Editoriale

Mafia, sentenza storica che svela un’Emilia collusa e disperata

1 novembre 2018 | 08:54
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Mafia, sentenza storica che svela un’Emilia collusa e disperata

La ‘ndrangheta è ancora fra noi. Nuovi affiliati stanno nascendo in questa provincia e nuovi affari, frodi fiscali e truffe allo stato, sicuramente, si stanno compiendo in questa regione. Non se ne uscirà mai senza uno scatto di dignità

REGGIO EMILIA – La ‘ndrangheta era ben radicata e lo era da tempo in Emilia. Lo sapevamo già, ma ora c’è anche la certificazione della magistratura dopo le 125 condanne del processo di primo grado Aemilia. Il processo è storico perché, lungo un dibattimento durato oltre due anni, ha mostrato come la criminalità organizzata ha capillarmente organizzato la sua presenza nella nostra Regione e come è riuscita anche ad evolversi nel corso degli anni.

Non si può leggere la sentenza di ieri guardando solo a quelle 125 condanne, ma bisogna utilizzare uno sguardo più ampio ed inserirvi anche il processo abbreviato che si è tenuto a Bologna e che, recentemente, è approdato in Cassazione con 40 condanne definitive e bisognerà osservare con attenzione gli sviluppi di altre inchieste correlate (e altre ne nasceranno) come Octopus, con 72 indagati.

Lo sguardo di insieme su tutti questi procedimenti giudiziari ci dice che la ‘ndrangheta, in questi anni, si è evoluta adattandosi ai tempi e sopravvivendo egregiamente alla crisi, anzi traendone profitto. Si passa da una criminalità organizzata che sfrutta la colpevole indifferenza della politica (o forse anche peggio, ma questo non è mai stato dimostrato,ndr) riciclando denaro sporco nel sistema dell’edilizia a una ‘ndrangheta che, dopo la crisi del settore, trova nuove opportunità di prosperare nel mondo dell’imprenditoria.

Ecco perché in Aemilia, e ancor più nei processi correlati, troviamo come imputati commercialisti, avvocati, imprenditori, ex presidenti e vicepresidenti di associazioni di categoria, giornalisti ed esponenti delle forze dell’ordine. I reati sono, per la maggior parte, di natura finanziaria. Usura. La tua azienda è in crisi? Non c’è problema, ti presto i soldi io. Recupero crediti. I tuoi creditori non ti pagano? Vado a convincerli io. Evasione e frode fiscale. Paghi troppe tasse? Ci penso io con le mie società cartiere.

Qui la ‘ndrangheta affonda il coltello nel corpo molle di un’Emilia molto meno virtuosa di come ci viene rappresentata. Collusa e disperata, si potrebbe dire. Si approfitta del basso tasso di etica e legalità presente fra i nostri concittadini e offre servizi illegali ad una pletora di personaggi disinvolti che accettano di buon grado l’opportunità di fare soldi e fornire consulenze apparentemente senza rischi. Chi viene ad offrirti i servizi, d’altronde, non è certo il mafioso con la coppola e la lupara, ma, magari, il tuo amico rispettabilissimo che, a sua volta, è stato contattato da personaggi altrettanto rispettabili.

E’ faticoso ammetterlo, ma il processo Aemilia non ci consente di scaricare le nostre responsabilità su altri. Ci costringe a guardare dentro noi stessi e ad ammettere che quei criminali venivano alle nostre feste, facevano affari con noi, avevano accesso ai salotti che contavano ed erano ben introdotti nella società reggiana ed emiliana. E noi non volevamo vedere. Nel frattempo, chi fra di noi aveva meno scrupoli, si avvaleva dei loro servizi. E ora i loro volti lividi, mentre in questi mesi vengono lette le sentenze che li condannano ad anni di carcere, sono lì a ricordarcelo.

Non illudetevi comunque. La ‘ndrangheta è ancora fra noi. Non se ne sono andati. Nuovi affiliati stanno nascendo in questa provincia e nuovi affari, frodi fiscali e truffe allo stato, sicuramente, si stanno compiendo in questa regione. Non se ne uscirà mai senza uno scatto di dignità che ci porti a dire di no a tutti quei signori distinti che bussano alla nostra porta e ci offrono i loro servizi. Perché, purtroppo, è dura ammetterlo, ma in tutti questi anni anche noi, più o meno consapevolmente, siamo stati collusi con questa mafia strisciante.