Il processo alla 'ndrangheta |
Cronaca
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Aemilia, condannato a due anni l’ex campione del mondo Iaquinta

31 ottobre 2018 | 13:49
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Aemilia, condannato a due anni l’ex campione del mondo Iaquinta

Lo sfogo del calciatore: “Ho vinto un mondiale sono orgoglioso di essere calabrese, ma non abbiamo fatto niente. Noi con la ‘ndrangheta non c’entriamo niente”

REGGIO EMILIA – Una condanna a due anni per l’ex attaccante della Juventus e della nazionale, Vincenzo Iaquinta, nel processo Aemilia contro la ‘ndrangheta. Per lui la Dda aveva chiesto sei anni, per detenzione abusiva di armi. Vincenzo Iaquinta aveva ottenuto il porto d’armi nel 2005 e aveva comprato due pistole e rinnovato la licenza per sette anni fino al 2012. Nel frattempo, dal 2002, a suo padre – Giuseppe – era stato fatto divieto dalla Prefettura di detenere armi nella propria abitazione. Cosi’, quando le pistole intestate a Vincenzo erano state spostate a casa del padre, Iaquinta junior non lo aveva denunciato ed era finito tra gli imputati. Il padre, Giuseppe, accusato di associazione mafiosa, è stato condannato invece a 19 anni. Entrambi sono usciti dall’aula urlando “vergogna, ridicoli”.

L’ex bomber ha urlato e inveito contro la corte quando è stata letta la sentenza nei confronti del padre: “E’ tutto costruito – ha urlato – Noi non sappiamo neanche cosa è la Ndrangheta. Sono 3 anni che soffro ho quattro figli mi avete rovinato”.

E ha aggiunto: “Sto soffrendo come un cane. Per la mia famiglia e i miei bambini. Senza aver fatto niente. Il nome ‘ndrangheta non sappiamo neanche che cosa è. Mi hanno rovinato la vita sul niente. Perché sono calabrese e di cutro? Io ho vinto un mondiale sono orgoglioso di essere calabrese, ma non abbiamo fatto niente. Noi con la ‘ndrangheta non c’entriamo niente. Quattro figli ho”.

Le proteste degli altri imputati
Una scena, quella delle proteste degli imputati condannati, che si e’ ripetuta al momento della lettura della sentenza di Salvatore e Luigi Silipo. E’ stata la moglie di quest’ultimo a dare in escandescenze (“Bravi, bravi, bis, continuate cosi'”) e poi scoppiare in lacrime, mentre Salvatore Silipo si e’ liberato con un “vaffa” ai presenti.

Fra le condanne del rito ordinario spiccano anche quelle -confermate in 19 anni- dei fratelli sinti Alfredo e Francesco Amato, che secondo il pentito Antonio Valerio vorrebbero imporsi al vertice della cosca, indebolita dal processo. Per loro scattera’ anche la liberta’ vigilata per 3 e un anno dopo il carcere.

Alfonso Mendicino, famoso per un video in cui insultava i reggiani, rimedia 7,6 anni, mentre la Procura ne aveva chiesti 11. Da notare infine che nei prossimi giorni dovrebbe infine scattare ora -come chiesto dal pm Beatrice Ronchi in caso di condanna- anche la custodia cautelare in carcere per gli imputati rimasti a piede libero. Non ci sono stati infatti, come qualcuno ipotizzava, arresti “contestuali” delgi imputati presenti in aula.