Mafie, Gratteri: “Allontanare i bambini da genitori ‘ndranghetisti”

29 novembre 2018 | 14:24
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Mafie, Gratteri: “Allontanare i bambini da genitori ‘ndranghetisti”

Il procuratore capo di Catanzaro: “Altrimenti da grandi seguiranno la stessa strada”.

REGGIO EMILIA – “Il 99% dei bambini nati nelle famiglie di ‘ndrangheta diventera’ a sua volta un ‘ndranghetista. Ecco perche’ si sta cercando di togliere la patria potesta’ ai genitori conclamati mafiosi e mandare i minori lontano dalle famiglie”. Lo spiega il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, intervenuto oggi a Reggio Emilia all’ultimo appuntamento dell’edizione 2018 del festival della legalita’ “Noi contro le mafie” promosso dalla Provincia. Il procuratore cita il caso “di una ragazzina figlia di un latitante che era stata concepita durante la latitanza e che a 13 anni non aveva ancora visto il padre. Si puo’ capire che esempio il genitore avesse dato a lei e agli altri figli. Per questo e’ stata allontanata”.

“Aemilia? Solo una buonissima partenza. Servono altre operazioni”
Il processo Aemilia contro la ‘ndrangheta, celebrato in primo grado a Reggio Emilia e concluso il 31 ottobre con 118 condanne su 148 imputati “non e’ la la soluzione di un problema, ma un buonissimo punto di partenza. Bisogna avere il tempo e la possibilita’, la tenacia e gli uomini per fare tante operazioni Aemilia”. Ne e’ convinto il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, “ospite” questa mattina a Reggio Emilia del festival della legalita’ promosso nelle scuole dalla Provincia reggiana “Noi contro le mafie”.

“E’ stato un processo importante perche’ ha messo un punto fermo sul radicamento della ‘ndrangheta in questa provincia e non solo – ribadisce Gratteri – pero’ sicuramente gli addetti ai lavori nel circondario di Reggio Emilia e nel distretto dell’Emilia Romagna, sanno bene che il processo Aemilia e’ solo un episodio”.

Commentando poi le nuove misure di sicurezza disposte sia per il palazzo di giustizia di Reggio, sia per i tre giudici della Corte (Francesco Maria Caruso, Cristina Beretti e Andrea Rat, tutti posti sotto scorta) che hanno comminato in totale oltre 1.200 anni di carcere, Gratteri non si sbilancia perche’ “queste sono valutazioni che fa il comitato per l’ordine della sicurezza”. Piu’ netto invece il giudizio sul gesto eclatante di Francesco Amato, imputato condannato a 19 anni di carcere che il 5 novembre – dopo una breve latitanza – ha sequestrato gli impiegati di un ufficio postale per 8 ore, contestando la sentenza a suo dire ingiusta.

Il procuratore di Catanzaro bolla infatti l’episodio di Amato come “un’anomalia nel sistema. La ‘ndrangheta non fa queste cose”. A chi domanda un giudizio sul fatto che nel processo siano stati coinvolti in modo solo marginale esponenti del mondo politico (l’unico e’ l’esponente di Forza Italia Giuseppe Pagliani, condannato in primo e secondo grado e assolto in Cassazione), Gratteri risponde: “La Procura puo’ operare solo su quello che e’ sul tavolo. Noi sappiamo tante cose, ma per tradurle in processi e sentenze ci vogliono delle prove”. Fondamentale poi fare rete tra le Procure: “Se in un mio processo emerge un’intercettazione che riguarda un altro territorio, chiamo il magistrato e in 48 ore gliela faccio avere. Se viceversa dall’altra parte non succede, questo deve succedere”. Secondo Gratteri, infine, “sensibilizzare l’opinione pubblica e’ fondamentale, ma la gente collabora, non e’ omertosa. Nella mia esperienza a Catanzaro vedo che quando la gente capisce che si puo’ fidare, che siamo costanti e ogni giorno sul pezzo, nel cuore della ‘ndrangheta ci sono decine e decine di persone che chiedono ogni giorno di parlare con me”.

“Gli anticorpi economici sono stati i primi a cadere”
In Emilia-Romagna a cedere per primi consentendo alla ‘ndrangheta di infiltrarsi sono stati “gli anticorpi economici”. Nicaso rimarca che le sue prime denunce – risalenti a circa 10 anni fa – erano state accolte con “scetticismo, quasi negazionismo”, ma “noi avevamo sottolineato un aspetto importante, avevamo visto che a cedere per primi erano stati gli anticorpi economici”. La “‘ndrangheta spesso, quando lascia i territori di origine, diventa e si trasforma in una specie di agenzia per servizi. Avendo soldi e avendo accumulato soldi con attivita’ illecite ha il solo obiettivo di riciclare il denaro e giustificare la ricchezza”.

Dunque, aggiunge Nicaso, “si poteva certamente permettere, direttamente o indirettamente, ma spesso tramite prestanome, di offrire servizi con ribassi anche considerevoli e quindi molti imprenditori hanno ceduto alla logica della massimizzazione dei profitti e della riduzione dei costi”. E ancora: “La ‘ndrangheta si nutre di miti e li utilizza per far credere a tutti di essere un’organizzazione nata per difendere i deboli contro i forti e i poveri contro i ricchi, ma ha avuto sempre questa vocazione economica”.

Poi, una volta che si insedia la ‘ndrnagheta, “segue un’equazione che abbiamo riscontrato un po’ dappertutto: ci sono prima gli investimenti, poi gli insediamenti e poi si cerca di entrare in contatto con la societa’ civile attraverso quella zona grigia di consulenti finanziari particolarmente consapevoli della minaccia e dell’accordo con ‘ndranghetisti e loro rappresentanti”. In Aemilia non a caso “e’ stata condannata una consulente finanziaria, (Roberta Tattini, ndr) che al telefono si vantava col padre di avere a che fare con il numero uno della ‘ndrangheta (Nicolino Grande Aracri, ndr)”.

Per Nicaso, quindi, “bisogna sfatare i miti e capire che le mafie sono soggetti economici capaci di clonare le loro attivita’. Questo – dice lo studioso agli studenti reggiani che lo ascoltano – ci impone uno degli elementi fondamentali che e’ quello che della conoscenza. Dobbiamo conoscere per capire e capire per scegliere da che parte stare”. Concorda il presidente della Provincia Giorgio Zanni: “Vanno sfatati i miti di una mafia buona, che tale non e’, mentre strangola le nostre comunita’ e la nostra economia sana” (Fonte Dire).