Elezioni, il sindaco: “Un patto civico per rilanciare Reggio”

6 novembre 2018 | 13:28
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Elezioni, il sindaco: “Un patto civico per rilanciare Reggio”

Sui Cinque Stelle: “Abbiamo con loro dei terreni su cui c’è una vicinanza, ma ci hanno sempre votato contro”. E ancora: “Park Vittoria, leggenda metropolitana che dobbiamo acquistare i box invenduti”. Infine un avvertimento: “I nostri avversari hanno un atteggiamento troppo spavaldo, consiglierei umiltà”

REGGIO EMILIA – “Un patto civico per rilanciare Reggio con una caratterizzazione post ideologica e anche un po’ trasversale per entrare in rapporto con mondi che, magari, non sono stati vicini alla amministrazione in questi anni. Il Pd deve diventare un protagonista della costruzione di questo progetto, ma sarebbe un errore se ne volesse essere il dominus”. E poi dice dei Cinque Stelle: “Abbiamo con loro dei terreni su cui c’è una vicinanza, ma ci hanno sempre votato contro”. Infine un avvertimento: “I nostri avversari hanno un atteggiamento troppo spavaldo, consiglierei umiltà”. E’ un Luca Vecchi sereno, ma combattivo quello che abbiamo incontrato per fare il punto della situazione dei quattro anni e mezzo che ha alle spalle e della difficile tornata elettorale che lo attende in primavera.

Facciamo un bilancio di questi quattro anni e mezzo di legislatura. Come sono andati?
Dobbiamo fare una riflessione sul periodo storico che la città ha affrontato negli ultimi dieci anni. Abbiamo subito un grosso terremoto economico. Reggio esce con una straordinaria capacità di reazione e di difesa e di rilancio del sistema industriale, ma anche con profondi cambiamenti nel rapporto fra economia e società. Gli anni che abbiamo alle spalle sono stati molto impegnativi e la città ha dimostrato una straordinaria capacità di resilienza. Ti pieghi, ti fletti, ma non ti spezzi. C’è un’economia che prova a ripartire e il sistema sanitario che sta scommettendo sul futuro. Abbiamo chiuso la partita del Core e ora c’è il Mire. L’università è cresciuta di tremila studenti e abbiamo messo in piedi una grande operazione come quella del seminario (diventerà studentato e ospiterà aule universitarie, ndr). Abbiamo riorganizzato il sistema culturale. E’ una comunità che ha sofferto, ma che si è rimessa in cammino e non si è fermata.

Cosa propone per il futuro di Reggio? Se diventerà sindaco di nuovo cosa farà nei prossimi cinque anni?
Bisogna aprire una nuova fase in cui deve essere data ua forte attenzione sulla qualità della vita dei cittadini reggiani. Dobbiamo rimettere sempre più al centro la persona. Ambiente, agricoltura, alimentazione, saranno il filo conduttore di un progetto sullo stile di vita e di una città media che si confronta con le altre città europee sulla qualità della vita.

Quali sono le cose che ha il rimpianto di non essere riuscito a fare e quelle che non rifarebbe?
Non ho affrontato la campagna elettorale del 2014 con grandi sparate e grande clamore, ma cercando un dialogo responsabile con la mia città. Se prendiamo le linee di mandato, noi abbiamo fatto molto di più e abbiamo trovato risorse per progetti che io non ho promesso in campagna elettorale. Poi ci sono cose che potevano riuscire meglio. Penso, ad esempio, all’appalto per i parcheggi della stazione Mediopadana. C’è poi il problema della manutenzione. Questa città aveva 30 milioni di oneri di urbanizzazione e oggi ne ha tre. Abbiamo dovuto faticare molto per mantenere la manutenzione a questi livelli con questo calo di risorse.

Quali sono le priorità per Reggio a suo parere?
A livello europeo e mondiale è in corso una crisi dell’investimento sullo sviluppo della persona. Reggio deve rappresentare un luogo e un laboratorio che investe sulla persona. Educazione, conoscenza, cultura e creatività, per un’idea di sviluppo. Dobbiamo investire sul protagonismo civico. Reggio ha uno straordinario civismo ed è per questo che abbiamo resistito alla crisi. Infine la sicurezza, ma intesa non solo come incremento del presidio di polizia in quartieri in cui pure è giusto che ci sia, ma anche come capacità di dare risposta alle continue richieste che arrivano dalle comunità. Vuole dire prendersi cura delle persone quando c’è un ministro che dice, ogni giorno, che “se ne frega”. Noi dobbiamo rispondere con l’ “I care” di don Milani.

