Aemilia, la Cgil di Reggio e Modena chiede 1,6 milioni

25 maggio 2018 | 15:27
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Aemilia, la Cgil di Reggio e Modena chiede 1,6 milioni

Il sindacato parte civile: “La sentenza ripristini i diritti dei lavoratori”

REGGIO EMILIA – E’ di 772.000 mila euro la richiesta di risarcimento danni depositata ieri dagli avvocati della Camera del lavoro di Reggio Emilia, che si e’ costituita parte civile contro i 149 imputati del processo Aemilia sulle infiltrazioni emiliane della ‘ndrangheta. Si tratta in dettaglio di 472.000 euro di danno patrimoniale per quanto attiene il rito abbreviato e di 300.000 euro come somma del danno non patrimoniale richiesto nei due riti (abbreviato e dibattimento).

A queste cifre si aggiungono i risarcimenti chiesti dalla Camera del lavoro di Modena, in tutto 885.000 euro, suddivisi in 585.000 di danno patrimoniale nel rito abbreviato, 100.000 euro di danno non patrimoniale sempre nell’abbreviato e 200.000 euro di danno non patrimoniale nel rito dibattimentale. Il totale tra le due Camere del lavoro e’ di’ oltre 1,6 milioni.

Non ha invece presentato richiesta di risarcimento la Cgil Emilia-Romagna, pur essendosi costituita parte civile. Per Manuela Gozzi, segretario della Cgil di Modena, “non ci sono pero’ euro che compensano il danno subito perche’, oltre alla piaga insanabile della ricostruzione (dal terremoto, ndr), quanto avvenuto ha creato non solo un problema di adesione al sindacato e di fiducia nei cittadini, ma anche di sviluppo economico del territorio”.

La Cgil, nelle sue tre articolazioni territoriali (regionale, reggiana e modenese) auspica dunque che la sentenza del processo, attesa entro l’estate, “ricomponga il quadro dei diritti costituzionali di chi lavora, sfigurati dall’azione della cosca criminale che ha agito in terra emiliana”. Perche’, come aveva spiegato il segretario generale Cgil Emilia Romagna Luigi Giove testimoniando in aula il 18 aprile dell’anno scorso, “quando non ci sono liberta’ e democrazia nel lavoro, quando i diritti sono compressi, non e’ possibile esercitare la rappresentanza”.

Lo hanno ribadito ieri nell’arringa gli avvocati di parte civile della Cgil Libero Mancuso e Andrea Ronchi che, parlando degli episodi di caporalato emersi nell’istruttoria, degli operai minacciati, fino agli affari della ditta Bianchini nel post sisma, ritengono che “e’ stato certamente impedito l’esplicitarsi dell’azione sindacale, che ha necessariamente bisogno della possibilita’ di partecipazione libera dei lavoratori, di una democrazia vera non solo formale”. Il sindacato, ribadisce pero’ la Cgil, “ha agito per contrastare l’azione della cosca ‘ndranghetista emiliana e, piu’ in generale, quella della criminalita’ organizzata, attraverso il complesso di azioni messe in atto a tutti i livelli, contribuendo a mettere in campo una forte innovazione legislativa, regionale e nazionale, oltre ad una corposa attivita’ di contrattazione e negoziazione sulla legalita’”.

Un’azione riconosciuta fin dall’inizio del processo, nell’ordinanza di ammissione delle parti civili, laddove tra l’altro veniva messo in evidenza come “la legalita’ e la trasparenza delle regole che governano l’attivita’ di impresa siano strettamente connesse al buon funzionamento di tutto il mercato del lavoro”. Mentre al contrario “la compromissione della legalita’ del quadro di riferimento e dell’agire dei suoi operatori frustra all’origine l’effettivita’ di ogni azione di tutela del lavoro”.