Il processo alla 'ndrangheta |
Cronaca
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Aemilia, la difesa di Arena: “Non c’entra con la ‘ndrangheta”

12 luglio 2018 | 16:54
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Aemilia, la difesa di Arena: “Non c’entra con la ‘ndrangheta”

L’avvocato Ferraboschi “Dietro spari a locale rancori personali”

REGGIO EMILIA – E’ accusato di associazione mafiosa per aver esploso – nella notte del 23 settembre del 2011 – quattro colpi di pistola contro la vetrina del Circolo Cartagena di Reggio Emilia (allora gestito da Gaetano Blasco e Antonio Valerio) e successivamente contro l’auto di una dipendente di un’altra sala giochi. Ma dietro i due gesti compiuti da Carmine Arena – residente a Cadelbosco e alla sbarra nel processo Aemilia – non c’erano dinamiche di ‘ndrangheta o intimidazioni per il controllo dei circoli stessi, bensi’ i rancori personali dell’imputato.

Lo sostiene l’avvocato Laura Ferraboschi del foro di Parma, che nell’arringa difensiva svolta oggi in tribunale a Reggio Emilia, spiega: “Fin dall’inizio e’ stato circondato solo da sospetti. Anche la pistola non e’ mai stata ritrovata e il mio cliente e’ stato accusato del secondo episodio perche’ i bossoli erano uguali”. Arena viene poi definito come “un bevitore e un giocatore incallito, che chiedeva soldi a tutti e infastidiva i clienti”. Per questo in un’occasione fu pestato da Blasco e Valerio e si sarebbe poi vendicato sparando contro il loro locale.

Nelle carte del processo, inoltre, si esclude per l’episodio l’aggravante del metodo mafioso, quando si legge: “Il fatto, pur allarmante in se’, e comunque rivelatore di una incontrollata pulsione criminale, sembra nel suo complesso esaurirsi in una ritorsione contro il gestore del locale senza rimandare in alcun modo a concreti collegamenti alla forza intimidatrice del vincolo associativo”.