Via Turri

Sicurezza, sul quartiere stazione l’impressione è che procediate con interventi sporadici e non particolarmente incisivi. Un parco riqualificato, un locale come Binario 49, iniziativa lodevole, ma un po’ in mezzo al nulla. La sede della polizia municipale in futuro. E’ così?
La zona stazione è un quadrante della città in cui vivono 4mila persone, di cui il 60 per cento sono stranieri. In via Turri e via Paradisi c’è una bassissima presenza di funzioni pubbliche e un altissimo tasso di residenza, frutto di una urbanizzazione di lunga data che non funzionò. Noi non abbiamo risolto tutti i problemi, ma non credo sia mancata una visione di insieme che invece ha tenuto insieme tante micro azioni. Abbiamo fatto un lavoro enorme sul recupero delle morosità che oggi si sono ridotte. Abbiamo aumentato i presidi e i controlli e abbiamo fatto un grande lavoro di riqualficazione della videosorveglianza, incrementando il presidio delle forze di polizia. Si è anche cercato di ricostruire i legami sociali attraverso la riqualificazione del parco della Paulonie e la nascita di Binario 49. Abbiamo fatto nascere una cooperativa di comunità che lavorerà su quel luogo e, infine, trasferiremo lì la sede della municipale. Poi ho sempre detto che la sfida della stazione la si vince gradualmente nel lungo termine e non cercando, ogni giorno, uno spunto polemico.

C’è chi vi rimprovera di non aver investito gli stessi soldi che avete messo nel parco innovazione alle ex Reggiane, al di là della ferrovia. E’ così?
Il bando periferie non consentiva di candidare via Turri, perché un conto è fare atterrare 18 milioni di euro in un’area industriale da recuperare e un altro è recuperare un quartiere che, per quanto riguarda gli standard italiani, non meritava 18 milioni di euro. Se non intervenivamo la zona delle Reggiane diventava Gotham city, con 250mila metri quadrati di area abbandonata a se stessa. Nessuno nega il problema di via Turri e via Paradisi, ma se facciamo la guerra fra poveri e lasciamo in stato di abbandono l’area delle ex Reggiane, inevitabilmente il degrado avrebbe ripercussioni anche sulla zona stazione.

Ex Reggiane

Parliamo dalla sfida delle prossime amministrative. Nel 2014 lei ha vinto sfruttando anche il 40 per cento delle europee ottenuto dal Pd. Oggi il suo partito è al 17 per cento. Cosa pensa che possa accadere?
E’ cambiato il quadro politico nazionale ed europeo. La sfida che abbiamo di fronte è molto complessa. Ma una città che è uscita da dieci anni così impegnativi deve riflettere molto sul rischio di fermare il suo processo di rilancio. Dei miei avversari ho molto rispetto. Dobbiamo lavorare in una prospettiva per e non contro. Sento che la Lega vuole spegnere la Ztl in centro storico e togliere le rotonde alla via Emilia per andare più forte in auto, magari proprio dove ci sono stati degli incidenti mortali. Queste non sono idee che evocano un futuro più innovativo. Sento dire i cinque stelle che noi li copiamo, ma il nostro programma è depositato dal giugno 2014. Poi vedo che le varianti sul suolo agricolo, la lotta al gioco d’azzardo e i rifiuti sono parte integrante del programma del M5s. Abbiamo con loro dei terreni su cui c’è una vicinanza, ma ci hanno sempre votato contro. Voglio dire loro: ‘Se davvero avete idee simili alle nostre, confrontiamoci’. Purtroppo in questi anni non è accaduto. Noi abbiamo un certo tipo di programma e non ci sono distanze enormi fra di noi. Su molte cose abbiamo realizzato istanze che sono parte del loro progetto politico da sempre.

Il rischio ballottaggio è concreto, come si sta attrezzando per evitare che avvenga?
Io credo che quello che serve è un grande patto sul futuro della città che non si deve esaurire nei partiti e deve aprirsi ai corpi intermedi, che sono stati un pezzo importante della tenuta di questi anni, dando spazio e protagonismo alle istanze civiche. Il tema non è quello di fare una somma aritmetica di liste e di piccoli satelliti intorno al Pd. Sarebbe un errore. Dobbiamo dare alla città la concretezza di un progetto di città fondato sulle cose da fare. Nei prossimi mesi lo costruiremo con i cittadini attraverso laboratori tematici e nei quartieri. Questo deve essere il progetto e il cemento che tiene insieme un patto e una grande alleanza sulla città che deve avere una caratterizzazione molto civica, post ideologica e anche un po’ trasversale per entrare anche in rapporto con mondi che, magari, non sono stati vicini alla amministrazione in questi anni. Il Pd deve diventare un protagonista della costruzione di questo progetto, ma sarebbe un errore se ne volesse essere il dominus. Vedo inoltre nei nostri avversari un atteggiamento un po’ spavaldo. Io consiglierei più umiltà. Questa è la città del Tricolore. Reggio ha sempre avuto una grande coscienza e consapevolezza di se stessa e non si piegherà mai al “me ne frego” costante di qualche ministro della Repubblica.

