto ristretta come il centro di Reggio.

E poi mezzi pubblici all’avanguardia, tram e metropolitane di superficie, che colleghino la provincia alla città. Così si ricrea un abitato che gode davvero dei servizi, dei negozi e delle case. In una città pedonale ma abitata i commercianti godrebbero di una clientela fissa libera di camminare, guardare le vetrine, creare abitudini e legami. Ci guadagneremmo tutti, ma serve un via coraggioso, serietà e fiducia nelle capacità di ognuno.