Rolo, Giovanni Habib: il principe dei bomber di periferia

25 ottobre 2018 | 07:12
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Rolo, Giovanni Habib: il principe dei bomber di periferia
Rolo, Giovanni Habib: il principe dei bomber di periferia
Rolo, Giovanni Habib: il principe dei bomber di periferia
Rolo, Giovanni Habib: il principe dei bomber di periferia

Intervista al centravanti classe 1988 ex Castellarano, Rubiera e Sanmichelse. L’attaccante è uno dei fedelissimi di mister Ferraboschi. “Troppa tattica, il calcio è bello quando ci metti il cuore. I giovani? Poca voglia di emergere”

ROLO (Reggio Emilia) – Usato garantito, vecchi diesel che non tradiscono mai. Giovanni Habib è una firma autorevole nel mondo dei centravanti di periferia, uno che non molla mai, che non conta i gol ma che scende in campo per la squadra, desideroso di fare a sportellate col difensore di turno. Non sarà l’attaccante da trenta gol l’anno, ma ogni allenatore sogna uno come Habib in squadra. Esperto ma umile come pochi, il primo a metterci la faccia quando le cose vanno male, l’ultimo a salire sul carro del vincitore quando arrivano le coppe e i gol. Troppo facile intervistare Napoli, questa articolo dedicato al Rolo parla di Giovanni Habib, il puma del calcio dilettante reggiano.

Caro Habib, troppo facile intervistare Napoli. Oggi tocca a te. Una garanzia per Ferraboschi
In queste ultime gare stiamo dimostrando di valere moltissimo. Non tocca a noi vincere, la squadra da battere è la Correggese, ma per i primi posti ci siamo anche noi. Chiaro che Napoli, Ouaden…Sono loro gli attaccanti col talento, io ci metto tanta cattiveria agonistica, tanta voglia di giocare.

Mister Ferraboschi parla benissimo di te e del tuo atteggiamento
Ringrazio il mister, è una brava persona, mi stima moltissimo ed io sono felicissimo di poterlo definire mio amico. Ogni anno, quando cambia squadra, mi telefona per darmi l’indirizzo del campo e gli orari, io non chiedo altro perché con lui mi sono sempre trovato benissimo. Mi fido e cerco sempre, nel mio piccolo, di supportarlo nei suoi piani tecnici.

Come si fa a diventare giocatori di Ferraboschi?
Serve tanta determinazione e tanta voglia di fare. Pietro è davvero unico: una volta ho segnato due gol, poi uscendo dal campo sono corsi tutti a complimentarsi, tranne il mister. Lui sapeva che non avevo dato tutto e che, gol a parte, avevo giocato una partita al di sotto delle mie potenzialità. Mi ha trasmesso questo importante concetto: se hai dato tutto ma non segni non hai nulla da rimproverarti, se segni ma senza dare tutto hai di che lamentarti con te stesso.

Tanti anni nel calcio locale, in piazze importanti come Castellarano, Rubiera. Quale stagione annoveri tra le tue migliori annate?
Sicuramente il secondo posto con la Sanmichelese, una stagione straordinaria. Giocavamo bene, mi sentivo al top della forma. Vinse il Lentigione, con una squadra che fece benissimo anche in Serie D. Non potevamo chiedere di più, ma a fine anno tutti noi eravamo molto soddisfatti, nonostante la mancata vittoria del campionato. Avevamo dato tutto, tanto da sfiorare l’impresa.

Non segni 30 gol a stagione, ma ogni anno ricevi almeno 7-8 offerte. Come fai a scegliere la destinazione giusta?
L’ambiente e l’allenatore sono determinanti. A Rolo ho trovato una società unica per stile e per passione. Veniamo trattati come professionisti, società e tifosi seguono la squadra con grandissimo interesse e tutti vivono il calcio nella maniera giusta. Sono stato a Rolo tante volte, sempre da avversario. Negli anni ho maturato molto rispetto per questa piazza.

Come ti trovi con la dirigenza locale?
Benissimo: Giancarlo Bruini è una persona unica, conosce il calcio molto bene, forse è uno dei massimi esperti in zona. Vivono il club con molta serenità, non vogliono vincere la Champions, ma hanno le idee chiare e al tempo stesso sono intenzionati a fare sempre il massimo. Leggendo la rosa ti accorgi subito che non è una squadra qualsiasi, vogliono stare in alto. Mi trovo molto bene anche col presidente Poppi, ama questi colori e vive ogni match in prima persona.

Girone difficile, come ti sembra?
Non ci sono squadre materasso, tutti giocano con molti tatticismi e questo mi rattrista. Il calcio di periferia era molto più bello quando in campo vedevi molto cuore, molti contrasti al limite. Ora sono tutti troppo attenti alla tattica, alle indicazioni del mister. Troppi numeri, troppa paura della classifica, a me piace scendere in campo e giocare a testa altissima.

Sono cambiati anche i giovani che popolano i nostri campionati
La settimana scorsa ho letto l’intervista al nostro Ziliani, ragazzo che mette cuore e grinta in tutte le partite. Secondo me, dal mio punto di vista, oggi i giovani sono troppo spenti, non danno sempre il massimo. La regola del giovane in squadra non è stata d’aiuto: si sentono tutelati, giocano perché hanno la carta d’identità utile alla causa, ma così non siamo d’aiuto al movimento. Meno tattica, più cuore, più voglia di fare gruppo, di vincere e poi amen: se vinci va bene altrimenti va bene ugualmente. L’importante è dare tutto per quello che è uno dei giochi più belli al mondo. Ziliani è l’esempio per i giovani di oggi.

Forse prendiamo tutto troppo seriamente
Assolutamente sì. Facciamo l’Eccellenza, la Promozione, la Prima. Non siamo professionisti. Non portiamo a casa milioni e non trasciniamo migliaia di persone allo stadio. Viviamola più serenamente. L’importante è divertirsi, conoscere gente nuova, stringere amicizie. Vincere divertendosi, altrimenti non vale.