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“Magari morisse”, frase choc di un indagato del caso Cucchi

24 ottobre 2018 | 18:06
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“Magari morisse”, frase choc di un indagato del caso Cucchi

“L’inquinamento probatorio ha indirizzato in modo scientifico le prove verso persone che non avevano alcuna responsabilità”, afferma Musarò in apertura dell’udienza a carico dei 5 carabinieri indagati

REGGIO EMILIA – “Magari morisse, li mortacci sua”. Così un carabiniere, che stando agli atti depositati sarebbe Vincenzo Nicolardi (imputato per calunnia nel processo davanti alla prima corte d’Assise), parlando di Stefano Cucchi con il capoturno della centrale operativa del comando provinciale in una delle intercettazioni avvenute tra le 3 e le 7 del mattino del 16 ottobre del 2009, ovvero il mattino dopo l’arresto.

La vicenda di Stefano Cucchi è ‘costellata di falsi. C’è stata un’attività di inquinamento probatorio che ha indirizzato in modo scientifico prove verso persone che non avevano alcuna responsabilità’, ha affermato il pm Musarò all’udienza del processo per la morte del giovane romano. In aula era presente anche il Guardasigilli Bonafede che ha incontrato la sorella di Stefano, Ilaria: ‘Le ho detto che stiamo lavorando affinché casi come il suo abbiano giustizia in tempi brevi’. Almeno sei gli indagati nel nuovo filone di indagini. C’è anche il tenente colonnello Francesco Cavallo, all’epoca capo ufficio comando del Gruppo carabinieri Roma, che avrebbe suggerito al comandante della stazione Tor Sapienza di modificare l’annotazione di servizio sullo stato di salute di Cucchi.

Il ministro ha spiegato, inoltre, che la sua presenza a piazzale Clodio rientra in un “ciclo di visite a sorpresa nei luoghi della giustizia”. “Settimana scorsa sono stato nel carcere di Secondigliano a Napoli e oggi nel tribunale di Roma – ha aggiunto il ministro – dove c’è il carico pendente più grande d’Europa. Sono stato al civile e ora al penale dove ci sono udienze più delicate e quindi mi sono limitato ad affacciarmi”. In relazione alla vicenda Cucchi, Bonafede ha aggiunto: “Io sono il ministro e quindi non voglio e non posso dire nulla su questo caso per rispetto della magistratura. Sto lavorando però per fare in modo che chi si rivolge allo Stato per ottenere giustizia la ottenga in tempi rapidi”.

In apertura di udienza del processo, il pm Giovanni Musarò, ha detto che “questa storia è costellata di falsi, da dopo il pestaggio e proseguita in maniera ossessiva anche dopo la morte di Cucchi. C’è stata un’attività di inquinamento probatorio che ha indirizzato in modo scientifico prove verso persone che non avevano alcuna responsabilità e che sono state sottoposte a giudizio”.

“Quello che ha detto il carabiniere Fancesco Di Sano nell’udienza del 17 aprile è vero – ha detto il pm Musarò -: la modifica dell’annotazione di servizio sullo stato di salute di Cucchi non fu frutto di una decisione estemporanea e autonoma di un militare ma fu l’esecuzione di un ordine veicolato dal comando di stazione, che a sua volta recepì un ordine dal comandante di Compagnia, che a sua volta aveva recepito un comando dal gruppo”.