Tribunale blindato, il giudice Caruso sotto scorta

27 novembre 2018 | 17:34
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Tribunale blindato, il giudice Caruso sotto scorta

Il Comitato provinciale ordine e sicurezza pubblica ha disposto continui pattugliamenti intorno al tribunale e ha proibito la sosta lungo via Falcone e via Borsellino

REGGIO EMILIA – Cresce il dispositivo di sicurezza intorno al tribunale con un innalzamento della vigilanza, pianificato dal questore, di pattuglie della polizia e dei carabinieri. Lo ha disposto oggi il Comitato provinciale ordine e sicurezza pubblica. Si legge nella nota: “Per rendere più incisiva l’attività è stata avanzata richiesta agli uffici comunali competenti di inibire la sosta lungo via Borsellino e via Giovanni Falcone”. Di fatto, quindi, ora non si potrà più parcheggiare nel perimetro intorno al tribunale.

Anche la prima fila degli stalli che dà sull’ingresso principale di via Paterlini sarà riservata alle forze dell’ordine. Anche il comando della polizia Municipale sarà interessato dalla vigilanza della zona e assicurerà i servizi di competenza.

La misura è stata presa insieme a una forma di protezione, di fatto una scorta, che è stata attivata per Francesco Maria Caruso il presidente del collegio giudicante che, insieme a Cristina Beretti e Andrea Rat, ha pronunciato la sentenza di primo grado del processo Aemilia condannando 125 persone nel più grande processo per mafia del Nord-Italia. La misura è stata disposta dalla prefettura della città di residenza del giudice Caruso.

Fino ad ora lui e Rat non avevano alcuna forma di protezione. La Beretti, invece, ha una scorta in quanto è stata oggetto di intimidazioni nell’inchiesta che vede indagati don Ercole Artoni e il commerciante Aldo Ruffini.

I giudici del processo Aemilia

aemilia

Il fatto che i giudici del processo Aemilia non avessero una forma di protezione ha destato preoccupazione soprattutto dopo alcuni recenti episodi, letti in ambienti giudiziari come un crescendo di tensione, in seguito alla sentenza: tra questi, il gesto di Francesco Amato, imputato condannato che il 5 novembre è rimasto asserragliato con ostaggi in un ufficio postale, e l’intimidazione ricevuta dall’avvocato Rosario Di Legami, custode di molti dei beni sequestrati.

Sulla vicenda era intervenuto recentemente Daniele Borghi, referente di Libera in Emilia-Romagna dicendo che si tratta di episodi da decifrare, ma “in generale, a persone che hanno responsabilità di questo tipo (come i giudici, ndr) va garantita la massima sicurezza”. Per Borghi “sono segnali preoccupanti: 1.200 anni di carcere sono tanti, è abbastanza naturale che ci sia tensione”.

Le misure prese dal comitato, a quanto si apprende, sarebbero preventive e di precauzione e non sarebbero dovute ad ulteriori minacce o eventi, a parte quelli comunque inquietanti appena citati, intervenuti dopo la sentenza.