Il processo alla 'ndrangheta |
Cronaca
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Aemilia, pentiti di nuovo nel mirino degli avvocati difensori

5 luglio 2018 | 13:36
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Aemilia, pentiti di nuovo nel mirino degli avvocati difensori

L’avvocato Migale Ranieri: “Valerio? Vuole essere protagonista del processo”

REGGIO EMILIA – “Se volessero dargli un premio come miglior attore non protagonista, non lo accetterebbe perche’ vuole essere il protagonista di questo processo”. La definizione e’ dell’avvocato Giuseppe Migale Ranieri, parlando nell’arringa in difesa di Eugenio Sergio e Antonio Floro Vito del collaboratore di giustizia Antonio Valerio.

Ricalcando un copione gia’ seguito da diversi suoi colleghi che assistono gli imputati del processo Aemilia, anche Migale Ranieri prende dunque di mira le dichiarazioni dei “pentiti”, per sminare in particolare la tesi dell’esistenza di un’associazione mafiosa di stampo ‘ndranghetistico radicata in Emilia. Un punto su cui proprio Valerio – che nelle sue dichiarazioni ha parlato di un’organizzazione orizzontale priva di gerarchie – ha dato un assist ai difensori.

“Dobbiamo credere a Valerio che ci dice di un’associazione dove gli associati si picchiano, rubano, incendiano e si fregano tra loro? Dove nel reato principe, le false fatturazioni, ognuno va per se’? E dove c’e’ pure uno ‘statuto speciale’ (che Valerio si e’ attribuito, ndr)? Io una cosa del genere non l’ho mai vista”, dice Migale Ranieri. Secondo il difensore, inoltre, la tesi dei pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi e’ basata in parte anche sulle sentenze dei processi precedenti Edilpiovra, Pandora e Grande Drago. “Ma non si puo’ provare l’associazione con queste sentenze, la giurisprudenza e’ chiara”.

Sempre a proposito di sentenze, Migale Ranieri cita quella del processo Idra del 2010, “dove non e’ stata provata l’associazione” e quella del processo Pesci dove Antonio Floro Vito -accusato di due estorsioni- e’ stato assolto. Con riferimento a questo assistito, genero del referente per la zona di Mantova Francesco Lamanna e ritenuto il “trait d’union’ con gli esponenti reggiani della cosca che rispondevano a Nicolino Sarcone, l’avvocato spiega: “Non ci sono evidenze investigative: di Sarcone non aveva nemmeno il numero di telefono”. Quanto infine al prestigio di cui Antonio Floro Vito avrebbe goduto in quanto parente di una figura apicale del sodalizio, c’e’ un’intercettazione che lascia pochi dubbi: “L’ho picchiato e gli ho detto che e’ un pezzo di merda”.