Il suo partito sembra alle corde, incapace di reagire di fronte alla crescita, in particolar modo, della Lega Nord. Cosa bisognerebbe fare in concreto per uscire dall’angolo, al di là delle critiche ai provvedimenti dell’attuale governo? Grasso recentemente ha detto: “Se la sinistra non si reinventa, sparisce”. Condivide?
Quella del 4 di marzo è una sconfitta da cui non si poteva pensare di rimettersi in cammino in tempi rapidisissimi. Serve un ripensamento radicale della identità di sinistra. Bisogna ripartire dai giovani e dall’ambiente e dai diritti delle persone, ma anche dai doveri. Questo continua ad essere il paese dei condoni. Non può esserci solo la rivendicazione sistematica di diritti. Bisogna ripensare la propria agenda e ripartire dalla parte dei più deboli, dato che sono più quelli che ci hanno rimesso di quelli che ci hanno guadagnato in questi anni. La ragione storica della sinistra è di prenderli per mano e accompagnarli in un percorso di emancipazione e crescita. E’ un percorso che non riguarda solo il riformismo italiano, ma anche quello europeo.

Come giudica la situazione nazionale. La preoccupa?
Mi preoccupa la situazione nazionale, perché noi abbiamo avuto un’economia che si è fermata e la disoccupazione che è ricominciata a crescere con una legge di stabilità che propone condoni edilizi e fiscali, con tagli alla cultura e alla sanità. Manca una prospettiva di sviluppo e di rilancio del Paese e sono preoccupato di questo clima che condiziona il linguaggio e il lessico quotidiano delle relazioni delle persone, con un tasso di odio e violenza verbale altissimo. Il Paese, oggi, è profondamente lacerato e il governo farebbe bene ad interrogarsi su questo.

Piazza Roversi

Piazza Roversi e Gioberti. Un mare di polemiche. Come procedono i lavori adesso e quando saranno pronte?
Abbiamo ascoltato una serie di sollecitazioni e mi è sembrato giusto raccoglierle. Io credo che lavorare per pacificare e unire è meglio che lavorare per dividere. I cantieri si chiuderanno entro la primavera. Queste due piazze, però, non sono state finanziate con risorse dell’amministrazione. Lo abbiamo fatto, perché abbiamo intercettato i 14 milioni statali per valorizzare un intero sistema che arriva fino alla reggia di Rivalta. L’operazione non è stata fatta per un capriccio dell’amministrazione, ma perché oggi, quelle due piazze, sono solo uno svincolo stradale dove transitano mille auto all’ora e noi vogliamo allargare la parte ciclopedonale e rendere più bello lo spazio pubblico e fare distese.

Park Vittoria. E’ vero che ci sono ancora molti box invenduti e che, come dicono i Cinque stelle, il Comune dovrà farsene carico se resteranno in questo stato?
Comprare i box invenduti non è previsto da nessun atto amministrativo, ma non so dire quali sono quelli venduti e invenduti. Quel progetto è stato realizzato in project financing e c’è un rischio di impresa a carico di un attuatore privato. L’opera è stata consegnata e dopo io non mi sono preoccupato se sono stati venduti in tutto o in parte. Quello che il Comune li deve acquistare se non vengono venduti, è una leggenda metropolitana. Negli atti amministrativi non è previsto questo.

Si è recentemente concluso il primo grado del processo Aemilia. L’impressione, tuttavia, è che la ‘ndrangheta non sia per niente scomparsa e che si stia riorganizzando. Anche perché ha dimostrato di essere molto pervasiva a livello sociale, dato che fra gli imputati e indagati dei vari processi ci sono commercialisti, avvocati, giornalisti, presidenti ed ex presidenti di assocazioni di categoria. Come si può sconfiggere una mafia così? L’appello si terrà a Reggio o fuori?
La sentenza è importante e di portata storica. E’ stato fatto un lavoro enorme e molto equilbrato e lineare. Credo che sia stato importante fare il processo a Reggio, seppure con grande fatica. Sarebbe un errore se, con questa sentenza, si considerasse chiusa la partita. Dobbiamo ora fare un grande investimento sulle giovani generazioni e continuare un lavoro molto diffuso che è stato fatto sulle scuole. Poi la vicenda Aemilia ci consegna una riflessione su come, in alcuni settori dell’economia, si erano consolidate evidentemente da tempo delle modalità di gestione delle relazioni economiche che si concretizzavano nel pieno di un contesto illegale. Usura, false fatturazioni, riciclaggio, scatole cinesi. Una situazione in cui il mercato è stato inquinato e deformato dalla imposizione di una modalità economica illegale e questo interroga tutti. La pubblica amministrazione deve continuare a mantenere le antenne diritte, ma anche il mondo economico, le istituzioni e chi fa informazione. Saranno poi la legge e le autorità competenti che dovranno decidere se l’appello si farà a Reggio. In questo caso la struttura attuale (la tensostruttura dentro al tribunale, ndr) resterà. Se la sede non sarà Reggio, bisognerà capire cosa fare dell’aula che dovrà esssere destinata a funzioni pubbliche.