Interventi

“Così la Cgil sprofonda nel pantano della burocrazia”

2 novembre 2018 | 17:47
Share0
“Così la Cgil sprofonda nel pantano della burocrazia”

La mozione “Riconquistiamo tutto”: “La base del sindacato deve esigere dall’apparato un dibattito aperto, franco e democratico”

REGGIO EMILIAGli scorsi 23 e 24 ottobre il congresso della Cgil di Reggio Emilia si è concluso con un risultato per molti inaspettato. L’assemblea generale convocata per eleggere il nuovo segretario ha bocciato la proposta di rieleggere Guido Mora alla guida della Camera del Lavoro. Un fatto senza precedenti, difficile da prevedere ma non inspiegabile. C’è molta confusione ora, tra gli iscritti e i simpatizzanti del sindacato. Noi però, come area sindacale che fa riferimento al documento congressuale “Riconquistiamo tutto”, vogliamo provare a spiegare quello che è successo e la nostra posizione.

Perché sì, lo diciamo apertamente, noi abbiamo votato contro Guido Mora, coerentemente con quello che abbiamo fatto e detto, prima e durante il congresso. Noi abbiamo sempre detto che serve un cambiamento nel sindacato, radicale, di gruppo dirigente e di linea politica. Lo abbiamo detto negli organismi dirigenti e davanti ai lavoratori, nelle assemblee. E su queste parole abbiamo chiesto il loro voto. Non potevamo quindi sostenere alcuna proposta di continuità con il passato.

I problemi stanno, dunque, tutti dall’altra parte, nella maggioranza che ha governato la Camera del Lavoro in questi anni. Una maggioranza da sempre divisa, non è un segreto, che governava tramite un “patto unitario”, che permetteva a ognuno, nascondendo le contraddizioni sotto il tappeto, di fare più o meno quello che voleva. Un patto unitario già entrato in crisi una prima volta nel 2015, a causa dei metodi rudi e burocratici con cui Mora cercava di risolvere la crisi già conclamata del sindacato, poi ristabilito dopo meno di un anno e arrivato fino al congresso senza particolari scossoni. Infatti, la frattura che negli ultimi anni ha avuto l’aspetto di una divisione tra “landiniani” e “camussiani”, con l’avvicinarsi dei due riferimenti a livello nazionale sembrava essersi ricomposta. Ma non era una ricomposizione reale, sotto la superficie continuavano a farsi la guerra.

E, grazie a un documento “unitario”, la farsa è andata avanti anche al congresso. “Il congresso più unitario della storia della Cgil” dicevano senza distinzioni i presentatori del primo documento nei luoghi di lavoro, mentre attaccavano i compagni del documento “Riconquistiamo tutto” dicendo che volevano dividere il sindacato. Quello che dovrebbe essere un momento di discussione e confronto, in cui fare un bilancio e proporre chiaramente quale idea di sindacato si ha e si vuole, è stato trasformato da questa maggioranza in una mera routine burocratica, una conta e una lotta di potere.

E il punto sta proprio qua, è difficile capire quello che è successo, per chi è fuori dalle dinamiche del palazzo, perché il conflitto è stato ridotto a uno scontro tra fazioni, nel quale vecchie e nuove ruggini personali hanno preso totalmente il posto di un confronto sulle idee. Invece di confrontarsi e chiedere un voto ai lavoratori sulle diverse posizioni, si è preferito inscenare il teatrino dell’unità mentre nel segreto degli uffici si faceva la conta dei delegati fedelissimi a questa o quella corrente. Solo che adesso il conflitto è emerso in superficie ma, mancando le premesse politiche, lo ha fatto nel modo più torbido e confuso. La responsabilità di questo è di tutto il gruppo dirigente, di tutte le correnti che lo compongono, senza esclusi.

Lo abbiamo detto in tutte le assemblee, costringendo l’apparato a fare, almeno con noi, una vera discussione politica: questo modo di fare non è serio, è una mancanza di rispetto per gli iscritti, che li relega a spettatori ignari. Quando abbiamo deciso di presentare un documento alternativo al congresso lo abbiamo fatto proprio perché pensavamo, e pensiamo, che le cose vadano dette chiaramente, e che la discussione su cosa deve fare il sindacato, il bilancio dei suoi errori e il rilancio della sua azione, vada fatta davanti e insieme ai lavoratori, che devono esserne protagonisti, perché il cambiamento nel sindacato può avvenire solo in questo modo.

Prodotto ormai il caos, trascinata la Camera del Lavoro in una palude burocratica, noi chiediamo ai compagni della Fiom e a tutti quelli che hanno sostenuto Mora in questi anni: com’è possibile che Mora fosse eletto per la prima volta nel 2012 con più del 70% dei voti e oggi, dopo sei anni, si ritrovi ad averne meno del 50%? Qualcosa dev’essere andato storto. Evidentemente, tenere nascoste le differenze senza esplicitarle è una strategia che non funziona, che non riesce a coinvolgere i lavoratori, se non i fedelissimi dell’apparato, e invece di costruire consenso, finisce per perderlo.

Perché ci può essere e c’è sicuramente un riflesso delle dinamiche che sono in corso a livello nazionale, della frattura che si è creata tra la nuova alleanza Landini-Camusso da una parte e Colla dall’altra, ma questo non basta a spiegare quanto successo e lo giustifica solo in parte. Certo Landini esce danneggiato da questa vicenda, sia perché quella di Reggio è la Camera del Lavoro da cui proviene sia perché quella è una delle due Camere del Lavoro (l’altra è Brescia) che è stata di fatto governata da una maggioranza Fiom in questi anni (seppur con i limiti che si diceva sopra).

Ora però che il sindacato di Reggio è stato trascinato in questo pantano burocratico, ora che le differenze sono emerse nel modo più torbido possibile e non possono più essere nascoste, crediamo sia necessario un atto di chiarezza. La base del sindacato deve esigere dall’apparato un dibattito aperto, franco e democratico. Un confronto che espliciti chiaramente le differenti posizioni sulla linea politica e organizzativa del sindacato e sul come si possa risolvere la sua crisi di credibilità. Un dibattito finalmente aperto a tutti gli iscritti e non più rinchiuso all’interno dei corridoi, delle segrete stanze.

Come area di opposizione siamo assolutamente interessati a questo tipo di dibattito e lo affronteremo a viso aperto, come abbiamo fatto durante il recente percorso congressuale. Da parte nostra, saremo sempre disponibili a collaborare con chi vorrà operare una svolta che ponga il protagonismo dei lavoratori e la centralità del conflitto di classe, come fondamenta di una rinascita della Cgil. La continuazione, invece, di uno scontro meramente burocratico non ci è mai interessato e continuerà a non interessarci.