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Usa, Gb e Francia attaccano la Siria

14 aprile 2018 | 05:48
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Usa, Gb e Francia attaccano la Siria

Azione mirata nella notte, colpiti i siti delle armi chimiche. May: “Non puntiamo a rovesciare il regime di Assad”. La Nato appoggia l’iniziativa, l’amministrazione Usa assicura che “non è finita”, ma il Congresso si ribella: “Non hanno chiesto il via libera”. Merkel: “Risposta appropriata”. Mogherini: “Ue era stata informata dei raid”. Giallo sul coordinamento dei raid, Mosca avvisata?

REGGIO EMILIA – “Tutti gli alleati della Nato hanno espresso il loro pieno sostegno all’azione” militare congiunta di Usa, Francia e Gran Bretagna, “che aveva l’intenzione di ridurre la capacità delle armi chimiche del regime siriano e come deterrenza rispetto a nuovi attacchi chimici”. Così il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg al termine della riunione con gli ambasciatori.

Sarebbero oltre cento i missili lanciati da Usa, Francia e Gran Bretagna contro tre siti chimici del regime siriano, ma “un numero considerevole” sarebbe stato “intercettato e abbattuto” dai sistemi di difesa di Damasco. E i jet militari russi “stanno pattugliando lo spazio aereo” siriano. “L’attacco è stato eseguito perfettamente. Missione compiuta”, ha commentato il presidente americano Donald Trump esprime soddisfazione su Twitter per i raid in Siria. Sono almeno 65, secondo le stime dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong vicina all’opposizione con base in Gran Bretagna, i missili distrutti dalla contraerea di Damasco. Mosca in precedenza ne aveva contati 71.

“Ogni obiettivo scelto è stato colpito con successo”, affermano i vertici delle forze armate americane durante un briefing al Pentagono per descrivere i risultati dell’intervento. L’attacco di stanotte “ha azzoppato il programma di armi chimiche” di Damasco e indebolito la possibilita’ di futuri attacchi chimici da parte del regime di Assad, affermano i vertici del Pentagono, sottolineando come i bombardamenti porteranno il programma di armi chimiche siriano indietro di anni.

La versione di Mosca sull’attacco parla ancora di numerosi punti oscuri, a partire dalle modalità del coordinamento dell’azione e dal fatto che questa sia stata preventivamente comunicata al Cremlino: una circostanza negata dal capo di Stato maggiore delle forze armate americane, Joseph Dunford, e invece sostenuta dalla ministra della Difesa francese, Florence Parly.

Ma l’ambasciatore americano Jon Huntsman ha riferito che gli Stati Uniti hanno contattato la Russia prima dell’attacco in Siria, per evitare vittime fra i militari russi e la popolazione civile . I raid, ha sottolineato, non rappresentano un conflitto fra superpotenze. L’attacco è stato ordinato dal presidente americano Trump che ha sciolto le riserve a una settimana dall’attacco chimico alla città siriana di Duma ed ha agito in stretto coordinamento con Londra e Parigi. Trump ha annunciato l’azione in un drammatico discorso alla nazione in diretta tv, in cui ha insistito sulla necessità di agire contro i crimini e la barbarie perpetrati dal regime di Bashar al Assad, definito “un mostro” che massacra il proprio popolo. E i primi missili Tomahawk sono partiti proprio mentre il presidente stava ancora parlando, intorno alle 21 ora di Washington, le tre del mattino in Italia.

Si è trattato di un’operazione unica durata poco più di un’ora, nel corso della quale sono stati colpiti tre obiettivi legati alla produzione o stoccaggio di armi chimiche: un centro di ricerca scientifica a Damasco, un sito a ovest della città di Homs e un importante posto di comando situato nei pressi del secondo obiettivo. I missili sono partiti da alcuni bombardieri e da almeno una delle navi militari americane nel Mar Rosso. In azione anche fregate e caccia francesi e britannici. Da parte sua, la premier britannica Theresa May ha chiarito che lo scopo dell’azione “non è un cambio di regime”, ma dissuadere Assad dal fare uso di armi chimiche e ammonire che non ci può essere “impunità” al riguardo.

Anche il presidente francese Macron ha spiegato che “la linea rossa fissata dalla Francia nel maggio 2017 è stata oltrepassata”. La prima reazione di Damasco è stata rivolta a sminuire i risultati dell’operazione: se i raid sono finiti qui, hanno affermato fonti del governo di Assad, i danni sono limitati. Anche Mosca ha di fatto ridimensionato le conseguenze degli attacchi, sostenendo che i missili in arrivo sono stati in gran parte intercettati e distrutti dai sistemi di difesa siriani, tutti “fabbricati in Unione Sovietica oltre 30 anni fa”. Mosca però non ha esitato a condannare le azioni degli Usa e dei loro alleati che “non resteranno senza conseguenze”.

Vladimir Putin ha parlato di “atto di aggressione” e ha annunciato che la Russia chiederà una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Anche Teheran, l’altro grande alleato di Assad, ha fatto sapere che “gli Stati Uniti e i loro alleati sono responsabili per le conseguenze regionali che seguiranno all’attacco”, con la guida suprema Khamenei che ha definito Trump, Macron e May “criminali”. E mentre il segretario generale dell’Onu Guterres invita alla “moderazione e alla responsabilità”, il segretario generale della Nato Stoltenberg ha dato il suo sostegno all’operazione. Un appoggio all’attacco è arrivato anche da Ue, Germania (Merkel: risposta “necessaria e appropriata” agli attacchi chimici), Giappone, Canada e Israele.