Lo sfogo

Montanari contro Di Maio e Toninelli: “Avete calato le braghe, come piddiini qualunque”

14 dicembre 2018 | 17:20
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Montanari contro Di Maio e Toninelli: “Avete calato le braghe, come piddiini qualunque”

Marco Montanari, candidato al Senato nel collegio uninominale con il M5S e non eletto: “Votare M5S il 4 marzo scorso significava dire “Fuori i barbari!”, non aprire loro le porte. Significava cacciare i calabraghisti dal governo e dalla burocrazia, e di certo non calare a nostra volta le braghe”

REGGIO EMILIAIo non mi sono candidato e non ho votato per il M5S perché Di Maio e Toninelli facessero i ministri a prescindere. E sono pronto a scommettere che ci sono altri milioni di persone che la pensano allo stesso modo. Anzi, gli unici che si sono candidati e hanno votato il M5S perché Di Maio e Toninelli – e altri/e… – diventassero ministri o sottosegretari a prescindere, sono solo ed esclusivamente i diretti interessati.

No. Noi ci eravamo candidati e abbiamo votato il M5S per passare dalla Seconda alla Terza Repubblica. Per dare al nostro paese il pieno impiego. Per affrancarci dai ricatti dello spread. Per impedire l’incubo degli Stati Uniti d’EUropa. Per lottare contro l’arrogante stupidità delle classi dirigenti tedesche, nemiche giurate dell’Italia e del nostro benessere.

Mentre la Repubblica italiana subisce un’umiliazione e un trattamento che hanno un paragone solo con la cura-Guernica che la Merkel ha imposto alla Grecia di Alexis Tsipras, Luigi Di Maio al Fatto e Danilo Toninelli in conferenza-stampa, parlavano. Il primo per dare qualche ragguaglio su manovra e RdC, il secondo per illustrare le conclusioni dell’analisi costi-benefici del Terzo Valico. Evidentemente credevano di rivolgersi a poveri idioti. Ma andiamo per ordine.

Come facilmente vaticinato, la ritirata decisa dal governo dopo l’avvio della procedura d’infrazione si è tramutata in rotta disordinata. Non solo il nostro paese, in sede di Consiglio EUropeo, vota ormai ogni cosa che Berlino desideri – dalle nuove regole bancarie anti-italiane, al prolungamento delle sanzioni anti-russe – ma i nostri rappresentanti vengono trattenuti a Bruxelles per riscrivere, sotto dettatura tedesca, la manovra.

E questo è un déjà vu. Il 14 marzo 1939 i tedeschi invitarono e “trattennero” il premier cecoslovacco Emil Hácha a Berlino, e lo informarono che, se non avesse cooperato all’occupazione del suo paese, Praga sarebbe stata rasa al suolo dalla Luftwaffe. Hácha ebbe un infarto in quella drammatica notte, poi cedette e la Cecoslovacchia si arrese ai tedeschi senza combattere. Dopo 24’ore il paese cessava di esistere e diventava un protettorato tedesco. Sostituite Conte a Hácha, Bruxelles a Berlino, lo spread alla Luftwaffe e l’Italia alla Cecoslovacchia – e tenete conto, marxianamente, che la storia prima è tragedia, poi farsa – e avrete il quadro vichiano di quello che ci sta capitando in queste drammatiche ore, nella minimizzazione più scandalosa dei media.

Di Maio, nell’intervista impudente concessa al Fatto ci spiega alcune cose: avevamo detto 2,4% perché all’epoca sembrava che fosse necessaria quella cifra. Poi – oltre un paio di mesetti, e un miliardino di euro gettati nelle cloache dopo – arriva la nota tecnica, dice Di Maio, e ci siamo accorti che possiamo “fare tutto” anche col 2,04%. Un paio di domande dopo si autosmentisce: il 2,4% era tattica negoziale, “se fossimo partiti dal 2 adesso saremmo all’1,5%”. Quale delle due menzogne preferisci che ci beviamo per prima, Luigi?

Avete calato le braghe, come piddiini qualunque, perché le Commissione, al contrario di quel che vi eravate illusi, ha fatto partire la procedura d’infrazione, gettandovi nel panico e nella confusione. Ecco tutto. Sul Terzo Valico, invece, il ministro Toninelli dice che l’analisi costi-benefici indica un maggior costo di 1,5 miliardi. Bene, allora non lo facciamo, diranno gli ingenui. No, dice Toninelli. Lo facciamo perché… Indovinato: le “mitiche” penali! Quelle che hanno “impedito” di svendere l’ILVA ai franco-indiani di Arcelor/Mittal, di bloccare l’inutile TAP, di nazionalizzare le Autostrade, di proibire i videopoker ecc ecc. E non perché si è deciso di calare le braghe di fronte ai toni eversivi di Confindustria e madamine a base di “la nostra pazienza sta finendo”. No, no, no. Danilo, ci hai presi per cretini, vero?

Quanta sfrontata furbizia, quanto untuoso paternalismo, quanta patente disonestà intellettuale! Questi marchi di fabbrica del PD, ora, sono diventati la cifra del discorso politico degli attuali dirigenti del M5S. Sono soddisfazioni.

Votare M5S il 4 marzo scorso significava dire “Fuori i barbari!”, non aprire loro le porte. Significava cacciare i calabraghisti dal governo e dalla burocrazia, e di certo non calare a nostra volta le braghe. Votare M5S significava fare gli interessi dei lavoratori e delle piccole e medie imprese, e riportare lo Stato ad avere un ruolo economico strutturale, e certamente non piegarsi a Confindustria o avviare il più massiccio piano di privatizzazioni dagli anni ’90 a questa parte. Votare M5S significava ridare al nostro paese una politica estera autonoma, vantaggiosa e neutralista, che ci riportasse, sulle orme di Enrico Mattei, a essere ponte tra nord e sud, tra est e ovest, tra paesi ricchi e paesi poveri.

E non confermare il disastroso asse con Netanyahu, giustificare le bombe umanitarie sulla Siria, tenersi il MUOS, lasciare i soldati in Afghanistan o assecondare la russofobia della Merkel. Votare M5S, infine, significava contrastare, dopo una notte buia come la pece durata 25 anni, lo “sfruttamento dell’uomo sull’uomo”. Non significava esortare i futuri, ipotetici percettori del RdC a “rendersi appetibili per le imprese”, o consegnare alle imprese il RdC, trasformandolo nell’ennesimo sussidio ai ricchi. “Combattere lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo”. Chi ha qualche nozione di storia, sa che sono state queste le esatte parole usate da Aldo Moro per descrivere il suo impegno in politica, mentre era rinchiuso nella prigione di Stato, 40’anni fa. Perché farlo, banalmente, è il cardine dell’applicazione della Costituzione italiana del 1948. Ed è per questo, che avevamo votato il M5S.

Noi, votando M5S, volevamo l’Italia di Enrico Mattei, di Pasquale Saraceno, di Pier Paolo Pasolini, di Federico Caffè. Questi dirigenti, invece, ci hanno dato l’Italia di Giacinto Della Cananea. Ci hanno dato l’Italia di Emil Hácha. Berlino non si illuda: come i cechi non si sono accodati alla viltà dei loro dirigenti nel 1939, così i patrioti italiani non si accoderanno allo spettacolo indegno cui assistiamo in queste ore. Mai.