Minniti: “Il braccio di ferro sulla Diciotti ci ha indebolito”

4 settembre 2018 | 17:04
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Minniti: “Il braccio di ferro sulla Diciotti ci ha indebolito”

L’ex ministro dell’Interno a Festareggio: “Come Pd abbiamo perso le elezioni perché c’è stata una rottura sentimentale con il nostro paese: la rabbia e la paura devono essere ascoltate”

REGGIO EMILIA – “Di fronte a quanto sta accadendo in Libia, non ci si può limitare a dire che l’Europa non ci aiuta. Non possiamo dimenticare l’Africa, perché, se te ne dimentichi, torna a farsi ricordare. Né fare diventare la questione dell’immigrazione un tema divisivo per l’Europa”. Cosi l’ex-ministro dell’interno Marco Minniti ha esordito ieri sera a FestaReggio, in un incontro dedicato a “Mediterraneo di paura e di speranza”.

Introdotto da Maura Manghi della segreteria provinciale del Pd ed intervistato dal direttore de La Stampa Maurizio Molinari, Minniti ha ricordato la propria esperienza ministeriale in rapporto con la Libia. “Ad una conferenza stampa con il mio omologo libico, dissi che occorreva fermare i trafficanti di uomini. E scese il gelo nella sala. Riuscimmo a fare firmare un trattato di pace ai vari capi tribù, tra cui uno centenario, che si ricordava di quanto fatto dal maresciallo Graziani, che ha cercato di reprimere le istanze nazionaliste in Libia. Poi incontrammo i sindaci della zona dei trafficanti di esseri umani: se avessero rotto i rapporti con quegli esseri, avremmo dato loro aiuto per migliorare le loro città. L’Europa ha dato 500 milioni per la Libia: forse troppo pochi per quella realtà. Ora siamo isolati a fronteggiare quanto sta accadendo in quella realtà”.

Per Minniti, “abbiamo un mondo apolare, senza un unico punto di riferimento, senza una guida. Occorre giocare le partite della cooperazione e della competizione. Come Italia, facemmo una cabina di regia con Niger, Mali, Ciad e Libia, e quelli erano paesi francofoni. Italia e Francia lavoravano comunque insieme. Se improvvisamente si fa diventare l’immigrazione l’elemento più divisivo nei confronti della Francia, e lo si fa in maniera anche un po’ infantile, come quella di andare a tifare per la Croazia contro la Francia e poi quest’ultima vince i Mondiali, si cade anche un po’ nel ridicolo. Come tifoso dell’Inter, auspicherei che il ministro dell’Interno tifasse contro la mia squadra…”.

Minniti ha ricordato poi che il trattato di Dublino, firmato dal governo Berlusconi, “è una camicia di Nesso, che tiene legato il nostro paese. A Bruxelles si è deciso di non toccarlo: probabilmente si poteva pensarci un po’ di più, vista la nostra collocazione nel Mediterraneo. Le ricollocazioni dei migranti in Europa ci sono già state anche durante il governo Gentiloni: ma in Ungheria non ne è stato accolto neanche uno. Siamo riusciti ad andare a Bruxelles per ottenere che la ricollocazione in Europa diventasse volontaria. Abbiamo fatto un braccio di ferro sulla Diciotti che alla fine ci ha indebolito. Nel momento in cui i nazional-populisti parlano tra di loro, quello che vale sono i confini. Contare sull’Ungheria per risolvere il problema dell’immigrazione è come affidare le pecore al lupo”.

A parere dell’ex-ministro dell’interno, “l’Italia non è un paese razzista. Ci possono essere dei razzisti, ma quello che colpisce è che questi si siano sentiti sdoganati. Alcuni episodi di violenza sessuale di cui si sono resi protagonisti uomini di colore sono stati accompagnati da un tweet del ministro dell’Interno. Quando un episodio simile ha visto protagonista un italianissimo imprenditore in una civilissima città, non si è sentito nulla da parte sua. Umanità e sicurezza spesso albergano nel cuore di una stessa persona, e forse noi della sinistra l’abbiamo capito troppo tardi. Il primo ministro ungherese ha cancellato la parola accoglienza dalla sua Costituzione: noi non potremo mai accettare questa cosa. Ma allo stesso tempo non possiamo dimenticare che ci vuole integrazione nell’accoglienza. Se c’è un cittadino che si sente insicuro nel proprio quartiere, dobbiamo stargli vicino. Sono i ceti più esposti e più deboli che hanno questi problemi. Come Pd abbiamo perso le elezioni perché c’è stata una rottura sentimentale con il nostro paese: la rabbia e la paura devono essere ascoltate, per consentire di convogliare dentro un progetto ed aiutare a superare le loro paure”.

Per terminare, un accenno alle elezioni europee, che, per Minniti, “saranno le più importanti degli ultimi anni, con i nazional-populisti che vogliono rispolverare i confini. Un singolo paese europeo come può pensare di competere con Usa, Russia o Cina? Se le grandi aggregazioni rimangono solo tre perché l’Europa cessa, è un problema anche per il mondo. Bisogna però fare un fronte europeista perché l’Europa cambi profondamente, per rimettere in campo l’idea degli stati uniti d’Europa, passando da un’Europa burocratica che decida”.