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Mescolini: “Il pizzo non c’è a Reggio e non comincia ora”

11 febbraio 2019 | 19:20
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Mescolini: “Il pizzo non c’è a Reggio e non comincia ora”

Il dirigente della Polizia Battisti evidenzia che “e’ emersa una modalita’ nuova nel tipo di estorsione. Il tenente colonnello Dimichino: “Indagine lampo portata a termine grazie alla conoscenza e alla presenza sul territorio delle Forze dell’ordine”

REGGIO EMILIA – “Il pizzo a Reggio Emilia non c’e’ e non comincia questa settimana”. Lo assicura (anche se “sul futuro non si puo’ scommettere”) il procuratore capo Marco Mescolini commentando l’arresto durante il fine settimana dei tre presunti responsabili dei gesti intimidatori a fini estorsivi, contro quattro pizzerie tra Cadelbosco Sopra e la zona est della citta’ (La Perla, Piedigrotta 3, Piedigrotta 2 e Paprika).

Si tratta dei fratelli Mario, Michele e Cosimo Amato, figli di Francesco Amato, condannato per mafia nel processo Aemilia contro la ‘ndrangheta, che il 5 novembre del 2018 tenne per circa 10 in ostaggio cinque persone all’interno dell’ufficio postale di Pieve a Reggio Emilia, prima di essere arrestato dai Carabinieri. I tre giovani – rispettivamente 20, 29 e 22 anni – sono accusati di tentata estorsione aggravata e continuata per aver recapitato agli esercenti biglietti con minacce, accompagnati in due occasioni da spari contro le vetrate dei locali.

L’udienza di convalida del fermo si terra’ domani. Sugli Amato pendono pero’ pesanti indizi di colpevolezza. In particolare, le indagini congiunte di Polizia e Carabinieri (il capo della squadra Mobile di Reggio Guglielmo Battisti parla di “squadra Stato”) hanno portato al ritrovamento e al sequestro dell’auto e della moto utilizzati per raggiungere le due pizzerie colpite, della macchina da scrivere probabilmente utilizzata per scrivere i “pizzini” minacciosi attaccati ai muri dei locali, del blocco di carta da cui sarebbero stati presi i fogli e di un giubbotto antiproiettile. Manca invece all’appello l’arma da cui sono stati esplosi i colpi.

Quella conclusa arrivando agli Amato e’ stata “un’indagine lampo portata avanti grazie alle tecnologie, ma soprattutto grazie alla conoscenza e alla presenza sul territorio delle Forze dell’ordine”, spiegano il tenente colonnello Alessandro Dimichino, comandante del Reparto operativo dei carabinieri di Reggio, e il maresciallo capo dei Carabinieri di Cadelbosco Sopra Pietro Crastich, che dopo diversi appostamenti notturni ha eseguito fisicamente gli arresti.

“Non siamo in presenza di un ‘sistema pizzo'”, ribadisce il dirigente della Polizia Battisti, pur evidenziando che “e’ emersa una modalita’ nuova nel tipo di estorsione”, continuata nel tempo. In un caso infatti la richiesta era di mille euro al mese, in un altro “una tantum”. Gli investigatori sottolineano infine: “L’evento estorsivo e’ stato in alcuni casi scoperto prima da noi che dalle vittime, che sono state tutt’altro che reticenti”.